Coelum Astronomia - #227 - 2018

(Martin Jones) #1
Gli strumenti a
bordo sono
quattro: oltre alla
fotocamera e un
radiometro DLR,
uno spettrometro
a infrarossi
dell’Institut
d’Astrophysique
Spatiale e un
magnetometro
della TU
Braunschweig
(vedi tutti i dettagli nello speciale Hayabusa2
pubblicato su Coelum Astronomia 226 di ottobre).
Il team del magnetometro è stato anche in grado
di riconoscere, nei dati inviati da MASCOT, che lo
strumento MASMAG era acceso e ha eseguito
alcune misurazioni prima della separazione.
«Le misurazioni mostrano il campo relativamente
debole del vento solare e i forti disturbi magnetici
causati dalla sonda», spiega Karl-Heinz Glaßmeier
della Technical University di Braunschweig. «Al
momento della separazione, ci aspettavamo una
netta diminuzione del campo di interferenza - e
siamo stati in grado di riconoscerlo chiaramente».

Dopo l’esultanza del centro controllo per il
successo del rilascio e dell’atterraggio del lander,
è poi arrivata anche la soddisfazione per la
conclusione della missione, durata poco più delle
16 ore previste: tre giorni e due notti su Ruygu.

Nella prima serata dello stesso giorno, infatti, alle
21:04 (CEST quindi anche ora italiana), le batterie
si sono esaurite più di un’ora oltre a quanto
previsto. Tutti gli strumenti hanno funzionato alla
perfezione raccogliendo dati sulla composizione e
la natura dell’asteroide in tre zone diverse, e i dati
sono stati inviati alla sonda madre Hayabusa2 per
essere ritrasmessi alla Terra.

Tre zone diverse per un lander? Si, come i
Minerva-II, anche Mascot aveva al suo interno un
meccanismo che gli ha permesso di effettuare tre

salti, per analizzare diversi punti della superficie
dell’asteroide, e anche questo espediente ha
funzionato come doveva.

«Con Mascot è stato possibile, per la prima volta,
esplorare la superficie di un asteroide, direttamente
sul posto, e in mondo esteso» spiega Hansjörg
Dittus, DLR executive board member per la ricerca
spaziale e tecnologica. «Una missione come questa
è possibile solo grazie alla collaborazione tra
partner internazionali – mettendo assieme tutte le
competenze e l’impegno».

Dopo l’atterraggio è stato quindi in grado di
riorientarsi correttamente con un primo salto in
modo automatico, ma finendo in una zona non
favorevole alle analisi che doveva fare, un
secondo salto effettuato invece dal controllo
missione, l’ha invece portato in una zona più utile
dove ha cominciato la sua raccolta dati.

La prima raccolta è durata un giorno e una notte di
Ryugu. «In seguito siamo stati in grado di
continuare le attività su Ryugu con una speciale
manovra» spiega Ralf Jaumann, direttore
scientifico di MASCOT. «Con una “mini mossa”
abbiamo registrato una sequenza di immagini che
verranno usate per generare delle immagini stereo
della superficie dopo che era stata analizzata».

Durante le prime manovre Mascot si è spostato di
diversi metri sulla superficie dell’asteroide, e alla
fine, visto che le batterie avevano ancora energia
residua, si sono azzardati ad effettuare un ultimo
più grande balzo. Le operazioni si sono interrotte
alle 21:04 anche perché in quel momento si sono
interrotte le comunicazioni con la sonda madre,
entrata nel cono di “silenzio radio” dovuto alla
rotazione dell’asteroide. Al nuovo passaggio ormai
le batterie di Mascot sarebbero state
inevitabilmente esaurite, la sonda è quindi
rientrata nella sua posizione standard a 20
chilometri dalla superficie. Mascot ha perciò
lavorato fino all’ultimo secondo possibile, ben
oltre la durata prevista.

(^36) COELUM ASTRONOMIA

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