la Repubblica - 12.11.2019

(Ron) #1
giornalismo e propaganda online

Web, Repubblica in testa


tra i follower della politica


Boom dei siti di ultradestra


Una ricerca spiega cosa


condividono gli utenti


che seguono i leader


Disinformazione, i due


terzi delle bufale rilanciate


da fan di Salvini e Meloni


All’epoca della Bolognina, il 12
novembre 1989, Claudio Petruccioli
era il coordinatore della segreteria di
Occhetto e visse accanto a lui quella
drammatica fase. Che ancora oggi
definisce «una ferita aperta».
Nel suo libro “rendiconto” dove
rievoca quegli anni, sostiene che la
svolta non può essere definita né un
fallimento né un successo. Perché?
«Non può dirsi un successo perché
non si proponeva solo di far fronte al
palese declino del Pci. La creazione
del Pds era, come ho scritto, “la
necessaria premessa di un progetto
che non riguardava solo il Pci, ma la
sinistra tutta e tutto il riformismo”.
Ma non si può parlare neanche di
fallimento: basta immaginare che
fine avrebbe fatto la forza raccolta nel
nostro partito senza la Bolognina».
Emanuele Macaluso, su
Repubblica, sostiene che quel 12
novembre “furono poste le
premesse per la fine del più grande
partito comunista d’Europa”.
«Quindi, per lui, se non ci fosse stata
la Bolognina, il Pci poteva andare
tranquillamente avanti in mezzo allo
sfacelo del mondo sovietico. Una tesi
audace».
Come risponde invece all’accusa,
che pure vi è stata mossa, di una
scelta troppo tardiva?
«Ha una sua verità. È vero che il Pci
aveva preso le distanze dal
socialismo reale, non aveva mai rotto.
Potrei fare decine di citazioni, da
Togliatti a Berlinguer, in cui
affermavamo di essere comunisti in
modo diverso. E tuttavia eravamo
comunisti».

Recentemente su Twitter lei ha
scritto che quella svolta è stata
derisa e calpestata. Perché?
«È stato fatto di tutto per metterla tra
parentesi, archiviarla, dimenticarla.
La svolta è stata un inizio che non ha
avuto seguito coerente e compiuto.
Molte domande da cui prendemmo
le mosse, sono ancora senza risposta.
In questo senso è una ferita aperta».
Le modalità però furono
traumatiche. Non è vero che il
partito, i militanti, gli elettori non
erano stati preparati?
«Nell’ottobre dell’89 il partito
comunista ungherese annunciò il
cambio del nome, l’adesione
all’internazionale socialista e
l’adozione del simbolo del garofano,
che guarda caso era quello del Psi
craxiano. Occhetto e Napolitano
tornati da Budapest convocarono
una riunione del gruppo dirigente.
Occhetto fu drastico: se i partiti
comunisti europei si stavano tutti
affrettando a diventare socialisti ,
come lui prevedeva, noi rischiavamo
di essere spazzati via. “Si pone anche
per noi – disse - il problema del nome
e dell’adesione all’internazionale
socialista”. Quella sera non si aprì una
discussione, però era chiaro che
bisognava farlo subito».
Ma il 9 novembre cadde il muro...
«Sì, Occhetto era a Bruxelles col
leader laburista Kinnock. Quando
tornò, era venerdì, andai a prenderlo
all’aeroporto e insistetti perché
facesse un’intervista, perché il
partito era in subbuglio. Ma lui non
volle. Poi domenica verso le quattro
del pomeriggio mi chiamò, mi
raccontò che lì, alla Bolognina, aveva
detto che bisognava “cambiare
tutto”. Anche il nome? gli chiesero.
“Tutto vuol dire tutto” rispose».
Ma perché il giorno dopo l’Unità
non “sparò” la notizia?
«Quella fu un po’ colpa mia, spiegai io
tutto all’Unità, ma lo stesso Occhetto
mi aveva chiesto di non enfatizzare».
Lei dice che la svolta fu
calpestata, ma la maggioranza del
gruppo dirigente la sostenne.
«Sì, ma Occhetto è sempre stato in
minoranza. Perché in quei due terzi
di partito a favore del cambio di
nome un 15% era rappresentato dai
Miglioristi, mentre nel restante 50%
c’erano due modi diversi di vedere la
svolta. D’Alema diceva ad Achille: tu
pensi che nasca chissà che cosa,
invece bisogna farla solo per salvare il
salvabile. Fu un processo profondo e
democratico, non si divisero solo i
vertici e gli iscritti, ma anche gli
elettori. Nei due congressi successivi
due terzi degli iscritti votò a favore,
un terzo contro. Quando poi nel ’92 ci
furono le elezioni due terzi degli
elettori del Pci votò Pds e un terzo per
gli scissionisti di Rifondazione».
Com’è oggi il suo rapporto con
D’Alema?
«Credo di stima reciproca, sia pure
nella distanza. Ma non abbiamo mai
avuto una frequentazione assidua. La
unica volta che andai a pranzo con lui
provò a convincermi che sbagliavo a
sostenere la linea di Occhetto. Alla
fine si congedò dicendomi: “Tu sei
intelligente. Peccato”».

D’Alema provò a


convincermi che


sbagliavo ad


appoggiare Occhetto


Poi si arrese e mi


disse: “Peccato, tu sei


intelligente”


Quali siti italiani di informazione sono più condivisi nell’ultimo mese?


