Il Sole 24 Ore - 25.10.2019

(Axel Boer) #1

Il Sole 24 Ore Venerdì 25 Ottobre 2019 5


Banche centrali Primo Piano


Bce, liquidità ampia e tassi bassi


Draghi lascia il pilota automatico


Eurozona. Il banchiere centrale italiano all’ultima conferenza stampa sottolinea la necessità


di mantenere una politica monetaria ultra accomodante a causa del deterioramento economico


Isabella Bufacchi


FRANCOFORTE


«Sfortunatamente», l’ampio grado di


accomodamento monetario della


Bce deciso e rafforzato con l’ultimo


pacchetto di misure di stimolo è


«pienamente giustificato» dai dati


economici più recenti che continua-


no a confermare «abbondantemen-


te» un ulteriore indebolimento del-


l’economia nell’area dell’euro. L’in-


dice Pmi ha toccato il punto più basso


dal  e il calo dell’industria mani-


fatturiera si sta estendendo ai servizi,


con la Germania sull’orlo della reces-


sione. Il rischio più grande, per l’Eu-


ropa e per la stabilità finanziaria, è la


crisi economica mentre i benefici, per


l’inflazione, l’occupazione, la profit-


tabilità delle banche, il credito per le


Pmi, vengono dalla ripresa economi-


ca che va sostenuta dalla politica mo-


netaria accomodante. È questa la Bce


che lascia Mario Draghi al termine del


suo mandato, dopo l’ultimo Consi-


glio direttivo da lui presieduto, e che


i mercati vedono ora impostata con


il pilota automatico espansivo: in un


contesto di rischi per le prospettive di


crescita che restano orientati verso il


basso, la politica monetaria resterà


anch’essa accomodante per un pro-


lungato periodo di tempo. Con un


Consiglio direttivo che ieri ha riaffer-


mato la politica monetaria, la sua vo-


glia di «unità» e sottoscrivendo così


il quarto pacchetto Draghi di stimolo.


Nella sua ultima conferenza


stampa da presidente, in risposta a


una domanda che gli chiedeva se non


avesse preferito chiudere ilmandato


con un rialzo dei tassi all’insegna del


ritorno alla normalità, Draghi ha det-


to che in effetti nel  «stavamo


gradualmente cambiando rotta per


prepararci all’uscita dalla politica ac-
comodante, ma poi le condizioni so-

no cambiate». E in riferimento all’ul-


tima riunione dell’Fmi, Draghi ha
commentato come il contesto sia

cambiato: «Fino a non molto tempo


fa, si diceva che i tassi sono bassi ma
saliranno mentre adesso il senso è

un altro, i tassi resteranno bassi, i


tassi reali sono scesi e così anche
l’uscita dalle politiche non conven-

zionali è slittata».


In quanto ai timori dei mercati che
vedono una cassetta degli attrezzi

più vuota che piena, Draghi ha difeso


tanto i tassi di interesse negativi
quanto la potenza di fuoco del pro-

gramma di acquisti di attività, la-


sciando così intendere che c’è ancora
ampio spazio di manovra. «L’impat-

to dei tassi negativi è stato molto po-
sitivo, di stimolo all’economia e sul-

l’occupazione esattamente come ci


aspettavamo - ha rincarato Draghi -.
I miglioramenti all’economia per via

dei tassi negativi hanno più che con-


trobilanciato gli effetti collaterali». Il
presidente uscente ha poi aggiunto

che la Bce è consapevole del rischio


degli effetti collaterali nel caso i tassi
negativi rimangano «per un lungo

periodo di tempo» e per questo mo-


nitora costantemente la situazione e
ha introdotto il sistema a due livelli

per la remunerazione delle riserve,


«in parte per compensare le banche».
E in quanto al programma di acquisti

di assets, essendo open ended Draghi


ha convenuto che i mercati si interro-
gano sui limiti del pool dei titoli ac-

quistabili. «Non vedo questo tipo di


problema in tempi stretti, c’è abba-
stanza tempo per andare avanti», ha

detto, spiegando che la divergenza


dei calcoli tra quelli della Bce (più lar-
ghi) e quelli dei mercati (più stretti,

