Coelum Astronomia - #225 - 2018

(Joyce) #1

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una rappresentazione dell’universo quand’era
molto giovane – per fornire una previsione del
valore che la costante di Hubble dovrebbe avere
oggi. Ebbene, applicato ai dati di Planck questo
metodo fornisce un valore più basso: 67,4 km/s/
Mpc. E con un margine d’incertezza assai ridotto,
inferiore all’uno per cento. Ora, se da una parte è
straordinario che due metodi radicalmente diversi
per derivare la costante di Hubble – uno che si
basa sull’universo locale e già maturo, l’altro
sull’universo distante e ancora in fasce – arrivino
a valori così simili, occorre d’altra parte ricordare
che, in linea di principio, questi due valori,
tenendo conto dei rispettivi margini di errore,
dovrebbero corrispondere. Ma così non sembra
essere. Da qui la “tensione”, l’anomalia. E la
domanda diventa: come conciliare questi due
risultati?

Entrambe le parti in causa sono convinte che
eventuali errori residui presenti nei loro

metodi di misurazione siano ormai troppo ridotti
per spiegare la discrepanza. È dunque possibile
che ci sia qualcosa di un po’ particolare nel nostro
ambiente cosmico locale, qualcosa che renda la
misurazione nell’ambiente vicino in qualche modo
anomala? Per esempio, sappiamo che la nostra
galassia si trova in una regione dell’universo la cui
densità è lievemente inferiore alla media, e
questo potrebbe avere qualche effetto sul valore
locale della costante di Hubble. Ma
sfortunatamente la maggior parte degli astronomi
ritiene che simili peculiarità non siano grandi a
sufficienza per risolvere il problema.

«Non esiste un’unica soluzione astrofisica
soddisfacente in grado di spiegare la discrepanza.
Dunque c’è forse una
nuova fisica ancora

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