Il Sole 24 Ore Sabato 19 Ottobre 2019 25
.marketing
Comunicazione d’impresa. Una ricerca delle Università Iulm, Leipzig e Leed Beckett rivela che per l’opinione
pubblica i più affidabili quando si parla di brand sono gli esperti esterni: professori universitari e consulenti
Comunicatori, Ceo e marketer:
la sfida della fiducia parte in salita
Fabio Grattagliano
N
ell’era del cosiddetto
Ceo activism, quando i
boss delle aziende bal-
lano sui social (e non
solo) esponendosi in
prima persona, il coro
dei professionisti della comunica-
zione manifesta la solida convinzio-
ne che in molti casi spendere diretta-
mente la figura dell’amministratore
delegato o di altri top manager sia
un’eccellente idea. Corroborata dalla
constatazione che in alcune circo-
stanze, in effetti, produce buoni ri-
sultati. Perché, si dice, generano,
ispirano e godono della fiducia del
pubblico. Ma è davvero così? Ad ali-
mentare un ragionevole dubbio sono
i risultati di una approfondita ricerca
che ha sondato l’opinione pubblica
italiana, inglese e tedesca, in relazio-
ne all’articolato e polimorfo mondo
della comunicazione d’impresa (e
dei professionisti che lo animano)
testandone i livelli di fiducia. Di chi si
fidano gli italiani, gli inglesi e i tede-
schi? E i comunicatori, di chi credono
che l’opinione pubblica abbia fidu-
cia? E il pubblico, che cosa pensa dei
comunicatori e in che cosa crede
possa consistere la loro attività? Do-
mande, risposte, e annesse sorprese,
si devono all’Università Iulm di Mila-
no, alla Leipzig University e alla Leed
Beckett University, con il lavoro
“Trust in communicators”che sarà
pubblicato da Euprera, l’European
relations education and research as-
sociation di Bruxelles.
Veniamo ai risultati. Punto primo:
le uniche figure tra gli advocates alle
quali l’opinione pubblica riconosce
un elevato livello di fiducia sono gli
esperti esterni all’azienda: quando
parlano professori universitari, con-
sulenti, enti di ricerca, per intender-
ci, godono di un % di popolazione
che li ritiene affidabili. Per il resto,
briciole. Compresi i clienti più affe-
zionati, quelli che diventano veri e
propri fan e supporter dei brand, ai
quali la fiducia riposta in qualità di
spokepersons dei brand si ferma al
%, o ai dipendenti delle aziende
(%). Entrambe categorie su cui le
strategie di ingaggio delle aziende
scommettono forte. Peggio riescono
a ottenere solo i leader d’azienda:
Ceo, membri del board e top mana-
ger si attestano su un livello di fidu-
cia pari al per cento.
Ma c’è di più. Ed è il punto secon-
do. «Ci ha sorpreso l’errata percezio-
ne di questa dimensione da parte dei
comunicatori - spiega Stefania Ro-
menti, direttore del Centro di ricerca
per la comunicazione strategica dell-
l’Università Iulm e coautrice dell’in-
dagine -. I comunicatori interpellati
pensano che sia i Ceo, sia loro stessi,
come spokepersons, godano di un li-
vello di fiducia assai elevato nell’opi-
nione pubblica». I numeri rivelano
effettivamente un gap consistente
tra la percezione dei comunicatori e
la popolazione in generale (si veda il
grafico in pagina). «Per la comunica-
zione d’impresa è un dato che ha im-
plicazioni fortissime - sottolinea Ro-
menti - perché quando l’impresa
espone il suo portavoce, il suo ammi-
nistratore delegato, pensando di fare
un’operazione che in ogni caso desta
e fa crescere la fiducia, in realtà c'è
anche la probabilità che ciò non av-
venga». Come dire: meglio utilizzare
altre leve o prima di procedere testa-
re e verificare se la fiducia ipotizzata
è frutto di una convinzione errata o
ha riscontri solidi nella realtà.
Punto terzo. Come l’opinione
pubblica percepisce il lavoro dei co-
municatori? Il livello di fiducia in Ita-
lia è al per cento. Solo un terzo del-
la popolazione crede che la loro atti-
vità sia di aiuto alle aziende per rag-
giungere gli obiettivi di business e
appena il % ritiene che la profes-
sione sia importante per la società.
