la Repubblica - 09.11.2019

(Brent) #1
avrei potuto fare rispetto a quello
che ho fatto? Perché non puoi agi-
re diversamente. Anche se la tua fa-
miglia sta in pena, sono comunque
orgogliosi di te. Così come lo sono,
qui, i tuoi amici turchi.
RS: Grazie. Ti chiedo questo: io
sono convinto che tu sia un grande
scrittore al di là della tua condan-
na. Ti sei sentito a volte costretto
nel ruolo di simbolo? E avresti volu-
to che parlassero soltanto le tue pa-
role?
AA: È una domanda giusta, qua-
si dolorosa. Tutto quello che uno
scrittore fa di diverso dallo scrive-
re è un tradimento dell’essere scrit-
tori. Non lo si dovrebbe mai fare.
Però la gente soffre. E allora tu sei
davanti a un dilemma: proteggere
la tua professione, o proteggere
quelle persone che sono silenzio-
se, senza voce e non hanno mezzi?
Io ho cercato di fare tutte e due le
cose. E tuttavia penso di avere com-
messo un crimine contro il mio me-
stiere, cioè contro il fatto di essere
uno scrittore.
RS: La letteratura cosa può fare
davvero? Io ci credo profondamen-
te, quasi come in una religione.
AA: La letteratura è una cosa co-
sì forte, che non ha bisogno di fare
niente. La letteratura è la mano su
questa terra di un Dio che non esi-
ste. Ha un potere imparagonabile.
Le cose della vita, le stesse trage-
die, sono momentanee. La lettera-
tura non lo è. Il tempo è il peggior
nemico delle persone. E l’arma mi-
gliore che la gente ha per combat-
tere il tempo, per superarlo, è la let-
teratura. Di Omero non ti ricordi i
politici, i soldati, i combattenti, ma
ricordi Omero. Ricordi loro solo
perché lui li ha raccontati. Un esse-
re umano creato da Dio può vivere
per circa 80 anni. Ma un personag-
gio creato dalla letteratura vive
per sempre. Shakespeare, creato
da Dio, non ha vissuto a lungo. Pe-
rò Amleto creato da Shakespeare
vivrà per sempre. Per questa ragio-
ne penso che Dio sia geloso degli
scrittori. A parte, ovviamente, di

tutto quello che sta succedendo a
noi.
RS: Nel mio Paese il fango con-
tro di me è quotidiano. Dicono che
copio i miei libri, che ho un attico a
Manhattan, che vengo pagato da
Soros, che il Mossad mi protegge...
Tu come sei stato delegittimato?
AA: Fa parte della strategia psi-
cologica che usano contro gli scrit-
tori. Non possono attaccare la paro-
la, e attaccano l’autore. Però, que-
sto non diminuisce il valore dei
suoi libri. La parola scritta è più im-
portante dello scrittore. Le tue pa-
role scritte ti proteggono. Non im-
porta se sei l’uomo peggiore del
mondo, l’importante è che i tuoi
scritti siano buoni. Conosciamo
molti autori in letteratura che sono
brutti tipi, però sono grandi autori.
RS: Secondo te l’Europa ha per-
so una grande occasione non facen-
do entrare la Turchia al suo inter-
no? Avrebbe potuto evitare questa
deriva autoritaria?
AA: Sarebbe stata davvero una
grande opportunità per entrambe
le parti. Se tutti e due le parti aves-
sero agito in modo saggio, oggi non
avremmo queste guerre in Medio
Oriente, e l’Europa sarebbe più for-
te nei confronti di Stati Uniti e Rus-
sia. Ci siamo arrivati vicino fra il
2000 e il 2010. Se fosse stata am-
messa allora, ora vivremmo in un
mondo migliore.
RS: Il rischio che l’Italia si trasfor-
mi in un regime autoritario è sem-
pre più reale, purtroppo. La Tur-
chia arriva ad arrestare oppositori
perché Erdogan è convinto di riu-
scire a manipolare l’opinione pub-
blica. In Italia la strategia di Matteo
Salvini di indossare la divisa, e di
delegittimare gli intellettuali co-
me fossero nullafacenti, è la stessa.
Salman Rushdie dice che gli scritto-
ri sono importanti per i regimi, al-
trimenti non cercherebbero di de-
legittimarli. Per te cosa fa più pau-
ra di tutto ai regimi?
AA: I regimi sono molto pericolo-
si per gli scrittori, però rappresen-
tano anche una grande opportuni-
tà. Perché, al buio, una piccola can-
dela la vedono tutti. Un fiammifero
illumina più di un proiettore. Ecco
perché vogliono spegnere la tua
fiamma. Eppure con quella cande-
la puoi mostrare a tutto il mondo
cosa sta succedendo in quella stan-
za. Questo fa infuriare i regimi.
RS: In questo periodo qual è sta-
to il tuo momento più difficile?
AA: Quando hanno arrestato
mio fratello. E quando ho visto
piangere mia figlia, lei non lo fa
mai. Queste due cose mi hanno feri-
to. Per quanto mi riguarda, sono ca-
pace di proteggere me stesso.
RS: In cella quanti eravate? E tra
voi eravate amici?
AA: In tre. Sì, molto. Per un ragaz-
zo, in particolare, ero come un pa-
dre. Sento il dolore di averlo lascia-
to lì. Uscire fuori di prigione non è
necessariamente un momento gio-
ioso, perché sai che ci sono miglia-
ia di innocenti ancora dietro le
sbarre. Questo mi fa soffrire, mi di-
strugge.
RS: Tu però non sembri serbare
rancore. Io nella mia città vengo
considerato da alcuni un nemico.
Tu sembri senza odio. Come fai?
AA: Diventando vecchio. Ero co-
me te. E tu diventerai come me.