soprattutto in merito ai titoli di Stato


tedeschi considerati molto vicini al


tetto massimo) può derivare dalle
ipotesi sottostanti sulle emissioni at-

tese dei titoli di Stato. Draghi ha poi


ricordat oche i limiti sul programma
sono «auto-imposti» e che la Bce a

questo riguardo ha ampi margini di-


screzionali. Infine, ha ricordato che
la chiave capitale è in riferimento alle

consistenze e non ai flussi dei titoli


del programma.
Il filo conduttore di tutte le rispo-

ste date ieri alla sua ultima conferen-


za stampa è stato quello dell’impe-
gno totale con il quale tutta la Bce

«persegue il suo mandato», guar-


dando al passato e al futuro.
Dove invece Draghi non è sceso

nel dettaglio ma anzi non ha risposto


proprio è a tutte ledomande su l suo


futuro, se entrerà in politica, se di-
venterà presidente della Repubblica

in Italia, cosa farà insomma dopo la


Bce. «Non lo so, chiedetelo a mia mo-
glie. Lei lo sa di sicuro, anzi, me lo au-

guro», ha glissato sorridendo. La


moglie Serena era lì a pochi metri ad
aspettarlo per partecipare ad un

brindisi organizzato a sorpresa per i
giornalisti che hanno continuato a

fare domande su domande al presi-


dente. «Ma la conferenza stampa è
finita!», ha detto divertita Christine

Graeff, director general della comu-


nicazione Bce. E per i media, l’era
Draghi è finita lì.

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Fine di un’era.
Mario Draghi

durante l’ultima


conferenza
stampa a

Francoforte


in qualità
di presidente

della Bce


EPA

IL BILANCIO


La sfida perduta


di una inflazione


ancora troppo bassa


L’eccesso di offerta


potrebbe avere bloccato


lo stimolo monetario


Riccardo Sorrentino


Ha risolto la crisi dei debiti sovrani.
Non è riuscito però a chiudere il suo

mandato con un rialzo dei tassi, se-
gno di vittoria sulla bassa inflazione.

Mario Draghi lascia la Banca centrale


europea con aspettative di lungo pe-
riodo sull’andamento dei prezzi che

minacciano di ancorarsi tra l’% e


l’,%, invece del desiderato %;e
un’inflazione media - dal  a oggi


  • pari al solo un per cento.


Non è una sconfitta personale.
Anche altre economie stanno lottan-

do con lo stesso fenomeno. Persino


gli Stati Uniti, che avevano iniziato la
normalizzazione della politica mo-

netaria, hanno dovuto fare marcia


indietro - una “pausa”, per il momen-
to, nella stretta sui tassi - malgrado la

politica fiscale generosa, e prociclica,


introdotta nel momento sbagliato,
dell’Amministrazione Trump.

La bassa inflazione non è sempre


e solo un male. Quando si è manife-
stata, nel , ha svolto una funzio-

ne importante: ha sostenuto le retri-


buzioni reali in un momento di diffi-
coltà di Eurolandia, che affrontava la

sua seconda recessione dopo quella


del -. Poneva un rischio, però:
quello di una deflazione radicata e in

parte inattesa. In un’area fortemente


indebitata - i governi nei paesi perife-
rici, le aziende in Francia - sarebbe

stato un vero problema: il peso di
quell’esposizione sarebbe diventato

sempre maggiore.


La Bce ha affrontato il problema
con cautela. Prima ha provato a for-

nire, passivamente, tutta la liquidità


richiesta dalle banche, con le varie
aste a lungo e lunghissimo termine.

