Bell_39_Italia_-_Maggio_2016

(Maria Cristina Aguiar) #1

E


legante e schiva, pallida e raffi-
nata. Nel centro di Napoli, volge
le spalle al mare e accoglie gli
ospiti tra giardini segreti in un
abbraccio misurato. Villa Pigna-
telli, sulla Riviera di Chiaia, oggi Museo
Diego Aragona Pignatelli Cortes, è un
“museo dimora”, un luogo intimo che
racconta la vita quotidiana delle famiglie
che vi si sono succedute in due secoli:
gli Acton, i Rothschild e, per ultimi, gli
Aragona Pignatelli Cortes. Ma anche un
museo moderno e pieno di vitalità,
ricco di mostre, concerti, conferenze,
incontri di lettura e persino corsi di yoga.
Un modello di accoglienza creativa.
Da poco completamente riaperta dopo un
prezioso restauro curato da Denise Maria
Pagano, direttrice del Museo, e Mariella

Utili, direttrice del Polo Museale della
Campania, durato sei mesi e costato due
milioni e mezzo di euro, la villa ci restitui-
sce anche un aspetto più intimo e familia-
re, grazie al recupero di parte dell’appar-
tamento privato della principessa Rosina
Pignatelli, chiuso da 50 anni.

GIOIELLO NEOCLASSICO VOLUTO
DA UN INGLESE ECCENTRICO
Pavimenti, parati, lampadari, quadri, mo-
bili ottocenteschi: tutto è stato ripescato
dai depositi, ripulito, restaurato e ricollo-
cato negli ambienti originari. L’obiettivo
filologico era consegnare a ogni sala la
stessa atmosfera di un tempo, quando la
villa era una ricchissima e raffinata dimo-
ra con circa 40 servitori, dove tra balli e
feste si decidevano i destini politici e fi-

Tra balli e feste, qui si decidevano i destini politici di mezza Europa


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nanziari di mezza Europa. Ma si vivevano
anche tragedie private, come la morte di
tre figli della principessa Rosina, che nel
1952 donò la villa (e le sue collezioni di
ceramiche, libri, argenti) allo Stato per-
ché la trasformasse in un museo.
Tutto l’impianto architettonico risen-
te dell’impostazione data dal primo
proprietario, Sir Ferdinand Acton.
Di gusto neoclassico (siamo nel 1826), la
villa suscitò a Napoli grande «perplessi-
tà per la bizzarria del prospetto unita a
un uso abitativo ben lontano dai costumi
partenopei» oltre che «per la rinuncia a
una facciata rappresentativa a fronte stra-
da e la collocazione dell’ingresso sul lato
posteriore», spiega la direttrice. Nascosto
dal verde di ben 1.760 piante, ma ben vi-
sibile dalla strada, spiccava invece lo

158 Bell’Italia
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