uando, il 17 giu-
gno 1944, poco do-
po lo sbarco in
Normandia,
Louis-Ferdinand
Destouches, me-
glio noto come
Céline, e su cui grava l’accusa di col-
laborazionismo per i famigerati pam-
phlet antisemiti, si prepara a fuggire
dalla sua casa a Montmartre verso la
Danimarca, non dimentica di porta-
re con sé due capsule di cianuro. Lu-
cette Almansor, diventata Madame
Destouches nel febbraio del ’43, infi-
lerà invece nel bagaglio due nacche-
re, fondamentali per esercitarsi alla
danza di carattere ovunque il caso li
avesse condotti. In queste piccole
conchiglie di legno, nella fiducia nel-
la danza, nella grazia aerea del pro-
prio gesto, è riassunto il ruolo di com-
plicità e ispirazione che Lucette rive-
stì per lo scrittore: dall’incontro, nel
1935 – lei ballerina alla scuola di Ma-
dame Alessandri, lui autore del Viag-
gio al termine della notte – alla scom-
parsa di Céline, nel 1961, e per il tem-
po successivo, fino alla morte, so-
praggiunta ieri a 107 anni a Meudon,
vicino a Parigi, nella casa in cui la
coppia aveva vissuto. Alla vedova
più longeva, indipendente e fedele

della storia della letteratura, il desti-
no ha riservato una lunghissima e da
lei imprevista sopravvivenza (sulla
propria tomba accanto a quella del
marito, aveva fatto incidere “Lucie
Destouches, néé Almansor 1912-19...”
); quasi un risarcimento dopo i 25 deli-
ranti e spericolati anni vissuti a fian-
co di Céline. Un tempo che lei ha ado-
perato per tutelare un’eredità e una
fama controversa.
Nata nel quinto arrondissement
parigino, figlia di un normanno (co-
me il marito), cresciuta con una scim-
mia per animale di compagnia, entra-
ta al conservatorio di danza a quattor-
dici anni, a 23 conosce Céline, che ne
aveva 41 e aveva già sposato la balleri-
na Suzanne Nebout, l’illustratrice Éd-
ith Follet, da cui aveva avuto l’unica
figlia, Colette, e coltivato passioni
per altre “colleghe” di sbarra, tra cui
la ballerina americana Elizabeth
Craig, cui è dedicato il Voyage. L’ini-
zio della relazione con Céline è con-
trassegnato da violente controversie.
Nel 1936 Céline pubblica Mea culpa,
l’anno dopo Bagatelle per un massa-
cro seguito da La scuola dei cadaveri.
È l’epoca dei pamphlet, dell’ossessio-
ne antisemita e delle accuse gridate
contro sinistra, chiesa, Pétain e l’uni-
verso ma anche di un pacifismo visce-

