24 Mercoledì 23 Ottobre 2019 Il Sole 24 Ore
Mondo
PAESE SENZA MAGGIORANZA
Lo stallo in Israele
e l’inizio del declino
di Netanyahu
Roberto Bongiorni
Questa volta, Bibi il mago non ce l’ha
fatta. Ci ha provato, con tenacia, ri-
correndo alla sua indiscussa abilità
negoziale. Ha perfino proposto di
creare un Governo di Unità naziona-
le in cui si sarebbe alternato alla sua
guida con il rivale, Benny Gantz, lea-
der del partito di centro Blu e Bianco.
Alla fine il primo ministro più
longevo nella Storia di Israele, al-
l’anagrafe Benjamin Netanyahu,
anni, non è riuscito a formare il nuo-
vo Governo israeliano. Con due
giorni di anticipo sui termini, ha così
restituito il mandato al presidente
della Repubblica, Reuven Rivlin.
L’ottuagenario presidente ha an-
cora ore per decidere cosa fare.
Ma ha già fatto capire la sua priorità:
evitare la terza elezione in meno di
un anno, in un periodo, molto com-
plesso non solo per Israele ma per il
Medio Oriente intero. Quasi sconta-
to, dunque, che affidi l’incarico di
formare un Governo all’ex capo di
Stato maggiore, ora leader di Kahol
Lavan (Blu e Bianco), all’anagrafe
Benjamin Gantz, anni. L’ex gene-
rale avrà giorni di tempo per pro-
varci. Tuttavia è messo peggio di Ne-
tanyahu. Il suo partito è arrivato per
un soffio primo alle elezioni del
settembre, ma la sua coalizione si
fermerebbe a seggi, ben al di
sotto dei necessari per governare.
Non è poi un dettaglio che di quei
seggi, appartengano alla Joint List
dell’Alleanza araba. La quale è di-
sposta ad appoggiare il governo solo
esternamente e che Gantz non ve-
drebbe di buon occhio.
Quale soluzione allora? Gantz ha
già fatto capire di esser disponibile a
creare un Governo di unità insieme
con il partito conservatore Likud. Ma
a una condizione. Che non ne non
faccia parte un politico indagato per
tre casi di corruzione, prossimo al-
l’incriminazione: Netanyahu.
È tramontata l’era di Bibi? Proba-
bilmente è il momento più difficile
della sua lunga carriera politica.
Tuttavia gli ultimi due decenni ci
hanno insegnato una cosa: mai sot-
tovalutarlo. Anche se questa volta
dovrà vedersela con una minaccia
interna. Una fronda di onorevoli in
seno al Likud sarebbe orientata a
scaricare il leader, soprattutto se do-
vesse arrivare un’incriminazione, e
unirsi a un governo di unità. Il Likud,
però, non è una formazione politica
incline al cambiamento. Da quando
è nato ha avuto solo quattro leader.
L’ammunitamento dell’equipag-
gio di Netanyahu è ora la grande
speranza di Gantz. In questo caso
verrebbe a rompersi quell’alleanza
con i piccoli partiti religiosi che ha
spinto Netanayhu sempre più a de-
stra, su posizioni talvolta oltranzi-
ste. Provocando però una nuova rot-
tura con l’ex grande alleato, Avigdor
Lieberman, il leader del partito laico
della destra nazionalista Ysrael Bei-
teinu. Avigdor si è impuntato sulla
spinosa questione della leva militare
agli ultraortodossi. Non ottenendo-
la, ha privato Bibi degli indispensa-
bili seggi del suo partito ed oggi è
pronto ad entrare in un governo di
unità nazionale con Blu e Bianco e il
Likud. Ma rigorosamente senza ul-
traortodossi. Attenzione, però. Tut-
to è ancora in divenire. L’eventuale
fallimento di Gantz nel formare il
Governo avrebbe come probabile
epilogo un’altra elezione, la terza
dopo il voto del aprile e quello del
settembre. Ed allora, Bibi, il mago,
potrebbe provare a correre ancora.
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Un governo di unità
nazionale possibile solo
senza l’attuale premier
L’intesa Putin-Erdogan sulla Siria
congela lo status quo dell’offensiva
Antonella Scott
Dal nostro inviato
SOCHI
Sochi caput mundi? Il traffico più in-
tenso del solito sull’aeroporto della
“capitale” russa del Sud costringe gli
aerei a fare la fila, volteggiando sul
mare: sono in arrivo i leader di Pa-
esi africani per il primo Forum Rus-
sia/Africa, ospitato da Vladimir Pu-
tin nel Parco olimpico. Ma è alla vigi-
lia, nella residenza presidenziale di
Bocharov Ruchei, che Sochi ha preso
in mano il destino di un Paese e di un
popolo. Per Putin, che tanto ha desi-
derato per sé questo ruolo di grande
mediatore, è stato il momento della
verità. A Sochi lui e l’ospite, il presi-
dente turco Recep Tayyip Erdogan,
hanno siglato la loro “pace siriana”
proprio mentre in Siria scadeva la
tregua di cinque giorni concordata
con gli Stati Uniti. Scaduto il termine,
aveva avvertito Erdogan, l’offensiva
“Sorgente di pace” contro i curdi del
nord-est siriano sarebbe ripresa, se
le milizie non si fossero ritirate come
convenuto. Nella sera di Sochi, fonti
militari curde hanno annunciato di
aver lasciato la zona frontaliera pro-
prio verso la conclusione dell’incon-
tro tra Putin ed Erdogan, con le dele-
gazioni e a tratti a tu per tu.
