la Repubblica - 28.10.2019

(Ben Green) #1
di Ettore Livini

Milano - Bernard Arnault, il secon-
do uomo più ricco del mondo, prova
ad aggiungere i diamanti più famosi
del pianeta alla sua collezione di
marchi del lusso e si auto-invita a co-
lazione da Tiffany. Il numero uno di
Lvmh ha presentato, secondo indi-
screzioni, un assegno da 14,2 miliar-
di di dollari (13 miliardi di euro) per
acquistare la storica gioielleria ame-
ricana. Il cda di Tiffany sembra in-
tenzionato a rispedire l’offerta al
mittente, in tempi molto stetti. Ma il
“no” del management serve solo a
rinviare il redde rationem: i 120 dolla-
ri ad azione offerti dal gruppo fran-
cese (il 22% in più della chiusura di
venerdì a Wall Street) sono una bel-
la tentazione per i soci del gruppo. E
la mossa di Arnault è con ogni proba-
bilità solo il primo atto dell’asta mi-
liardaria per la conquista dell’impe-
ro fondato nel 1837 - allora era una
piccola cartoleria - da Charles Lewis
Tiffany. Una partita dalla trama an-
cora tutta da scrivere, dove potreb-
bero entrare in campo altri colossi
del lusso mondiale.
Il boccone, in un mercato dove i
brand di successo valgono oro, è ap-
petitoso. E le avances di Arnault
sull’asse Parigi-New York hanno il sa-
pere della nemesi storica: le fortune
di Tiffany sono iniziate grazie alla
Francia a metà ‘800, quando sugli
scaffali del primo negozio di Broad-
way, tra inchiostro e quaderni, l’in-
traprendente Charles ha iniziato a
esporre i primi gioielli. Non pezzi
qualsiasi, ma i braccialetti, le raffina-
te collane e le spille comprate a Pari-
gi a prezzi da saldo dall’aristocrazia
francese. Costretta a mettere all’a-
sta i beni di famiglia per la fine della
monarchia. Il passaparola ha trasfor-
mato le vetrine a Lower Manhattan
in luogo di culto per i primi ricchi
newyorchesi, la stampa della Gran-
de mela ha incoronato Charles “Re
dei diamanti”. Così, la coda di perso-
ne in attesa di ammirare i preziosi in
vetrina l’ha convinto a mollare per

sempre gli articoli scolastici per de-
dicarsi solo alle pietre preziose.
La scelta si è rivelata subito giu-
sta. Il fondatore aveva fiuto e passio-
ne. Sommati a un insospettabile
(per l’epoca) senso del marketing:
ha scelto un colore-simbolo, l’incon-
fondibile blue Tiffany, per la coperti-
na del catalogo aziendale – il mitico
Blue Book stampato dal 1848 – e per
le confezioni-regalo dei gioielli. Nel
1878, un po’ per farsi pubblicità ma
molto per pura passione, si è svena-
to per regalarsi il “Yellow Diamond”,
quella pietra da 287 carati che è
esposta ancora oggi in una teca di
vetro nel negozio della Fifth Ave-

nue. Poi ha messo le mani sui gioielli
della corona francese. E nel 1886 ha
fatto definitivamente bingo, lancian-
do i Tiffany setting, quegli anelli di fi-
danzamento che hanno fatto sospi-
rare ed emozionare una decina di ge-
nerazioni di donne nel mondo.
Da allora per il gruppo è stata una
cavalcata dorata. Ha fatto grandi af-
fari nell’era dell’art decò, è sbarcato
all’estero diventando una calamita
per i migliori tagliatori di pietre e i
più geniali disegnatori di braccialet-
ti e collier. Nel 1940 è stato aperto l’i-
conico negozio della Fifth Avenue,
sorvegliato da un gigantesco Atlan-
te alto tre metri. Un po’ macchina da

