Una ventina di curdi si nasconde in
un fitto oliveto. Hanno sentito il ru-
more di un elicottero e sono convin-
ti che le chiome degli alberi li rende-
ranno invisibili. Invece il visore in-
frarossi “spoglia” gli ulivi e indivi-
dua le sagome delle persone. Non si
sa se siano uomini o donne, civili o
miliziani. I piloti turchi li uccidono
uno dopo l’altro, inseguendo quelli
che cercano di scappare. Sparano
un centinaio di proiettili, commen-
tando la carneficina con grida di giu-
bilo e mimando il suono delle raffi-
che: “Ta-ta-ta-ta”. Lentamente conti-
nuano a seminare pallottole, finché
a terra non c’è più traccia di vita.
Il filmato è stato girato nel febbra-
io 2018 durante la prima offensiva
contro i curdi in Siria. E permette di
capire quanto siano importanti per
la Turchia gli elicotteri costruiti gra-
zie all’Italia. Di tutto l’arsenale in ma-
no a Erdogan, quei velivoli progetta-
ti dal gruppo Leonardo sono l’unica
arma insostituibile. Il Sultano ha
centinaia di carri armati, cannoni e
cacciabombardieri, ma possiede so-
lo una quarantina di elicotteri da
combattimento Mangusta. Che oggi
coprono l’avanzata delle sue colon-
ne verso Kobane, proteggendole dal
rischio di imboscate con la loro su-
premazia tecnologica.
Per Ankara sono “un orgoglio na-
zionale”: i primi interamente pro-
dotti in patria. Erdogan ha benedet-
to l’inaugurazione della fabbrica e il
volo d’esordio. In realtà si tratta di
creazioni del made in Italy: la versio-
ne avanzata dell’Agusta A129 Man-
gusta, che i nostri militari hanno
usato in Somalia, Iraq e Afghani-
stan. Sono macchine micidiali. Pic-
cole, veloci, robuste ma zeppe di ap-
parati hi-tech. Scoprono gli obiettivi
con un radar e un sistema infrarossi,
a cui non sfugge nulla neppure di
notte, nemmeno nei boschi. Hanno
una torretta con un cannone a tre
canne rotanti: per puntarlo basta
che il pilota guardi il bersaglio, l’ar-
ma segue il suo occhio e spara 500
colpi in meno di un secondo. Posso-
no lanciare 76 razzi che trasforma-
no il terreno in un inferno. O guida-
re missili che sbriciolano i bunker.
Cabina, motori e trasmissioni sono
blindati – un Mangusta italiano in Af-
ghanistan ha incassato cento pallot-
tole senza problemi – e c’è un conge-
gno per deviare i rari missili ter-
ra-aria dei guerriglieri. Per i curdi
fermarli è quasi impossibile.
Chissà se il governo Conte ha uno
strumento legale per impedire che
questi Mangusta continuino a fare
strage. Se troverà il modo di tronca-
re i rapporti tra un’azienda statale
come Leonardo e un Paese che si sta
macchiando di crimini gravissimi.
“Leonardo - precisa la società - ope-
ra nel rispetto delle normative nazio-
nali, europee, internazionali e Nato
sull’esportazione militare. Nel caso
di evoluzioni del quadro normativo,
Leonardo naturalmente si adeguerà
alle nuove direttive nazionali”.
Il contratto per i Mangusta risale
al 2007, quando la Turchia era anco-
ra a un passo dall’entrare in Europa.
Erdogan non voleva comprare degli
elicotteri: chiedeva tutto quello che
serviva per costruirli. E per questo
ha pagato una cifra enorme: Finmec-
canica ha ottenuto un miliardo e 79
milioni soltanto per la licenza, l’assi-
stenza e i prototipi. Altri 300 milioni
sono stati sborsati nel 2010 per una
fornitura rapida di nove Mangusta.
Un affare d’oro, senza badare alle im-
plicazioni umanitarie.