Poi è diventata proattiva: ha varato


gli acquisti di titoli che hanno inon-
dato il sistema di “moneta della ban-

ca centrale” liberando spazio, nello


stesso tempo, nei bilanci delle impre-
se di credito. I prestiti, non a caso,

sembrano aver risposto bene allo sti-


molo: nel giro di un anno e mezzo - la
politica monetaria agisce con ritardi

lunghi e variabili - hanno accelerato


e continuano ancora oggi a crescere
a ritmi rapidi.

L’inflazione invece no. La liquidità


iniettata, quasi a forza, dalla Bce è ri-
masta confinata al settore finanzia-

rio. In coincidenza con il lancio del


quantitative easing, l’offerta di mo-
neta (M), che aveva molto rallentato,

ha effettivamente accelerato ma solo


per riportarsi sul sentiero di crescita
di lungo periodo, quel +,% annuo

che rappresenta il trend dominante


dall’ a oggi. Niente di più.
Questo ritmo di crescita della

moneta, che prima della Grande re-
cessione aveva permesso di centrare

l’obiettivo del %, non è però bastata


a far risalire in modo robusto l’infla-
zione. Qualcos’altro era in gioco.

Non la politica fiscale, che è mode-


ratamente espansiva, e non compri-
me i prezzi. Non l’andamento di sa-

lari e occupazione, che anzi conti-


nuano a dare segnali positivi anche
in quest’ultima fase di debolezza

dell’attività economica. Non certo la


politica monetaria, il cui motto sem-
bra essere - come ha detto ieri Dra-

ghi - «non mollare mai».


È possibile allora che abbiano ra-
gione quegli economisti che ritengo-

no che la bassa inflazione sia effetto


di un eccesso di offerta: di lavoro, per
esempio (si pensi alla Cina) ma an-

che di beni prodotti a basso costo. Se


fosse vero, la politica monetaria sa-
rebbe davvero impotente, e la bassa

inflazione un fenomeno con cui im-


parare a convivere.


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LA SUCCESSIONE


Lagarde dovrà gestire


un Consiglio spaccato


È un problema legato


alla credibilità della Bce


nei confronti dei mercati


Dal nostro corrispondente


FRANCOFORTE


Christine Lagarde, dal primo novem-


bre quarto presidente della Bce, ieri


era lì ai piani alti del grattacielo in


Sonnemannstraße . Perchè ha as-


sistito ai lavori dell’ultimo Consiglio


direttivo guidato da Mario Draghi.


«Non ha preso parte alla discussione,


non è intervenuta, non ha delibera-


to», ha puntualizzato il presidente


uscente in conferenza stampa. Ma la


Lagarde non era lì per quello. Oltre


che per rendersi conto del funziona-


mento del processo decisionale della


banca centrale più complessa del


mondo - che prende decisioni colle-


giali con un Consiglio formato dai


governatori di  banche centrali e un


comitato esecutivo di sei membri -, la


Lagarde avrà voluto rendersi conto


dal vivo delle divisioni interne di cui


la stampa mondiale va scrivendo da


settimane e che in alcuni casi sono


venute a galla platealmente tramite


interviste e comunicati ufficiali.


Oltre al problema numero uno


dell’inflazione che scende invece di


salire e non converge verso l’obietti-


vo di un livello «vicino ma inferiore al


%» sul medio termine, la nuova pre-


sidente erediterà da Draghi la patata


bollente di un consiglio spaccato, che


indebolisce la Banca agli occhi dei cit-


tadini europei, dei politici ma soprat-


tutto dei mercati e dunque rischia in


prospettiva di rendere la politica mo-


netaria meno credibile, meno effica-


ce, meno prevedibile.


