(^92) COELUM ASTRONOMIA
Lost in translation: un post-scriptum su Lemaître
e la legge di Hubble
Sul numero 216 di Coelum Astronomia, l’articolo
di Rodolfo Calanca ha trattato la scoperta della
cosiddetta legge di Hubble (la relazione di
proporzionalità tra redshift e distanza delle
galassie) e il ruolo, a lungo rimasto in ombra,
dell’astrofisico e sacerdote belga Georges
Lemaître. Nel 1929 Hubble presentò i dati a
sostegno della linearità della relazione redshift-
distanza senza darne una spiegazione teorica (citò
soltanto il modello di de Sitter, che allora era
ritenuto statico). Invece Lemaître, già in un suo
articolo del 1927 pubblicato in francese sugli
Annales de la Societé Scientifique de Bruxelles,
aveva mostrato che la relazione redshift-distanza
poteva essere interpretata come una conseguenza
dell’espansione dell’universo e aveva persino
stimato il valore di quella che sarebbe
successivamente divenuta nota come la costante
di Hubble. Questo articolo rimase ignoto ai più
finché non fu tradotto in inglese e pubblicato nel
1931 sulla rivista britannica Monthly Notices of the
Royal Astronomical Society (MNRAS).
Il mistero citato nell’articolo di Calanca è che nella
traduzione manca proprio la parte riguardante la
legge di Hubble, per
ragioni rimaste a lungo
inspiegate. Questo
mistero, a dire il vero, è
rimasto ignoto anche alla
maggior parte della
comunità astronomica,
finché nell’estate del
2011 non si è accesa una
vivace polemica sul
database arXiv.org;
normalmente questo
database ospita i preprint
degli articoli scientifici,
ma in quel periodo sono
comparsi vari contributi
dedicati al ruolo di
Lemaître e al mistero della
traduzione censurata (ne avevo a suo tempo
discusso sul numero 152 di Coelum). In uno di
questi, scritto dall’astronomo David Block, si
rivolgevano pesanti accuse nei confronti di
Hubble: non solo l’astronomo americano avrebbe
ignorato la priorità di Georges Lemaître, ma
sarebbe addirittura intervenuto di persona
rivolgendosi all’editor del MNRAS, W.M. Smart, per
censurare il suo articolo. A sostegno della tesi
della censura volontaria, Block si è avvalso di una
lettera inviata da Smart a Lemaître che sembrava
suggerire di tagliare proprio la parte relativa alla
relazione velocità-distanza, ma non vi era alcuna
prova di un intervento di Hubble. Rimaneva
dunque l’interrogativo su chi (forse Smart stesso?)
avesse preso la decisione di omettere quella parte
e i motivi per cui lo avrebbe fatto.
Mancando altri documenti e testimonianze,
sembrava che il mistero dell’articolo censurato
fosse destinato a rimanere insoluto. Invece un
astrofisico dello Space Telescope Science Institute
di Baltimora, Mario Livio, non convinto
dell’interpretazione data da Block alla lettera di
Smart, ha deciso di andare a fondo nella vicenda,
Edwin Hubble
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