Coelum Astronomia - #225 - 2018

(Joyce) #1

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raggiungere il rivelatore avevano attraversato
l’intero globo terrestre. In assenza di oscillazione,
invece, le due quantità avrebbero dovuto essere
uguali: era una chiara indicazione che i neutrini si
trasformavano durante la loro propagazione, ma
in cosa? Forse in neutrini tauonici, che Super-
Kamiokande non poteva rivelare e all’epoca non
erano ancora stati osservati, o forse in neutrini di
tipo sconosciuto, detti “sterili” perché non
interagenti?


Un altro grande esperimento, anche questo posto
sottoterra, a 2 km di profondità, aggiunse un altro
tassello nel puzzle. Si tratta dell’esperimento SNO
(Sudbury Neutrino Observatory), in Canada, che
misurava neutrini provenienti dal Sole e dimostrò
che il flusso totale che arrivava sulla Terra era
quello atteso: i neutrini, quindi, non scomparivano
prima di arrivare alla Terra, ma si trasformavano
uno nell’altro.


Anche altri esperimenti confermavano
l’oscillazione dei neutrini, ma sempre in modo
indiretto, e mancava la prova definitiva:
l’osservazione diretta dell’apparizione, all’interno
di un fascio di neutrini di tipo noto, di neutrini di
tipo diverso. Per questa ragione venne costruito
l’esperimento OPERA (Oscillation Project with
Emulsion-tRacking Apparatus), il cui rivelatore era
posto nei Laboratori Nazionali del Gran Sasso,
sotto 1.400 metri di roccia.

Come forse avrete notato, gli esperimenti che
cercano di catturare neutrini hanno alcune
caratteristiche in comune: spesso sono posti
sottoterra, in modo da essere schermati dal flusso
di raggi cosmici, che accecherebbe i rivelatori e
non permetterebbe di osservare le rarissime
interazioni dei neutrini, e sono estremamente
grandi per massimizzare la probabilità che uno di
questi interagisca e possa quindi essere rivelato.

La caratteristica luce azzurra visibile nei reattori nucleari
dovuta all'effetto Cherenkov
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