Coelum Astronomia - #225 - 2018

(Joyce) #1

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Impronte di luna sull’aurora gioviana


E sempre protagonista, anche perché alla fine è
lui uno dei principali target di questa missione, il
potente campo magnetico che circonda il sistema
gioviano. Un’altra scoperta compiuta grazie
sempre ai dati della sonda Juno, rivela come le
lune del grande pianeta gassoso riescano a
interferire con la formazione delle aurore
gioviane (di cui vi abbiamo già parlato a pag. 40
del precedente report)

Lo studio (“Juno observations of spot structures
and a split tail in Io-induced aurorae on Jupiter“)
pubblicato sulla rivista Science, è stato condotto
dall’italiano Alessandro Mura dell'INAF e ha
incluso membri dell'Agenzia Spaziale Italiana
(ASI), del Goddard Space Flight Center e del JPL
della NASA, del Southwest Research Institute
(SwRI) e del Johns Hopkins University Applied
Physics Laboratory, oltre a numerose Università.

Proprio come le aurore qui sulla Terra, le aurore di
Giove sono prodotte nella sua atmosfera
superiore quando gli elettroni ad alta energia
interagiscono con il potente campo magnetico del
pianeta. Tuttavia, come la sonda Juno ha
recentemente dimostrato utilizzando i dati
raccolti dallo spettrografo nell’ultravioletto (UVS)
e dal Jovian Energetic Detector Detector
Instrument (JEDI) a bordo, il campo magnetico di
Giove è significativamente più potente di
qualsiasi cosa vediamo sulla Terra.

Oltre a raggiungere livelli di potenza da 10 a 30
volte superiori a quella che si sperimenta qui
sulla Terra (fino a 400.000 elettronvolt), le
tempeste aurororali di Giove hanno anche delle
anomalie di forma ovale che appaiono ogni volta
che le grandi lune Io e Ganimede passano vicino
al pianeta. La presenza di spot luminosi appena al
di fuori dell’ovale aurorale in realtà erano già stati
individuati e sono visibili da terra (o attraverso il
Telescopio Spaziale Hubble), ma Juno ce li ha
finalmente mostrati in dettaglio.

Grazie allo strumento italiano JIRAM (ovvero
Jovian InfraRed Auroral Mapper, uno degli otto
strumenti a bordo di Juno – finanziato
dall’Agenzia Spaziale Italiana, realizzato da
Leonardo-Finmeccanica, e con la responsabilità
scientifica dell’Istituto Nazionale di Astrofisica), si
sono osservati attorno agli ovali aurorali, sia nel
polo settentrionale che in quello meridionale,
piccole caratteristiche tipiche associate alle lune
galileiane, ma nettamente diverse a seconda della
luna che le avrebbe causate.

Nel caso di Io, invece di una singola ombra si è
osservata, nell’infrarosso, un modello vorticoso di
tracce altalenanti: «hanno la forma di un
fenomeno idrodinamico noto come “Scia di von
Kármán”» spiega Mura in una intervista a Media
INAF, «prodotta da un fluido in movimento che
impatta su un corpo, come ad esempio avviene per
la corrente di un fiume che scorre attorno ai piloni
di un ponte. A valle dello spot principale, infatti,
sono visibili una serie di spot secondari, con la
caratteristica disposizione alternata. Tale struttura
è visibile sia nell’emisfero Nord che in quello Sud. Si
può solo ipotizzare che l’interazione tra Io e il
plasma circostante, che è alla base della
precipitazione di particelle che causano i footprint,
sia molto diversa da come l’abbiamo immaginata
finora».

Per quanto riguarda Ganimede invece «la traccia
lasciata ha una duplice struttura fine che non era
mai stata osservata in precedenza. Quello che
sembrava essere un footprint singolo (con
eventualmente una controparte “specchiata” a
qualche migliaio di chilometri dal primo) si rivela
ora come una coppia di spot vicinissimi tra loro
(circa 100 chilometri)». L’ipotesi è che questo
sdoppiamento sia dovuto alla particolare
interazione tra la mini-magnetosfera di Ganimede
e il plasma gioviano. Ganimede, infatti, è l’unico
satellite del Sistema Solare ad avere un suo
campo magnetico e quindi una propria
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