Era chiara la destinazione di que-
ste armi: distruggere i curdi del Pkk,
che continuavano la resistenza in
nome di Abdullah Ocalan, detenuto
dal 1999 proprio dopo l’espulsione
da Roma. I vecchi elicotteri america-
ni Cobra erano minacciati dalle san-
zioni di Washington, invece produ-
cendoli in casa non ci sarebbe stato
più il rischio di restare senza ricam-
bi. In più il contratto con Finmecca-
nica consentiva il salto di qualità
nell’industria aeronautica, con i tec-
nici italiani che avrebbero insegna-
to tutto: una sfida per cui Ankara ha
messo sul tavolo oltre tre miliardi.
Non è stato semplice. Ma – come
ha dichiarato Erdogan – “abbiamo
superato gli ostacoli, realizzando gli
elicotteri che pattugliano orgoglio-
samente i nostri cieli”. Il contratto
prevede di costruirne 52, più un’op-
zione per altri 41: questi ultimi desti-
nati ai reparti del ministero dell’In-
terno, ossia i giannizzeri del regime.
Attualmente ne sono in servizio cir-
ca 40, tutti impegnati in prima li-
nea. E quasi completamente dotati
di apparati made in Turkey, anche
se Leonardo riceve una somma per
ogni esemplare.
L’esordio in battaglia risale al
2015: due di questi velivoli – che i tur-
chi chiamano Atak – hanno assalta-
to una base del Pkk. La prova genera-
le di quello che è accaduto nel gen-
naio 2018 con la prima invasione del-
la Siria. Coppie di Mangusta spiana-
vano la strada a cannonate. Il 10 feb-
braio i curdi per la prima e unica vol-
ta sono riusciti ad abbatterne uno.
Immediata la reazione di Erdogan:
«Possono distruggerci un elicottero
ma per questo pagheranno un prez-
zo molto più alto». Un’altra confer-
ma di quanto il Sultano tenga ai Man-
gusta, che noi continuiamo a per-
mettergli di costruire.
di Annalisa Cuzzocrea
Fabio Tonacci
ROMA — Tutta l’inconsistenza di
un embargo non retroattivo con la
Turchia transiterà nelle prossime
ore lungo via Affile, periferia di Ro-
ma. Avrà la forma di un cannone
automatico Oerlikon da 25 mm,
600 colpi al minuto, installabile su
navi da guerra e carri armati, diret-
to ad Ankara.
In via Affile, tra i capannoni del-
la zona industriale di Settecamini,
ha sede la Rheinmetall spa, con-
trollata italiana del colosso tede-
sco degli armamenti Rehinmetall
Defence. Stando alle carte che Re -
pubblica ha potuto visionare, la so-
cietà italiana ha ricevuto nel mag-
gio del 2016 un ordine per 12 canno-
ni Oerlikon dalla Aselsan Elektro-
nic, fornitrice delle forze armate
turche. Valore: due milioni e mez-
zo di euro. Il contratto è stato ap-
provato tre anni fa dalla Farnesi-
na, e in particolare dall’Unità per
le autorizzazioni dei materiali di
armamento da cui passano tutte le
esportazioni di questo tipo. A
quanto risulta, la Rheinmetall Ita-
lia ne ha già consegnati uno nel
2017, cinque nel 2018, due nel mar-
zo scorso, e adesso, con la fretta im-
posta dall’ipotesi embargo in di-
scussione al governo, punta a spe-
dire un altro cannone a breve. Il
pacco è pronto in sede, misura più
di due metri di lunghezza. Già oggi
potrebbe essere spostato, messo
su un furgone e portato via, con
una scorta armata.
