Coelum Astronomia - #227 - 2018

(Martin Jones) #1

(^64) COELUM ASTRONOMIA
Una lettera controversa
Tra i primi documenti di Galileo a finire sotto
l’occhio dell’Inquisizione vi fu la lettera che il 21
dicembre 1613 lo scienziato scrisse a Benedetto
Castelli, monaco benedettino, matematico, fisico
e suo affezionatissimo discepolo. Castelli era
grandemente considerato da Galileo, che ne
parlava come «huomo adornato d'ogni scienza e
colmo di virtù, religione e santità». Il
corrispondente ideale con il quale Galileo poteva
condividere non solo il suo pensiero scientifico,
ma anche la sua personale visione dei Sacri testi.
Castelli, infatti, era sì un religioso ma, allo stesso
tempo, anche un eccellente uomo di scienza.
Proprio in quegli anni, anche con l’appoggio di
Galileo, era stato nominato professore ordinario
di matematica all’Università di Pisa e si stava
dedicando al moto e alla dinamica delle acque
correnti, studi per i quali viene considerato il
fondatore dell’idraulica moderna. Oltre che
nell’ambiente universitario pisano, la lettera di
Galileo divenne ben presto molto famosa a
Firenze e nel resto della Toscana e, all’epoca, se
ne fecero molte copie. Il motivo è presto detto:
Galileo cercava di dimostrare che la ricerca
scientifica non doveva essere vincolata a quanto
riportavano i Sacri testi, dato che il loro
linguaggio doveva talvolta “accomodarsi
all’incapacità del vulgo”. Per alcuni passi delle
Sacre Scritture, insomma, si doveva andare al di là
del testo, passando da una interpretazione
letterale a una allegorica.
Non solo, dunque, ci troviamo di fronte a uno dei
primi manifesti sulla libertà della ricerca
scientifica, ma anche a una riflessione teologica
sulle Scritture che non poteva certo passare
inosservata. Il 7 febbraio 1615, infatti, il monaco
domenicano Niccolò Lorini inoltrava una copia
della lettera al cardinale Paolo Emilio Sfondrati,
Prefetto della Congregazione dell'Indice a Roma,
segnalando la necessità di valutarne il contenuto.
Nella denuncia si sottolineava non solo che
Galileo sosteneva «che la Terra si move et il cielo
sta fermo, seguendo le posizioni di Copernico», ma
anche che «vogliono esporre le Sante Scritture a
loro modo e contra la comune esposizione de' Santi
Padri, e difendere opinione apparente in tutto
contraria alle Sacre Lettere».
Qui, però, la vicenda si tinge di giallo: mentre tutte
le copie della lettera a Castelli che sono state
ritrovate sono molto simili tra loro, quella
trasmessa da Lorini all’Inquisizione e conservata
nell’Archivio Segreto Vaticano è molto più critica
e contiene alcune espressioni teologicamente più
forti rispetto a tutte le altre. Per esempio, mentre
nella gran parte delle versioni si legge che la
Scrittura «presenta talvolta delle proposizioni che
sembrano distanti dal vero quanto al nudo senso
delle parole», in quella di Lorini leggiamo che la
Scrittura «ha delle proposizioni false quanto al
nudo senso delle parole». È evidente come la
prima versione sia notevolmente più sfumata
rispetto alla seconda, molto più cruda, diretta e
facilmente impugnabile dagli inquisitori.
Sopra. Il ritratto di Benedetto Castelli (1578 – 1643)
conservato a Firenze, Galleria degli Uffizi. Dapprima
studente di Galileo Galilei, quindi suo devoto amico
e successore alla cattedra di Matematica
dell’Università di Pisa.

Free download pdf