L\'Espresso - 20.10.2019

(Steven Felgate) #1
A

mo il basket, lo amo
sin da quando ero
bambino: Nando Gen-
tile è stata forse la mia
prima vera passione
sportiva. Guardavamo al genio di
Maradona con ammirazione, ma
dalle mie parti era nei campioni
della Juve Caserta che ci immede-
simavamo. Era come loro che vole-
vamo essere: giganti mansueti. La
partite di basket ci sembravano ro-
manzi avvincenti, incredibili a vol-
te interminabili. Sentivamo la sof-
ferenza nella nostra carne, viveva-
mo minuti e secondi con le lacrime
agli occhi e tutto si scioglieva, alla
ine, con le strette di mano in cam-
po. Con il dolore per la sconitta
consolato dagli avversari vincenti.
La passione per il basket non mi ha
mai lasciato e su Facebook seguo
una pagina che chi ama il basket
conosce, si chiama “La giornata
tipo”. Chi gestisce la pagina spesso
pubblica post bellissimi, ma ce n’è
uno che voglio segnalarvi perché
racconta una storia che dovete co-
noscere, una storia che ci riguarda,
e che riguarda anche chi non hai
mai visto una partita di basket.

Con l’inizio dell’ofensiva turca
nel nord della Siria contro i civili
curdi, hanno fatto notizia i calcia-
tori turchi che hanno preso le parti
di Erdogan. Ci siamo indignati per
l’appoggio a un’azione di una vio-
lenza inaccettabile, inaudita; una
violenza che in Turchia nessuno

può chiamare guerra, ma che bi-
sogna chiamare per forza “opera-
zione fonte di pace” e nessuno può
criticarla senza pagarne le conse-
guenze.

Quello che voglio raccontarvi
qui è il costo della dissidenza. Un
costo altissimo che non tutti rie-
scono a sopportare. E, a dirla tutta,
che non sarebbe nemmeno umano
e giusto sopportare da solo. I dis-
sidenti sono persone che spesso ci
fanno sentire meglio, non miglio-
ri; sono persone che sulle proprie
spalle caricano un peso che non
riesce a essere equamente distri-
buito, e che quindi tocca solo a
loro sopportare. Spesso leggiamo
le loro storie con un misto di com-
mozione e ammirazione, spesso
pensiamo di essere fortunati a non
dover prendere posizione come
fanno loro, senza capire che stiamo
perdendo la nostra occasione, l’oc-
casione che abbiamo noi, qui e ora,
per alleggerire chi difende diritti
che qualcuno non pensa nemmeno
possano esistere o servire. Si parte
dalle libertà degli altri, per arrivare
alle proprie, ma è un concetto nien-
te afatto immediato o automatico.

La pagina Facebook “La gior-
nata tipo” racconta cosa è acca-
duto al giocatore di basket turco
Enes Kanter negli ultimi 3 anni e
lo racconta come un lungo elenco
di atrocità. Un elenco che cresce
di intensità e che racconta accadi-

L’antitaliano

menti che non sembrano apparte-
nere a questa terra per il solo fatto
che sono profondamente ingiusti.
Il post inizia così: «Il 17 luglio 2016,
dopo il fallimento del golpe milita-
re in Turchia, Enes Kanter attacca
il premier turco Erdogan sui social.
La sua vita cambierà per sempre».

Enes Kanter gioca in Nba, nei
Boston Celtics, ha 27 anni e se an-
date sulla voce di Wikipedia che
lo riguarda, leggerete questo: ce-
stista apolide. Lo sapete perché è
apolide? Perché la Turchia gli ha
ritirato il passaporto e ha emesso
contro di lui un mandato di cattu-
ra. Enes Kanter ora è pericoloso
perché ha indossato delle scarpe
con su scritto Freedom e sui social
ha citato Martin Luther King, ma
la persecuzione per lui non inizia
oggi. Dopo il fallito golpe «la poli-
zia fa irruzione nella casa della sua
famiglia a Istanbul, perquisendola
e requisendo tutti gli apparecchi
elettronici, dai cellulari ai compu-
ter. Kanter non avrà più il numero
di telefono di nessun familiare». La
famiglia deve disconoscere Enes
Kanter, molto probabilmente per
sopravvivere: «Enes non potrà più
portare il nostro nome perché lo
sta infangando contro la Turchia.
Con profonda vergogna mi scuso
con il nostro presidente e con tutto
il popolo turco per avere un iglio
del genere», scriverà suo padre in
una lettera a Erdogan.
Una lettera tremenda. Q

Il campione di basket Enes Kanter si è espresso contro Erdogan. Non ha

più passaporto e suo padre ha scritto al dittatore: “Mi vergogno di lui”

Se critichi il Sultano

la famiglia ti rinnega

Illustrazione: Ivan Canu


Roberto Saviano
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