Intanto ieri alcuni membri riottosi


del Consiglio direttivo, scrutati dagli


occhi di chi si è già permessa di redar-


guire con lo guardo Ivanka Trump e


chissà quanti altri, hanno deposto le


asce di guerra, non è detto che le ab-


biano sotterrate. Draghi, nel reso-
conto della giornata, ha spiegato che

«uno dei dissidenti ha richiamato


l’unità e la piena implementazione
del pacchetto di misure», mentre un

altro dissidente ha detto «il passato è


passato». L’ultimo pacchetto di sti-
molo varato il  settembre (taglio del

tasso sui depositi a -,%, avvio del


Qe al ritmo mensile di  miliardi
dal primo novembre in coincidenza

con l’arrivo di Lagarde, Tltro più soft


e nuova forward guidance) ha regi-
strato fino a sette membri del Consi-

glio contrari sui Qe (Villeroy,Cœuré,
Weidmann, Knot,Lautenschläger,

Müller, Holzmann) e con qualche al-


tro malumore sulla tempistica.
Il primo compito della Lagarde,

per il bene della Bce ma anche dei
mercati, sarà quello di evitare che le

discussioni interne si ingigantisca-


no con il megafono del “coming
out” e che comunque le spaccature

si rimarginino.


«Sì, è vero abbiamo discusso, ma
in tutte le giurisdizioni si trova chi è

in disaccordo. È accaduto anche in


passato, e non è la prima volta che il
dissenso diventa pubblico. Fa parte a

tutti gli effetti del nostro dibatto», ha


sdrammatizzato ieri Draghi, puntua-
lizzando - in risposta a una precisa

domanda - di non aver detto nulla al


presidente della Bundesbank Jens
Weidmann né a quello della banca

centrale olandese Klaas Knot sul per-


ché delle loro critiche a cielo aperto
sull’ultimo pacchetto.

«Non do di certo consigli a Christi-


ne Lagarde, sa perfettamente bene
cosa fare. E avrà tempo per farsi le sue

idee in Bce», ha detto Draghi, solleci-


tato dai giornalisti. Potrà comunque


favorire Lagarde il doppio cambio di
guardia nel Board: Sabine Lauten-

schläger, uno dei falchi più intransi-


genti sulla politica monetaria ultra ac-
comodante di Draghi, si è dimessa

bruscamente e dal primo novembre


non sarà più nel Comitato. Il suo posto
sarà preso da Isabel Schnabel, econo-

mista tedesca di alto prestigio e di am-


pie vedute ma soprattutto con un ca-
rattere non spigoloso: a lei potrebbe

essere assegnato il ruolo non scritto di


ricucire i rapporti tra la Bce e le estese
aree falcheggianti in Germania. Il

francese Benoît Cœuré, che è stato a


lungo allineato a Draghi ma che evi-
dentemente è rimasto scottato per

non essere riuscito a prendere il suo


posto in presidenza, lascerà il Board
dal °gennaio per essere sostituito da

Fabio Panetta, del quale la profonda


competenza in fatto di politica mone-
taria è indiscussa e che potrebbe pro-

seguire sulla scia accomodante trac-


ciata da Draghi.
«I mercati hanno capito perfetta-

mente la nostra politica monetaria,


non hanno frainteso nulla», ha
scandito Draghi ieri, intravedendo

in qualche micro movimento al rial-
zo dei tassi di mercato solo il minor

rischio della no-deal Brexit. Ora i


mercati prevedono nel  uno o
due tagli dei tassi, sulla base di una

crescita economica nell’area del-


l’euro che sarà lievemente positiva
nella seconda metà di quest’anno

ma comunque in rallentamento co-


stante, e un’inflazione che se pure a
 potrebbe rialzare lievemente la

testa, dovrebbe scendere di nuovo


nel . Resta da vedere se la
forward guidance nell’era Draghi,

«perfettamente» capita e recepita


dai mercati, sarà decifrata altrettan-
to perfettamente quando sarà La-

garde a spiegarla: con o senza la va-


riabile delle divisioni interne.


—I.B.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

1° NOVEMBRE
Il giorno in cui la
francese
Christine Lagarde
si insedierà alla
guida della Banca
centrale europea

Gli acquisti


del secondo


Quantitative


easing par-


tiranno


il 1° novem-


bre al ritmo


mensile di


20 miliardi

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