La via d’uscita alla guerra lanciata
da Ankara contro i curdi siriani al-
l’inizio di ottobre è un’intesa in dieci
punti, preceduta dall’impegno - ri-
petuto da Putin in una conferenza
stampa senza domande - per un
«dialogo ampio tra i curdi e il gover-
no turco». Putin ha fatto precedere la
lettura delle intese dalle sue “linee
rosse”: «La Siria deve essere liberata
dalla presenza di militari stranieri. E
l’integrità del Paese deve essere pre-
servata», ha chiarito al fianco del-
l’ospite turco.
Il destino della Siria è un Memo-
randum, e l’impegno comune a man-
tenere l’integrità della Siria è il primo
punto, che ribadisce però anche l’im-
pegno per la sicurezza della Turchia.
Putin ed Erdogan ribadiscono la de-
terminazione a lottare contro il ter-
rorismo «in tutte le sue forme», e a
contrastare i separatismi. In questo
contesto verrà mantenuto lo status
quo ottenuto dall’offensiva turca, tra
le località di Tel-Abjad e Ras al-Ain,
e per una profondità di km. Al °
punto si annuncia che a partire dalla
mezzanotte del ottobre, lungo la
parte siriana del confine con la Tur-
chia il controllo sarà affidato a pattu-
glie della polizia militare russa, e del
servizio frontaliero siriano. Saranno
loro a garantire il ritiro delle milizie
curde oltre km dal confine, da
compiersi nell’arco di altre ore.
Una nuova tregua. Che formalizza
quanto ottenuto dai turchi con la loro
offensiva, “Sorgente di pace”, am-
pliando il raggio d’azione di Mosca.
La “zona cuscinetto” che dovrebbe
garantire la sicurezza dei curdi, e il
ritorno dei rifugiati, e che viene invo-
cata anche da Stati Uniti e Germania,
di fatto è in mano a Putin e Assad.
Prima dell’inizio dei colloqui tra
Putin e il presidente turco, Recep
Tayyip Erdogan, il portavoce del
Cremlino Dmitry Peskov aveva chia-
rito: «Non sarà un incontro sempli-
ce, né breve». Erdogan è venuto dal-
l’uomo che in questo momento ha in
mano più pedine di tutti nella regio-
ne. Dopo essere intervenuto nella
guerra siriana a fianco di Bashar As-
sad, nel , rimettendolo in piedi,
Putin ha conquistato una posizione
unica, e forse ora è il solo che può
provare a far quadrare il cerchio. Il
presidente russo è in grado di tenere
i rapporti con Assad e gli sponsor ira-
niani, e nello stesso tempo parlare ai
sauditi, agli israeliani, ai turchi. E av-
vicinarsi ora ai curdi, costretti im-
provvisamente dall’attacco turco a
chiedere aiuto a Putin, e malgrado
loro a Damasco. Un regalo insperato
per Assad, il ritorno delle forze go-
vernative siriane nel Nord-Est petro-
lifero del Paese.
Ma lo scenario aperto dal ritiro
americano, che lasciando a inizio
ottobre le basi della Siria settentrio-
nale ha di fatto dato luce verde al-
l’offensiva di Erdogan, ha reso la ra-
gnatela diplomatica di Putin terri-
bilmente pericolosa: il suo sostegno
ai curdi implicava la possibilità di
uno scontro diretto tra siriani, Rus-
sia e Turchia (Paese Nato): è possi-
bile restare alleati di tutti contem-
poraneamente?
Per fine ottobre è previsto l’inse-
diamento del Comitato costituziona-
le voluto da Putin: ne fanno parte
membri del governo di Assad, l’op-
posizione che ha accettato, membri
della società civile. Putin, interessato
a non prolungare troppo l’impegno
militare nella regione, avrebbe volu-
to dare il via alla normalizzazione e
alla ricostruzione della Siria. L’inter-
vento di Erdogan gli ha complicato i
piani: eppure ancora una volta l’asse
tra i due leader, consolidato dagli in-
teressi energetici e dall’acquisto dei
sistemi anti-missile russi, ha tenuto.
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MEDIO ORIENTE
Allo scadere della tregua
i due presidenti firmano
un memorandum a Sochi
La zona in mano ai turchi
ha una profondità di km
Iniziato il ritiro dei curdi
Il vertice di Sochi. Erdogan e Putin a consulto sul futuro della Siria
EPA
Da oggi lungo la parte
in Siria del confine
con la Turchia il controllo
sarà affidato a pattuglie
congiunte russo-siriane
Donne
di sport 2
presentano
28 OTTOBRE 2019, ore 17.30
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