0 50 100 150 200 250 300 350 400 450 500 550

repubblica.it
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Disinformazione

imolaoggi.it

volume delle condivisioni in migliaia

Matteo Salvini Giorgia Meloni

Matteo Renzi Luigi Di Maio Giuseppe Conte

Monica Cirinnà Laura Boldrini Nicola Zingaretti

Grande è la confusione sotto il cielo
dei social quando si discute di politi-
ca. Ma c’è una cosa che sembra uni-
re i sostenitori di Matteo Salvini e di
Matteo Renzi, di Luigi Di Maio e di
Giorgia Meloni: è Repubblica la fon-
te di informazione più condivisa e ri-
lanciata dai follower di tutti gli
schieramenti. Lo afferma una ricer-
ca condotta su Twitter dal 10 otto-
bre al 9 novembre. Usando un soft-
ware molto diffuso per l’analisi del-
le conversazioni social, Matteo Flo-
ra (docente di reputazione online)
ha esaminato tutti i contenuti ritwit-
tati dai follower di otto fra i principa-
li leader politici. Oltre ai quattro già
citati, il presidente del Consiglio
Giuseppe Conte e il segretario del
Pd Nicola Zingaretti a cui sono state
aggiunte due esponenti della sini-
stra molto attive sui social media,
Laura Boldrini e Monica Cirinnà.
Tutti sommati i follower che hanno
postato almeno un tweet nell’ulti-
mo mese costituiscono un campio-
ne di tre milioni e 155 mila utenti. Na-
turalmente qualcuno è follower di
due o più politici, ma questo secon-
do Flora non cambia il senso della ri-
cerca: capire come funziona la mac-
china del consenso online, misurare
il peso di propaganda e disinforma-
zione rispetto alle notizie, e in quale
campo politico si muovono meglio.
Sul fronte delle testate giornalisti-
che, il primato di Repubblica è netto:
con quasi 550 mila condivisioni, il
quotidiano fondato da Scalfari tota-
lizza il doppio delle condivisioni del

sito che si piazza secondo, Ilfatto-
quotidiano. Si tratta di un primato
trasversale, che attraversa i follower
di tutti gli schieramenti: infatti è al
sesto posto fra i seguaci di Salvini, al
quarto fra quelli della Meloni, al ter-
zo fra quelli di Di Maio, al secondo
fra quelli di Conte, Renzi e Boldrini,
e al primo per quelli di Zingaretti.
Gli aspetti sorprendenti però so-
no altri. Intanto il primato assoluto
di YouTube: la piattaforma video di
Google, con un milione e 700 mila
condivisioni in un mese, domina la
conversazione politica totalizzando
quanto le prime cinque testate gior-
nalistiche sommate assieme. Su You-
Tube c’è di tutto: informazione, pro-
paganda, eventi e anche una dose di
fake news ed hate speech, fenomeni
contro cui Google da un po’ si sta
muovendo con maggiore fermezza.
E questo ci porta al cuore della ri-
cerca: quanto pesano disinformazio-

ne e propaganda? Sono interessanti
alcuni dati. Il primo è che i siti stra-
nieri di informazione più condivisi
nell’ultimo mese sono Breitbart e Fo-
xNews, capisaldi dell’informazione
sovranista: battono il New York Ti-
mes e il Guardian sfondando il muro
delle centomila condivisioni, gene-
rate dai sostenitori di Salvini (preve-
dibili) e, in misura minore ma non
trascurabile, di Conte. Il secondo da-
to interessante riguarda quel com-
plesso di siti alternativi che a volte
non sono testate giornalistiche ma
che svolgono lo stesso una funzione
nel mondo delle news: il primo po-
sto va a thegatewaypundit, il sito
dell’estrema destra americana (cir-
ca 120 mila retweet), seguito fra gli
altri, da Russia Today e Sputnik
News. In questa galassia si muovono
i follower di un solo leader: Salvini.
Diverso il discorso per i siti noto-
riamente impegnati a diffondere no-
tizie false con lo scopo di diffondere
razzismo e xenofobia. Viene fuori
che un po’ di questa “spazzatura” è
rilanciata (forse anche per stigmatiz-
zarla, come è probabile) persino dai
follower di Zingaretti e Renzi. Ma i
numeri sono numeri: i follower di
Salvini e della Meloni, secondo Flo-
ra, sarebbero responsabili di rilan-
ciare oltre due terzi delle bufale.
Quanto pesa complessivamente la
disinformazione? In un mese gene-
ra circa 350 mila condivisioni. Molto
ma molto di più di quanto ottengo-
no i siti della gran parte delle testate
giornalistiche.

Trent’anni fa la Bolognina


Petruccioli


“Io, Occhetto, il Pci


e quella svolta


rimasta incompiuta”


dirigente pci
claudio
petruccioli, 78
anni

di Riccardo Luna

Su Repubblica


Elaborazione di Matteo Flora su dati Brandwatch / Analisi dei contenuti pubbblicati dai follower di 8 personaggi politici, nei 30 giorni precedenti al 9/11/

di Lavinia Rivara

kL’intervista il 3 novembre
Achille Ochetto aveva
ricordato quei giorni di 30 anni
fa con la svolta della Bolognina

f


g


pagina. (^12) Politica Martedì, 12 novembre 2019

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