Pier Paolo Sarpi - L\'inquisizione nella Serenissima Repubblica

(Joyce) #1

Mà oltre la disposizione legale, vi è anco un particolare
concordato con la sede Apostolica contratto, del 1551.
L'occasione del quale fù, che havendo l'Eccellentissimo
Consiglio dei Dieci, e Gionta, per ricordar alli Rappresentanti il
loro debito, acciochè per negligenza non fosse introdotto
qualche abuso, scrisse à tutti li Rettori, che dovessero
ritrovarsi presenti alla formazione delli Processi
nell'Inquisizione.
La Corte Romana reputò che fosse novità, con pregiudizio
dell'autorità Ecclesiastica: ed il Pontefice Giulio III. ne fece
doglienza coll'Ambasciatore dicendo, che fosse contra i
Decreti Pontificij, e ch'egli sopra ciò voleva anco farne una
Bolla. Rispose l'Ambasciatore, che non era cosa novamente
deliberata, mà antichissima, ed innovata per conservar la
Giurisdizione, e non per assumersi punto di ciò che
all'Ecclesiastico tocca, anzi per aiutarlo. Si contentò il
Pontefice della risposta, e soggiunse: Se quei Signori vogliono
essere Coadiutori, siano benedetti: Mà se vogliono essere
congiudici, non possiamo tolerarlo. E riputando il Pontefice che
fosse negozio dà penetrare à fondo, e non contentarsi di
parole, massime per il moto grande, che era tra Cardinali, per
questa causa mandò espressamente à Venezia Achille Grassi,
eletto di Montefiascone, al quale diede commissione, li sei
Agosto di quell'anno 1551. con queste parole: “Vi mandiamo per
pigliar qualche appuntamento del procedere nelle cause
d'heresia. Si tiene che l'assistenza della potestà secolare in
quella Città, e Dominio sia necessaria; questa non improviamo,
anzi desideriamo, purche sia senza ingerirsi nella cognizione, e
sentenza. E poco più à basso: ci contentaremo d'ogni forma
grata à quella Republica, purche sia Citra cognitionem, &
sententiam.”
Arrivato il Nunzio espresso à Venezia, fù facile il convenire,
poiche ambe le parti havevano l'istesso senso: onde fù
immediatamente concordato con quattro Capi.

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