Coelum Astronomia - #228 - 2018

(Rick Simeone) #1

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Lo specchio a tasselli, l’idea geniale


Lord Rosse e il Leviatano di Parsonstown


C’era una volta un lord, che abitava nella verde
Irlanda e che sognava le stelle. William Parsons,
così si chiamava il lord sognatore, nel 1841
ereditò il titolo del padre, diventando il terzo
conte di Rosse, e soprattutto ereditò la vasta
proprietà attorno a Birr, vicina al villaggio di
Parsonstown, nell’Irlanda centrale. William
Parsons non aveva seguito una regolare carriera
accademica ma aveva i mezzi per far molto:
costruire dei grandi specchi parabolici, con cui
armare dei telescopi di luminosità inusitata.
Dopo gli incoraggianti risultati ottenuti con un
primo specchio
monolitico del diametro
di poco più di 90
centimetri, Lord Rosse
volle tentare di
raddoppiare le
dimensioni. E così il 13
aprile 1842 si procedette
a preparare il bronzo
necessario per un peso
totale di quattro
tonnellate. Furono
necessari ben quattro
tentativi e soltanto alla
fine di quell’anno si

ottenne uno specchio dalle caratteristiche
desiderate, che poté essere lavorato otticamente
con successo. I lavori per la montatura
impegnarono tutto il 1843 e pure l’anno
successivo. Nel febbraio 1845 lo specchio fu
considerato pronto per essere provato dentro
l’enorme tubo: era nato il Leviatano di
Parsonstown (1,8 m di diametro), il maggiore
telescopio di quei tempi. Il primato venne
mantenuto fino al 1917, con la costruzione del
grande telescopio Hooker, del Mount Wilson
Observatory in California.

Nei primi anni ‘30 del secolo scorso, parlando del
telescopio Hooker (Osservatorio di Mount
Wilson) – allora il più grande telescopio in
funzione con i suoi 2,50 metri di diametro – Horn
commentò: «La sua potenza permetterà
virtualmente di spingere lo sguardo fino alla
distanza di 300 milioni di anni luce...». Tuttavia,
Horn cominciava ad avere dubbi sulla possibilità
di realizzare grandi telescopi. «[...] più d’un
ostacolo si oppone allo sfruttamento totale
dell’area riflettente, e primo fra tutti la
deformazione che subisce lo specchio col variare
della temperatura durante le lunghe pose
fotografiche. Se poi all’inconveniente della


deformazione dello specchio si aggiunge la
difficoltà di far muovere, con l’andamento regolare
di un orologio, uno specchio di parecchie tonnellate,
applicato all’estremità di un tubo pur esso
pesantissimo, si concederà che l’industria dei
telescopi del tipo attuale è poco lontana, se già non
l’ha raggiunto, dal suo cimento massimo».
(Strumenti e progressi dell’Astronomia, Coelvm,
1932). Horn dedicò molte energie alla ricerca di
una soluzione possibile, temendo che, in
mancanza di osservazioni migliori, l’astronomia
non avrebbe potuto più progredire come aveva
fatto fino ad allora.
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