Coelum Astronomia - #229 - 2019

(Ben Green) #1

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fulgidi astri con i quali delinea il grande
pentagono celeste dell’Auriga, ecco che, non
lontano, una rossa vampata di luce concentrata in
un punto annuncia il sorgere di una stella che, di lì
a poco, andrà a delineare l’occhio – infuocato di

rabbia, verrebbe da dire – di una delle più belle e
antiche figure che la mente umana riuscì a
disegnare tra gli innumerevoli punti luminosi che
popolano il firmamento: il grande Toro celeste.

A destra. Camille Flammarion mentre osserva al
telescopio del suo osservatorio privato nel 1880.

Ovidio, nei Fasti, definisce chiaramente la loro
posizione nella costellazione, descrivendo anche
la nota fama che il bellissimo gruppo di stelle
possedeva in tempi ormai andati ovvero quella di
portatrici di pioggia, tanto da essere note presso i
romani come Sidus Hyantis: «...il di seguente,
quando l'Aurora figlia d'Iperione, cacciate le stelle,
alzerà la rosea fiaccola sul cocchio mattutino, il
fresco vento Agreste carezzerà le alte spighe e
dall'acque càlabre salperanno candide vele. Ma non
appena gli oscuri crepuscoli porteranno la notte, di
tutto il gruppo delle Iadi nessuna rimarrà nascosta.
La fronte raggiante del Toro brilla di sette stelle, che
il greco navigante chiama Iadi, le piovose. Qualcuno
crede che abbiano nutrito Bacco; altri, affermano
che sono nipoti di Teti e del vecchio Oceano. Non
ancora Atlante reggeva le spalle dell'Olimpo,
quando nacque Hyas, di una bellezza stupenda; lo
partorì, assieme alle Ninfe Iadi, Etra, figlia
d'Oceano, ma Hyas nacque per primo. Il ragazzo,
ancora Imberbe, riesce ad atterrire i cervi paurosi e
la lepre è già per lui facile preda; col crescer degli
anni e della forza osa assalire cinghiali e leonesse


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