A pochi giorni dalla
sentenza che ha sancito la con-
danna dei suoi aggressori (Da-
vide Caddeo, per lui nove anni,
Albano Jakei, sei anni e mezzo,
Alessandro Ferzoco, cinque
anni e mezzo, Andi Arapi, cin-
que anni) Bettarini junior rom-
pe il silenzio solo per “Chi”.
Domanda. Torniamo al raccon-
to. Lei è a terra disteso in un
lago di sangue...
Risposta. «Solo dopo poco ho
realizzato che ero in una poz-
za di sangue. A causa dell’a-
drenalina non sentivo dolore.
Poi mi sono ritrovato in am-
bulanza e solo in quel momen-
to ho capito che mi avevano
aggredito con un coltello. Una
costola ha fermato la lama,
altrimenti mi avrebbero buca-
to un polmone. Poi un nervo
del braccio è stato lesionato e
ancora oggi ho problemi. Dio
e i medici dell’ospedale Ni-
guarda mi hanno salvato per
miracolo».
D. Se tornasse indietro, lo
rifarebbe di buttarsi per aiutare
qualcuno?
R. «Per il carattere che ho,
per come sono fatto, lo rifarei.
Io sono così. Se vedo persone
in difficoltà, amici o estranei,
intervengo. Sono cresciuto con
valori sani e non cambierò. Pe-
rò questa vicenda mi è servita
anche ad aprire gli occhi sotto
altri punti di vista. Diciamo
che sono mancati i grazie dalla
persona che ho aiutato. Da lui e
dalla sua famiglia. Ma va bene
così. Si vince e si perde anche
in queste tristi vicende».
D. Perché ha partecipato a
tutte le udienze?
R. «Perché incrociando lo
sguardo dei miei aggressori
volevo vedere se avrei perce-
pito il loro pentimento. Non è
accaduto».
D. Quanto le ha fatto male
questa vicenda?
R. «Per me è stata un’e-
mozione negativa e positiva
clamorosa. Mi hanno colpito,
mi hanno fatto del male, stavo
rischiando, anzi ho rischiato,
la vita. A un certo punto sem-
bravo io il carnefice. Mi hanno
gettato fango addosso. Non è
stato facile. Ma la giustizia ha
fatto giustizia. Ho capito una
cosa: non si deve mai spegnere
la fiducia. Mi ha fatto star male
vedere soffrire la mia fami-
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