soldi (ancora oggi rappresenta il
10% degli incassi), un po’ luogo di
pellegrinaggio per milioni di curiosi
che si accontentano – causa prezzi
inaccessibili - di sbirciare lo splendo-
re dei diamanti in vetrina. L’effetto
sul buon umore, anche senza stacca-
re assegni, pare assicurato: «Quan-
do ho paura e non so perché, salto
su un taxi, corro lì e mi calmo subito.
Lì non può succedere niente di ma-
le», garantisce Audrey Hepburn in
“Colazione da Tiffany”, il film del
1961 tratto dal romanzo di Truman
Capote.
Con il senno di poi un po’ si sba-
gliava. Le leggi dell’economia sono
impietose. Il gusto e la bellezza da
soli non bastano a far utili e negli ul-
timi anni la stella del gruppo ha per-
so un po’ del suo splendore. La diver-
sificazione verso le fasce più basse
del mercato per conquistare i millen-
nials non ha funzionato. La scelta di
mettere in vetrina argenteria e cion-
doli a fianco dei collier di diamanti
con prezzi a sei zeri è stata un flop.
Come quella – un boomerang - di affi-
dare a Lady Gaga il ruolo di testimo-
nial di un marchio incarnato per tut-
ti dall’elegantissima immagine del-
la Hepburn ferma – con tubino nero
Givenchy e croissant in mano – di
fronte alle vetrine della Fifth Ave-
nue. Tra il 2015 e il 2017 la società ha
cambiato due amministratori dele-
gati. Poi è arrivato al vertice l’italia-
no Alessandro Bogliolo con un pia-
no di rilancio che sembra funziona-
re. I titoli hanno raddoppiato di valo-
re prima di perdere un po’ di terre-
no nel 2019 causa guerra dei dazi e
l’inciampo su uno spot attaccato da
Pechino perché (dicono in Cina) am-
miccherebbe con simpatia ai mani-
festanti di Honk Kong. Vista la pau-
sa in Borsa, Lvmh ha lanciato il suo
attacco. Ora la battaglia dei diaman-
ti è iniziata. Arnault dovrà probabil-
mente ritoccare all’insù il prezzo
per vincerla. E i gioielli della corona


  • questa volta quelli di Tiffany – po-
    trebbero alla fine riprendere la stra-
    da di Parigi.
    ©RIPRODUZIONE RISERVATA


I personaggi


moda & finanza

Quanto piace la colazione da Tiffany


Arnault tenta l’assalto ai gioielli


Il colosso francese Lvmh mette sul tavolo 13 miliardi di euro per la maison americana


Che però è pronta a rifiutarli: ci sottovaluta, non basta un premio del 22 per cento


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Un cane per amico fa bene all’autostima


1 2


Il valore
Tiffany vale in
Borsa 12 miliardi
di dollari, contro
i 245 miliardi di
Lvmh

300


I punti vendita
Tiffany dispone
di 300 negozi
nelle principali
città e località
turistiche

4


Il fatturato
Nell’ultimo
bilancio, Tiffany
ha dichiarato
4 miliardi di
ricavi

100


Per gli uomini
Tiffany ha
lanciato una
linea maschile:
100 oggetti,
con prezzi da
200 a 15 mila
dollari

I numeri


Bernard
Arnault
Partito da una
attività
immobiliare in
campo turistico,
ha creato un
impero globale
del lusso
ed è attivo
nel campo
dell’arte con la
Fondazione
Louis Vuitton

jIl mito Hepburn
La gioielleria Tiffany
ha conosciuto la
consacrazione mondiale
nel 1961 grazie al film,
tratto dall’omonimo
romanzo di Truman
Capote, “Colazione
da Tiffany” con
Audrey Hepburn

Alessandro
Bogliolo
Sotto la sua
guida, Tiffany ha
ritrovato il lustro
che sembrava
aver perduto.
Il manager
italiano è stato
per 16 anni a
Bulgari prima
che fosse
acquistata
proprio da Lvmh

La galassia LVMH


Ardbeg

(I principali marchi controllati)

Château D’Yquem

Hennessy

Krug

Moët et Chandon
(incluso
Dom Pérignon)

Veuve Clicquot

Vini e alcolici

Bulgari

De Beers Diamond
Jewellers

Dior Watches

TAG Heuer

Hublot

Orologi
e gioielli
Dior
Louis Vuitton

Fendi

Céline

Donna Karan

Emilio Pucci

Givenchy

Kenzo

Loewe

Marc Jacobs

Bulgari

Loro Piana

Prodotti
di moda
Sephora

Distribuzione

Parfums
Christian Dior
Guerlain

Parfum Givenchy

Kenzo Parfums

Acqua di Parma

Parfums Bulgari

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. Lunedì,^28 ottobre^2019 Cronaca pagina^21

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