Editoriali
Ci sono diversi motivi per convocare elezioni
anticipate, ma ce ne sono altrettanti, e più con-
vincenti, per non interpellare gli elettori in que-
sto periodo dell’anno e lasciare che il governo
britannico affronti l’uscita dall’Unione europea
e altri problemi attraverso il parlamento. Di sicu-
ro, però, l’argomento che le elezioni possano
mettere fine al trauma della Brexit non regge. In
primo luogo per una questione di logica e di prin-
cipio: le elezioni generali sono la risposta sba-
gliata alle domande sulla Brexit. Il problema non
è stabilire chi deve guidare il paese, ma capire se
il Regno Unito vuole uscire dall’Unione europea
in base ai termini concordati. Nel 2016 i britan-
nici hanno avviato questo processo con un refe-
rendum. Ora, secondo logica, la decisione su
come procedere dovrebbe essere presa con un
altro referendum, con un quesito chiaro e ine-
quivocabile.
Le elezioni generali, in questo senso, non ser-
vono. Il risultato non sarebbe né vincolante né
decisivo. La polarizzazione della politica britan-
nica ha distorto tutto, e la Brexit è ancora il tema
più importante per entrambi gli schieramenti.
Ma molti elettori danno la precedenza ad altre
questioni, e il modo in cui queste influenzeranno
il voto è difficile da prevedere. La situazione è
ulteriormente complicata dalla tempistica. Le
serate buie e fredde non sono l’ideale per fare
campagna elettorale, e al momento non è chiaro
quali partiti potrebbero esserne avvantaggiati.
Se, come sembra, le elezioni dovessero essere
particolarmente combattute, questo fattore po-
trebbe rivelarsi decisivo.
La strategia di Boris Johnson è già stata collau-
data dalla premier precedente, Theresa May, con
risultati discutibili. Anche lei pensava che il suo
accordo sulla Brexit non avrebbe superato la pro-
va del parlamento, così si è rivolta agli elettori per
ottenere un mandato chiaro e ha fallito in modo
spettacolare. Johnson sembra molto più abile di
May in campagna elettorale, ma nessuno può es-
sere certo di come se la caverà. Il leader laburista
Jeremy Corbyn è chiaramente a suo agio quando
si rivolge a una folla. Ma, a differenza dal 2017, ora
è una figura nota, e i suoi difetti sono ormai visibi-
li. La sua posizione ambigua sulla Brexit ha fun-
zionato nel 2017, ma la sua versione attuale non
sembra attirare molti consensi.
Le elezioni del 2019, insomma, saranno una
faccenda complicata. I due partiti principali non
sono del tutto onesti con i loro elettori a proposi-
to della Brexit. Il voto potrebbe non risolvere
molto, e probabilmente il purgatorio della Brexit
ricomincerà da dove lo avevamo lasciato. Quan-
do il paese siederà a tavola per la cena di Natale
non avrà le idee più chiare sul suo futuro di quan-
to le abbia oggi. u as
Brexit, le elezioni non bastano
The Independent, Regno Unito
La fine di Al Baghdadi
Laurent Joffrin, Libération, Francia
Sarebbe stato meglio un comunicato più sobrio.
Come è sua abitudine, Donald Trump ha trovato
un modo eccessivo per annunciare la morte del
terrorista più ricercato del mondo, Abu Bakr al
Baghdadi, capo quasi invisibile della rete di assas-
sini che si è autoproclamata Stato islamico. La
scomparsa di questo criminale è comunque un
grande successo per le forze speciali statunitensi,
sostenute da vari stati della regione.
“È morto come un cane”, ha annunciato
Trump, aggiungendo: “Era un vigliacco”. È chia-
ro che l’obiettivo è distruggere l’immagine d’in-
trepido combattente che i jihadisti vogliono dare
di Al Baghdadi. Ma stando a Trump, Al Baghdadi
si sarebbe suicidato con una cintura esplosiva, il
che evoca più che altro il comportamento di un
fanatico. Soprattutto se si pensa che insieme al
leader dell’Is sarebbero morti anche tre bambini,
a conferma della sinistra disumanità dei grandi
sacerdoti della violenza oscurantista.
Altro paradosso: Trump ha dovuto ringraziare
anche le forze curde, che hanno partecipato alla
caccia all’uomo. Non hanno partecipato allo sbar-
co in Normandia, come aveva detto sarcastica-
mente il presidente. Ma dopo averle abbandona-
te, gli Stati Uniti devono ammettere che il loro
contributo alla causa comune era prezioso. Sareb-
be giusto ricordarsene nelle prossime fasi delle
operazioni, che restano complicate.
Indebolito, senza il suo capo, cacciato dal suo
territorio, il gruppo Stato islamico non è ancora
morto e sepolto. Bisogna sempre temere, come
alla fine di ogni tempesta, i colpi di coda di un ter-
rorismo indebolito ma ancora attivo. In ogni caso,
non è il momento migliore per ritirare le forze oc-
cidentali dalla regione. u ff
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