Coelum Astronomia - #227 - 2018

(Martin Jones) #1
prendono il nome di "stratificazione della
ionizzazione" e dipendono dall'energia ionizzante
della calda stella centrale, mentre le aree azzurre,
le più interne, sono prodotte da un fronte ellittico
in rapida espansione che, impattando contro gas
emessi in precedenza, emette raggi X. La struttura
dei gas più esterni, anch'essi in espansione, è
costituita da un incredibile anello equatoriale
rossastro (idrogeno) e da due lobi polari con
caratteristiche condensazioni lineari ai margini.
Relativamente alla caldissima nana bianca
centrale, si ritiene che questa possa essere in
realtà binaria: l'esistenza di un disco di
accrescimento causato dal trasferimento di massa
tra le due componenti del sistema potrebbe,
infatti, aver generato i getti polari sopra descritti,
che interagiscono con la materia
precedentemente espulsa. Studiando l'emissione
UV della nana bianca per un periodo di 6 ore, è
stato possibile rilevare dettagli a grande scala nel
vento emesso dalla stella, che ha portato quindi a
definirne la velocità di rotazione in un range
compreso tra 54 e 108 chilometri
al secondo.

Al di fuori della zona più luminosa
è visibile una serie di cerchi
concentrici che si ritiene essere
stati generati quando la stella si
trovava ancora nel ramo
asintotico delle giganti. Questi
anelli sono disposti in modo
molto regolare, il che suggerisce
che il meccanismo responsabile

della loro formazione si sia ripetuto nel tempo a
intervalli regolari e con velocità di emissione
simili. All’esterno, è presente un vasto ma debole
alone di materia gassosa dal diametro di almeno 3
anni luce che circonda tutta la nebulosa visibile al
telescopio. Secondo alcuni studi, si tratterebbe di
materia espulsa dalla stella durante fasi di attività
antecedenti alla formazione della nebulosa
planetaria, tra 50 mila e 90 mila anni fa, mentre la
parte centrale della planetaria, la più prominente,
si sarebbe formata in un periodo compreso 10
mila e 1.000 anni fa. Una parte più luminosa
dell'alone esterno, situata a 2' dal centro, si rende
in realtà visibile con telescopi amatoriali da
almeno 250 mm di diametro; nota come IC 4677,
tale area è spesso erroneamente ritenuta essere
una piccola galassia.
Sotto. Un bel filmato che fa uno zoom sulla nebulosa
NGC 6543 “occhio di gatto”. Inizialmente è possibile
notare la debole nebulosità che circonda l’occhio.
Crediti: NASA, ESA, HEIC, NOT, Digitized Sky Survey 2,
the Hubble Heritage Team (STScI/AURA) and Romano
Corradi (Isaac Newton Group of Telescopes, Spain)

Aldhibah


Concludiamo quest’ultimo viaggio nelle vaste
plaghe celesti del Drago approdando idealmente
ad Aldhibah (ζ Dra). Il nome è di chiara origine
araba, derivato dal termine Al dhi'bah (le “iene”).
Tuttavia, essa è anche Nodus III, termine latino in
chiaro riferimento al lungo e contorto corpo della
bestia sputa fuoco. Splendendo di magnitudine
+3,17, si colloca al quinto posto tra le stelle della
costellazione in ordine di luminosità. Aldhibah A è


una gigante azzurra di tipo B6 III (13.400 K), 2,5
volte più larga del Sole e dalla massa 3,5 volte
maggiore, che irradia quasi 150 volte la
luminosità. Nel 1981, gli astronomi Starikova e
Tokovinin scoprirono un compagno ottico a soli
0,046” d'arco sul quale, però si sa ben poco.
Un'ultima curiosità: Aldhibah è la stella polare
settentrionale di Giove.

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