Come detto, è tutto regolare. Ma
questa spedizione è anche l’esem-
pio plastico di come un embargo
non retroattivo sulle forniture di
armi alla Turchia sia completa-
mente inutile. I quattro Oerlikon
ancora da consegnare, infatti, so-
no stati ordinati tre anni fa, quindi
sfuggirebbero a un eventuale
“stop solo alle nuove licenze”, ini-
zialmente proposto il ministro de-
gli Esteri Luigi Di Maio. Anche per-
ché nel solo 2016 la Farnesina ha
concesso 75 licenze per vendere ar-
mi alla Turchia, con un valore tota-
le dell’export di 133 milioni di eu-
ro. Quanti di quei siluri, razzi, mis-
sili e accessori sono stati già spedi-
ti? Quante armi di calibro superio-
re a 12,7 mm (una delle categorie
delle licenze) sono ancora da con-
segnare all’esercito turco? E anco-
ra, quanti esplosivi e quanti com-
bustibili militari prenderanno il vo-
lo nei prossimi giorni verso Anka-
ra, se l’embargo italiano ed euro-
peo non sarà valido per i contratti
già in essere?
«Se a fine 2019 e dopo l’inizio
dell’invasione della Siria — osserva
Francesco Vignarca, della Rete di-
sarmo — si stanno ancora portan-
do in Turchia armamenti autoriz-
zati nel 2016 allora abbiamo ragio-
ne: è fondamentale che anche do-
po il rilascio di una licenza conti-
nui il monitoraggio. Inoltre è chia-
ro come un embargo efficace deb-
ba comprendere anche i vecchi
contratti, altrimenti le consegne
potrebbero andare avanti per anni
e l’annunciato decreto avrebbe so-
lo una valenza politica».
Per il governo, però, si pone un
problema che non è solo di natura
politica. Nel 2017 le aziende italia-
ne del comparto hanno avuto li-
cenze per commesse dalla Turchia
per per 265 milioni, nel 2018 per
362 milioni, nei primi sei mesi del
2019, secondo l’Istat, sono state tra-
sferite munizioni e armi per 46 mi-
lioni di euro. Mezzo miliardo di eu-
ro negli ultimi tre anni. Ha il gover-
no Conte la forza di tagliare, o an-
che solo limitare, entrate così so-
stanziose per l’industria militare?
Una fornitura da 2.5 milioni di euro
Il cannone da 600 colpi al minuto
in partenza da Roma verso Ankara
La storia
I micidiali elicotteri made in Italy
il vero orgoglio del Sultano
pilota e co-pilota/artigliere
Equipaggio
2 turboshaft LHTEC CTS
Propulsore
Velocità massima 278 km/h
Velocità di crociera 269 km/h
Autonomia 561 km
3,4 m
Altezza
M197 20x102 mm
(500 colpi)
Cannone
tra cui: AGM-114 Hellfire,
BGM-71 TOW, Hydra 70,
Spike-ER, UMTAS, OMTAS
4 piloni per razzi
11,90 metri
Diametro del rotore
13,45 m
Lunghezza
Agusta Westland T129 ATAK
è un elicottero bimotore, con sedile tandem, multi-ruolo
L’elicottero da combattimento “Mangusta”
CARATTERISTICHE GENERALI
PRESTAZIONI ARMAMENTI Eliche 5 pale del
rotore principale
Un appello al Parlamento
europeo e al suo presidente,
David Sassoli, per fermare il
massacro dei curdi. A lanciarlo
dalla Fiera del Libro di
Francoforte, un gruppo di
editori europei e operatori
dell’editoria, come Alessandro
e Giuseppe Laterza (Laterza),
Andrew Franklin (Profile),
Antoine Gallimard (Gallimard).
L’appello può essere
sottoscritto allo stand della
Casa editrice Laterza o inviando
una mail a [email protected]
con nome, cognome, casa
editrice o agenzia editoriale.
Fiera di Francoforte
Dagli editori europei
l’appello per i curdi
di Gianluca Di Feo
Agusta A129 Mangusta
è il nome dei bimotori
acquistati da Erdogan
Costruiti in Turchia su
licenza della Leonardo
italiana, oggi guidano
l’offensiva in Siria
kL’arma alle forze turche
Il cannone automatico Oerlikon della
italiana Rheinmetall montato su un
carro armato, dal sito della Aselsan
. Mercoledì,^16 ottobre^2019 Mondo pagina^13