Il % esprime forte disaccordo sul-
l’affermazione che il lavoro dei co-
municatori sia basato su principi eti-
ci. «Sono percentuali molto basse,
inferiori rispetto a quelle registrate
negli altri Paesi e comunque denota-
no il fatto che l’opinione pubblica ita-
liana non sappia bene che cosa fac-
ciano i comunicatori per un’azienda
- fa notare Romenti -. C’è sempre un
po’ di indecisione nei confronti di
una professione che mostra l’assen-
za di una forte identità e c’è una scar-
sa consapevolezza di quella che è la
reale profondità della professione di
comunicatore d’impresa che può es-
sere fatta in modo molto serio, come
accade ai direttori della comunica-
zione di molte grandi imprese, ma-
nager di primo livello esattamente
come altri quelli di altre aree profes-
sionali in azienda».
Nel solco della migliore tradizio-
ne del calzolaio con le scarpe rotte,
sembra che i comunicatori non rie-
scano a comunicare bene la propria
identità.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
LA PERCEZIONE FALSATA
Fonte: Euprera
GAP %
Communication
and pubblic relations
Marketing
and sales
Leaders (CEO, membri
del board, executives)
Dipendenti
dell’azienda
Esperti
esterni
ESPERTI
ESTERNI
Supporters, fan
e clienti delle aziende
Attivisti e altre
organizzazioni esterne
-43
-22
-49
-44
-31
-44
-11
0 10 20 30 40 50 60 70
12
12
12
18
38
19
17
55
34
61
62
69
63
28
POPOLAZIONE PROFESSIONISTI DELLA COMUNICAZIONE
A confronto la ducia percepita dai comunicatori nelle varie gure
e quella della popolazione. Dati in percentuale
LA FIDUCIA
Di chi si da l’opinione pubblica. Dati in percentuale
3838
CLIENTI
E FAN
DELLE
AZIENDE
1919
DIPENDENTI
DELLE
AZIENDE
1818
ATTIVISTI
E ALTRE
ORGANIZ.
ESTERNE
1717
LEADERS
AZIENDA
1212
I dati chiave
SPORT INVERNALI
Scarpa di Asolo sponsor
della Nazionale di sci alpinismo
Scarpa, l’azienda italiana tra i leader mondiali nella
produzione di calzature da montagna e le attività
outdoor, ha firmato un’importante accordo con la
Federazione italiana sport invernali e diventa
sponsor della Nazionale di sci alpinismo per la
stagione -. Una scelta significativa che
consolida l’impegno dell’azienda di Asiolo verso
obiettivi sportivi di alto livello.«Per noi l’accordo con
Fisi - dice Diego Bolzonello, amministratore
delegato di Scarpa - è la naturale evoluzione di un
percorso che da sempre ci vede al fianco degli atleti: è
dal costante confronto con loro, infatti, che nascono
molte delle innovazioni presenti nei nostri prodotti».
LE MARCHE ECCELLENTI
Va a Satispay l’Innovation Award
per Best Brands nel 2019
È Satispay, il servizio di mobile payment basato su
un network alternativo alle carte di credito, il
vincitore dell’Innovation Award , premio che
insieme con quelli per Best Corporate Brand, Best
Product Brand, Best Growth Brand saranno
consegnati il novembre durante il Gala di Best
Brands: la classifica delle marche che dal viene
elaborata da Serviceplan e GfK. Indagare ogni anno
quali sono i brand più amati dagli italiani, a
indicazione dei cambiamenti della società, è uno dei
compiti di Best Brands. In questa edizione le nuove
tecnologie sono un tema chiave: quanto sono in
grado di modificare la nostra percezione dei marchi?
E riusciranno a cambiare un’Italia che sembra molto
tradizionalista nelle sue scelte? Da qui il premio a
Satispay, servizio che può essere utilizzato, da
chiunque abbia un conto corrente bancario, per
scambiare denaro con i contatti della propria rubrica
telefonica e pagare nei punti vendita ed e-commerce
convenzionati. «Siamo onorati di questo
riconoscimento che premia il lavoro quotidiano di
un team fortemente motivato» è il commento di
Alberto Dalmasso, ceo e co-founder di Satispay.
PANORAMA
Dall’indagi-
ne emerge
che anche
i “fan” delle
marche
non hanno
molto
riscontro
in termini
di fiducia