Oggi – 31 gennaio 2019

(alfred) #1

70 ●LaRedoli era nataa Torinoperché il padre era operaioalleFerrieredella Fiat. Lamadreinveceera ostetrica


LA CIRCEÈ MORTA: 28 ANNI FA, IL DRAMMATICO ARRESTO

Cassazione fosse solo una formalità.
Lo ammise dopo la sentenza: «Sa-
pessi quanti mi hanno consigliato di
vendere tutto e espatriare. Mi dava-
no idocumentifalsi. Ho sempredetto
di no. Sono innocente, perché debbo
scappare? E invece avevano ragione.
Avrei dovuto andarmene».
Lunedì23ottobre. L’ultimo giorno da
donna libera della Circe era iniziato
all’alba quando Valium e Rohypnol
avevano cessato il loro effetto. Per
chiudere occhio nelle
ultime settimane lei e
Carlo dovevano ricorrere
a potenti sedativi. Co-
minciava la spasmodica
attesa. La Circe si era
vestita con cura: magliet-
ta arancione, minigonna
nera che mostrava le sue
belle gambe abbronzate,
tacchi a spillo, capelli
biondissimi più corti del
solito, occhialonineriche
nascondevano gli occhi
gonfi di pianto. «Forse
adesso stanno parlando
gli avvocati, continua-
va a ripetere guardando
l’orologio. Il suo giovane
amante nascondeva la
tensione leggendoMus-
solinidi Denis Mack Smith e una
biografia di Himmler. Dopo pranzo
compaiono le carte sul tavolo della
cucina, poi la Circe chiama ancora
la parrucchiera.
E alle 7 della sera all’ennesima te-
lefonata risponde Diego: «È andata
male.Hannoconfermato l’ergastolo»,
fa sapere senza preamboli uno degli
avvocati. La Circe lancia un urlo e
sviene.Diegochiamaunmedico.Car-
lo chiama il centralino del Vaticano
dicendo chevuoleparlareconilPapa.
Una suora gentile lo invita a scrivere
una bella lettera al Santo Padre.
Entrambi comunque prepararono
la valigia convinti che pochi minuti
dopo la sentenza sarebbero arrivati i
Carabinieriperportarliin carcere. E


invece verranno arrestarli solo al ve-
nerdì all’ora di pranzo. Così dopo 12
ore disperate aspettando l’ergastolo
in quella casa dove ormai regnava la
paranoia otto persone vivranno altre
92 ore da incubo. Cinque giorni e
quattro notti in una atmosfera surre-
ale fra i silenzi lunghi e sempre più
inquietantidell’erculeocarabinieree
i deliri della Circe che chiamò anche
il vescovo di Lucca ma lo mandò a
quel paese perché il monsignore le

disse solo cheavrebbepregatoperlei.
Giornate, serate e notti interminabili
inattesa del momentodell’arrestocon
un colossale bivacco sulla strada, la
via Provinciale di Forte dei Marmi,
bloccatadallepattugliedicarabinie-
ri,centinaiadicuriosi, giornalisti, fo-
tografi e operatori televisivi. Ansia e
depressioneregnavanoin quella casa
ma si alternavano a momenti di folle
euforia.

«QUELL’ULTIMO CAFFÈ
DI SFIDA IN CENTRO»
Mercoledì sera dice la Circe: «Sulas,
prestaci la macchina.Vado in gelate-
ria, anzi a ballare alla Caravella con
Carlo. Così facciamo moriredirabbia
i fortemarmini che mi hanno sempre

odiataperché miinvidiano».«Cisono
auto deiCarabinieriaogniangolo.Vi
sorvegliano a vista. Succede un fini-
mondo sesalite inmacchina», le dico.
«Non me ne frega niente».
Porto l’auto davanti a casa. Salgono
Carlo e la Circe e salutano i carabi-
nieri:«Abbiamodeciso discappare».
Ma nessuno ha voglia di scherzare e
quando i due amanti partono un nu-
golo di gazzelle si muove in contem-
poranea. Stanno via un’ora in centro,
al caffè Principe. Forte
dei Marmi si blocca.
E arriva il giorno. Vener-
dì 27 ore 13.30. Stiamo
per metterci a tavola.
Olga aveva preparato gli
spaghetti al ragù. Diego
si affaccia alla finestra:
«Ecco il cellulare», dice.
La voce del figlio della
Circe, questo ragazzo
che non ha mai versato
una lacrima dal giorno
dell’assassinio di suo pa-
dre, non tradisce emozio-
ne. Dal cellulare e dalle
auto di scorta scendono
almeno 25carabinieri. Al
comando addirittura un
colonnello.Perché untale
spiegamento di forze per
arrestare due condannati che atten-
donoacasa loro?Larispostaarriverà
pochiminutidopo.Temevano unare-
azione,untentativodifuga.Unacosa
ècerta,diquell’erculeocarabinierea
cavallo i colleghi avevano paura. Ne
conoscevano la forza sovrumana e la
violenza bestiale.
Suonanoallaporta.Inquel tinellonel
quale eravamo in otto non si muove
più nessuno. Ci guardiamo in faccia.
«Hanno suonato. Chi va ad aprire?
Guardate che altrimenti buttano giù
la porta», dico con un filo di voce.
«Vai tu Sulas» dice la Circe. Faccio
il lungo corridoio della villa e apro.
Entrano quattro carabinieri in divisa
etreinborghese.IlbrigadiereCarbo-
netti, comandante lastazione diForte

CINQUE GIORNI CON IL FIATO SOSPESO
Forte dei Marmi (Lucca), settembre 1991. Giangavino
Sulas con la Circe, prende appunti durante i cinque
giorni trascorsi in attesa della sentenza e dell’arresto.
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