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IL PUNTO
DI FABIO
FERZETTI
L’OPINIONE
L’OCCASIONE PERSA
DAGLI OSCAR
C
ome perdere
tutte le buone
occasioni e ri-
badire un con-
cetto da tenere
amenteunavoltapertutte.
AgliOscarnonvincemai
(o quasi) il film migliore.
Vince il più forte, il più so-
stenuto, il più capace di ri-
flettere l’aria che tira, spesso
il più inoffensivo. Quello che
accontenta tutti e ancor pri-
manon scontenta nessuno.In
questo sensoNomadland di
Chloe Zhao, già benedetto
da un generosoLeone d’oro
veneziano, era il trionfatore
designato. E alla fine pur-
troppo è andata proprio così.
Del resto, come ricordavaVa -
riety,era difficile scommet-
tere contro un film che
avevagiàvintoilpremio
delle Associazioni dei
Produttori e dei Registi,
oltrecheaiGolden Glo-
be e aiBAFTA (anche se
è successo per 1917 eLa
La Land,battutirispet-
tivamente daParasite e
Moonlight).Nomadland
poi aveva anche un altro
asso nella manica. Di-
stribuitoin simultanea
nei cinemae sullapiat-
taforma Disney,deve
provare che la nuova politica delle Major può
funzionare. Non solo per i blockbuster, come
già sancito daGodzilla vs Kong, uscito negli
Usa e altrove in streaming e in sala macinan-
do comunque incassi record, ma anche per
i film con ambizioni artistico-sociali. Infine,
dettaglio non secondario nell’anno che doveva
vedere trionfareil politicamente corretto,
c’era l’accoppiata fra una grande attrice già
consacrata da altri due Oscar comeFrances
McDormande una outsider (apparente) come
la cinoamericanaChloe Zhao, che dopo essere
statalasettimaregistacandidatanellastoria
degli Oscar diventa anche la seconda donna
premiata in assoluto dopo laKathryn Bigelow
diThe Hurt Locker.
A dirla con linguaggio calcistico: donne bat-
tono neri, e presente batte passato, 3 a 1 (o
a 2). I grandi sconfitti di questi Oscar sono
Nell’anno del politicamente corretto, le donne hanno avuto la meglio sugli
afroamericani. Ma non hanno vinto quasi mai i migliori
infatti proprio i tanti film scritti, prodotti, di-
rettidaafroamericanichetornanoacasacon
un pugno di statuette minori. Sconfitto il duo
diMa Rainey’s Black Bottom,ovveroViola
Davis e il superlativoChadwick Boseman
(maHollywoodnonamagliOscarpostumi:
l’unico attore premiato post mortem a oggi
resta ilPeter FinchdiQuinto Potere, 1976),
la statuetta “black” più pesante è quella vinta
come non protagonista daDaniel Kaluuyaper
il grande e sottovalutatoJudas and the Black
Messiah diShaka King, anche se c’è un pro-
blema di fondo: Kaluuya eLakeith Stanfield,
ancheluicandidato,cioèilMessiaeilsuo
Giuda,sonoatuttiglieffetticoprotagonistidel
film. Candidarli come non protagonisti era un
controsenso,ancheseservivaadareloropiù
chances. Quanto alMankdi David Fincher,
che con le sue 10 nominations sembrava tra
i favoriti, deve accontentarsi degli Oscar
per lafotografia e lascenografia.
Per trovare un film “afro” sul podio bi-
sognaarrivarealnotevoleSoul, che vince a
mani basse nella categoria animazione. Altro
record:Pete Docterèalsuoterzo Oscar,ma
bisogna ricordare che il film è co-diretto dal
commediografo e regista nero Kemp Powers,
autore della pièce a cui è ispirato un altro il-
lustre trombato già in sede di candidature,
Una notte a Miami, anche se sospettiamo che
Powers sia stato più un superconsulente per la
cultura black che un vero co-regista. Quanto al
resto, benissimo l’Oscar alla nonna coreana di
Minari, altro film che meritava molto di più;
niente purtroppo per i candidati italiani; niente
perThe Dissidentdi Bryan Fogel, escluso per
ragioni politiche perfino dai candidati; ben
dato l’Oscar internazionale,Un altro giro di
Thomas Vinterberg (ma la cinquina era tutta
di alto livello). Il 2020 passerà alla storia ma
non per gli Oscar. Guardiamo avanti.■
Un’immagine diJudas and the Black Messiah.
Frances McDormand(63anni)ela
registaChloe Zao(39) sul set di
Nomadland. Il film ha vinto tre Oscar:
miglior film,migliore regia emigliore
attrice protagonista.