Coelum Astronomia - #225 - 2018

(Joyce) #1

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lo scorso 12 luglio 2018 occasione in cui sono
anche apparsi due lavori pubblicati sulla rivista
Science e la rivista Astrophysical Journal (vedi
riferimenti in fondo all’articolo).


Il protagonista di questa eccitante storia è un
neutrino, una particella priva di carica che è
estremamente difficile da studiare perché
interagisce pochissimo con altra materia. I
neutrini sono particelle subatomiche di massa
piccolissima (molto più piccola di quella
dell'elettrone) che vengono prodotti da varie
reazioni nucleari. Alcune di queste reazioni
avvengono continuamente all’interno del Sole
che emette costantemente un flusso di neutrini.
Ogni secondo noi tutti siamo continuamente
bombardati da un flusso di neutrini
(principalmente che arrivano dal Sole) e che
attraversano il nostro corpo senza che noi ce ne
accorgiamo proprio grazie alla scarsissima
capacità di interagire con la materia ordinaria e
con il campo elettromagnetico.


Con queste premesse si capisce subito che
riuscire a “catturare” dei neutrini che provengono
dal cosmo è un'impresa estremamente difficile e
complicata. Tuttavia i neutrini contengono
importanti informazioni sui processi fisici di alta
energia che avvengono in varie sorgenti cosmiche
e che altrimenti non sarebbero derivabili.


Per poter rivelare i neutrini provenienti da oggetti
a distanze cosmiche servono quindi appositi
Osservatori: costituiti da rivelatori che coprono
un’ampia superficie di raccolta per aumentare la
probabilità di catturare queste particelle sfuggenti
e costruiti in luoghi sotterranei per isolarli dalle
interferenze provocate da altre particelle, come i
raggi cosmici o altre fonti di rumore. Tra i
principali ci sono i rivelatori ad acqua, come il
giapponese Super-Kamiokande collocato a circa 1
km sotto la miniera Kamioka e il canadese
Sudbury Neutrino Observatory (SNO) costruito
nella miniera di Creighton a circa 2 km sotto la
superficie terrestre, l’esperimento sottomarino
ANTARES situato nel mar Mediterraneo al largo
delle coste francesi e l’Osservatorio Icecube posto
sotto i ghiacci dell’ Antartide.

Proprio quest’ultimo osservatorio (IceCube) è
riuscito a catturare il neutrino EHE170922A che
con un’energia estremamente elevata, dell’ordine
di 300 TeV (Tera elettronvolt) non poteva avere
un’origine solare o provenire da oggetti posti
nella Via Lattea. Subito dopo la rivelazione di
questo neutrino, la collaborazione IceCube ha
emanato un’“allerta neutrino” rivolto a diversi
Osservatori sparsi in tutto il mondo, soprattutto a
quelli che osservano nei raggi gamma e X, allo
scopo di tentare l’individuazione della

IceCube ha visto IC-170922A ha subito lanciato
un’“allerta neutrino” a tutti i telescopi,
disseminati nello spazio e sulla Terra, nella
speranza che le loro osservazioni potessero
aiutare a individuarne con precisione la sorgente.
E così è stato. Grazie alla combinazione di tutte le
diverse osservazioni è stato così possibile
individuare proprio nel blazar TXS 0506+056, che
si trova al cuore di una galassia a una distanza di
4,5 miliardi di anni luce dalla Terra, la probabile
sorgente del neutrino. La distanza di tale galassia
ospite è stata misurata da un team di ricercatori
dell’INAF di Padova.

Nichi D’Amico, presidente dell’INAF, ha
commentato entusiasta: «Anche in questa
scoperta, come nel caso dell’emissione di onde
gravitazionali da parte del primo merger di due
stelle di neutroni mai osservato, la potenza di fuoco
di cui dispone l’INAF, a tutte le lunghezze d’onda e
con strumentazione di avanguardia da terra e dallo
spazio, si è dimostrata determinante per rispondere
ad alcune delle domande fondamentali per la
comprensione dell’universo».
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