rale, il sogno delirante di salvare l’u-
manità da un’altra guerra. Lucette vi-
ve con lui in rue Girardon gli anni
dell’Occupazione nazista; i sospetti
di collaborazionismo nei confronti
del marito, poi la fuga, insieme all’at-
tore Robert Le Vigan e al gatto Béb-
ert nascosto nella borsetta, gettando-
si senza esitazione in sette anni d’esi-
lio.
Da Baden-Baden al castello di Sig-
maringen, attraverso la Germania in
fiamme (episodi trasposti da Céline
nella straordinaria trilogia Da un ca-
stello all’altro, Nord e Rigodon), verso
la Danimarca dove, prima della guer-
ra, Céline aveva nascosto dell’oro. Lu-
cette vive lì sei inverni terribili, ha ac-
canto a sé un uomo ferito, rancoroso
e spaventato di finire come altri auto-
ri collaborazionisti. Condannato in
contumacia e all’indegnità naziona-
le, poi amnistiato, nel luglio del 1951
torna in Francia. Lucette ha vissuto
gli ultimi anni del genio e del furore
dello scrittore, una quarantena ama-
ra alleviata dal successo della trilo-
gia del Nord e dei romanzi più lievi
composti sotto le bombe, in prigio-
ne, al confino, Pantomima per un’al-
tra volta e Normance, e dal tardivo ri-
conoscimento come il più grande in-
novatore della lingua francese dopo
Rabelais.
Di Lucette, Céline ha scritto che
era «un piccolo angelo di fedeltà e ge-
nio», è l’amata Lili della trilogia. Dan-
zatrice, incarnava tutto ciò che per
Céline contasse: una poesia di onde.
In lei vedeva l’incantesimo (féérie) ,
che lui tentava di trasportare nello
stile, antidoto alla pesantezza degli
uomini. Dopo la scomparsa dello
scrittore in un’intervista del 1965, Lu-
cette disse che «la vita non le interes-
sava più. È come se con lui avessi nuo-
tato in un fiume puro e trasparente,
per ritrovarmi in un’acqua sporca,
fangosa».
Lucette ha avuto l’accortezza di
scegliere l’aiuto dell’avvocato Fra-
nçois Gibault, céliniano e autore di
una biografia in tre volumi. In questi
decenni, rannicchiata sul divano,
con i collant da danza e un turbante
rosa sui capelli, la vedova ha riunito,
ogni domenica sera, un cenacolo fe-
dele ed eterogeneo di estimatori e
amici: Arletty, Marcel Aymé, Michel
Simon, Aznavour, Carla Bruni, il cal-
ciatore Dominique Rocheteau...
Insegnante di danza fino a 85 anni,
Lucette è tornata alle cronache nel
2017, quando, per procurarsi i soldi
necessari alle sue cure, ha concesso
a Gallimard il permesso di ristampa-
re i pamphlet antisemiti (contro le di-
sposizioni lasciate dal marito, che lei
fino a quel momento aveva invece
scrupolosamente seguito): il proget-
to fu bloccato per le proteste della co-
munità ebraica.
Nell’intervista citata, aveva detto:
«La danza mi ha salvato dal mondo».
Interpellata sul significato della rela-
zione con Céline, rispose che aveva-
no entrambi protetto l’indipendenza
dell’altro. «Io ho cercato di farlo qua-
si senza esistere». Quand’era in pri-
gione a Copenaghen, Céline scriveva
a Lucette lunghe lettere riconoscen-
ti. Insisteva perché non smettesse di
danzare: «lavora piccola mia, mantie-
ni la grazia eccezionale che hai». E co-
sì è stato, fino al giorno, com’è scritto
nel Viaggio, in cui «non si ha più abba-
stanza musica in sé per far danzare
la vita».

di Michele Neri

La vedova dell’autore del “Viaggio” è morta a 107 anni


L’ultima danza di Lucette


angelo custode di Céline


f


kIn coppia Louis-Ferdinand Céline e Lucette Almansor


La cosa più difficile


è pensare che la mia


situazione la paga


la mia famiglia. Ti sei


mai sentito in colpa


per la tua famiglia?


Io per la mia, molto


g


Il rischio che l’Italia


si trasformi in un


regime è sempre più


reale. La strategia


è delegittimare


gli intellettuali come


fossero nullafacenti


Q


Disobbedì alle volontà dello scrittore


solo quando cercò di pubblicare


i suoi pamphlet antisemiti


. Sabato,9 novembre^2019 Cultura pagina^39

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