Pier Paolo Sarpi - L\'inquisizione nella Serenissima Repubblica

(Joyce) #1

altro testo che quello delli medesimi Pontefici Romani.
Clemente Quinto nel Concilio Generale di Vienna, (ed è
registrato nel Corpo Canonico De Hæreticis Cap. I.) dove che li
erano andate alle orecchie querele di molti contra
gl'Inquisitori, perch'estendevano l'Offizio della loro potestà
oltre li termini assignatili, in maniera che riusciva à danno de'
fedeli, ciò che fù instituito per accrescimento della fede:
ond'era necessario per gloria di Dio, ed acciò quel negotio
caminasse bene, far diverse provisioni, diede molte regole per
ovviare à disordini introdotti, Clemente Sesto ancora commise
à Bernardo Cardinale di San Marco, suo Legato nelle Terre
della Chiesa, d'inquerir de gl'eccessi de gl'Inquisitori, e
ministrar giustizia à chi si lamentasse di loro. Documenti
chiari, ch'in tutti i tempi corre qualche eccesso, che hà
bisogno di rimedio, se non è ovviato.
Mà dato che Inquisitor nessuno eccedesse mai li termini della
potestà sua, quella però non è così ben regolata, che non
habbia bisogno d'essere ritennuta con molta prudenza. Per
certezza di questo, basta assai attendere ciò che hanno
stampato nel Direttorio in Roma del 1584. che formalmente è
tradotto dal Latino. Se gl'inquisitori volessero essercitare
tutto l'imperio della loro potestà, facilmente muoverebbero
tutti à sedizione. E queste parole sono scritte con proposito
d'ammonire gl'Inquisitori, che se ben una cosa parerà loro
giusta, quando è pericolosa devono avisar Roma. Mà qua non si
deve conchiudere così, perche Roma lontana, ed occupata dalli
rispetti proprij non può far buon giudizio de gl'altrui pericoli.
Ma ben queste confessioni della Corte Romana mostrano
essere necessario, à chi vuol tener il suo Dominio quieto, e li
sudditi protetti, haver diligentemente riguardo, e moderare
con destra maniera quella potestà, ch'in se stessa è
confessata essorbitante, e spesso anche vien ecceduta, ed
abusata.
Del 1518. scoprissi numero grande d'Incantatori nella

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