Coelum Astronomia - #229 - 2019

(Ben Green) #1

(^184) COELUM ASTRONOMIA
irsute; e mentre un giorno affronta la tana e i
cuccioli di una leonessa, diviene egli stesso preda
sanguinosa della belva libica. La madre e le sorelle
piansero Hyas, e così pure Atlas con la testa curvata
sotto il cielo. Ancora più dei genitori fu il dolore
delle sorelle: per questa loro pietà, furono
trasportate in cielo e dal nome del fratello furono
dette Hyades». Divenendo l’ammasso diffuso, alla
visione a occhio nudo, simile all’addensarsi delle
foschie tipiche dell’arrivo dei temporali, ciò
spiega la triste, antica nomea del gruppo stellare.
Nel mito greco, le Iadi sono definite come
sorellastre delle Pleiadi ma, come molti attenti
osservatori celesti avranno forse notato, nelle
mappe stellari non vengono riportati i loro nomi,
al contrario di quanto accade per le vicine Pleiadi.
Esiodo, nell'VIII secolo prima di Cristo, fu il primo
a elencarli: Eudora, Kleea, Koronis, Phaeo e
Phaesula. Nel tempo, successivi autori riportarono
una lista diversa, giunta loro probabilmente già
corrotta: Aesula, Ambrosia, Dione, Eudora, Koronis,
Polyxo e Thyene. Ma gli astronomi, noti per essere
difficilmente galanti e poco cortesi, non si
degnarono di attribuire un solo nome alle stelle
delle Iadi, al contrario di quanto fatto per le
sorellastre.
Il famoso gruppo stellare fu probabilmente
catalogato per la prima volta dall’astronomo
italiano Giovanni Battista Hodierna nel 1654. Pur
apparendo in alcuni atlanti stellari editi tra il XVII
e XVIII secolo, il grande Charles Messier non
incluse le Iadi nel suo famoso catalogo di oggetti
del cielo profondo edito nel 1781: è infatti noto
come, a differenza di altri ammassi aperti “facili”
quali le stesse Pleiadi (M 45) o “la greppia” (M 44),
le Iadi non rientrino tra i famosi 110 oggetti
celesti tanto cari ai neofiti dell’astronomia (...e
non solo). L’ammasso stellare venne per la prima
volta incluso come oggetto a sé stante nel
catalogo di ammassi stellari compilato nel 1915
dall’astronomo inglese P. J. Melotte con il numero
25.
Queste stelle, che per i greci furono figlie di
Atlante e sorellastre delle Pleiadi, hanno rivestito
una grandissima importanza nella comprensione
dei meccanismi astrofisici che governano la
morfologia e l’evoluzione degli ammassi stellari
del tipo “aperto”. Principalmente perché, lo
ricordiamo, le Iadi sono, di tale categoria, quello in
assoluto più vicino a noi. Ma andiamo per ordine.
Fu nella seconda metà del XIX secolo che nella
comunità scientifica iniziò a prendere sempre più
peso l’idea che le stelle delle Iadi, così come
quelle del già citato M 44 nel Cancro, costituissero
assieme una sola entità. Nel 1869, infatti,
l'astronomo americano R. A. Proctor studiando le
Iadi, non solo si accorse che tali stelle
condividevano il moto proprio ma che, cosa
alquanto strana, anche altre stelle situate assai
lontano dalle Iadi sembravano attraversare gli
spazi siderali con la stessa velocità e direzione.
Successivamente, l’astronomo americano L. Boss,
effettuando studi su ben 25 anni di osservazioni
sui moti stellari, nel 1908 evidenziò come il moto
delle Iadi sembrasse convergere verso un unico
punto celeste, non lontano dalla stella Betelgeuse
(α Ori), portando tali stelle ad allontanarsi dal
Sistema Solare.
Boss non solo sostenne l’idea, precedentemente
avanzata da Proctor, delle Iadi come gruppo coeso
Giovanni Battista Hodierna ma incluse ad esse un più ampio numero di stelle.

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