la Repubblica - 22.10.2019

(Brent) #1
non fanno eccezione. Di solito è
molto trafficata, affollata di gen-
te che esce dalle stazioni della
metro e entra nei mille negozi.
Adesso è piena di gas lacrimoge-
no, le stazioni sono chiuse e mez-
zo distrutte, sorvegliate a vista
da soldati con i mitra spianati,
ovunque corrono camionette
con gli idranti, e dimostranti col
fazzoletto tirato fin sopra il naso,
e il fiatone. La manifestazione —
per quanto vietata dallo stato d’e-
mergenza indetto sabato — era
stata convocata come «pacifica e
familiare». Ma niente in questi
giorni può essere pacifico e fami-
liare. La situazione degenera ra-
pidamente, anche per colpa del-
le notizie e delle immagini che
da ogni angolo del paese conti-
nuano ad arrivare via whatsapp
sui telefonini degli studenti, la ca-
tegoria più numerosa, più moti-
vata e più organizzata di quelle

che stanno sfidando il governo.
Riassunti all’osso, quei video rac-
contano i soprusi dei temibili ca -
rabineros. Torture. Come quella
registrata a mezzanotte di dome-
nica nella città di Los Andes, do-
ve due poliziotti, dopo aver pesta-
to un manifestante gli danno die-
ci secondi per scappare, passati i
quali aprono il fuoco. Poi raccol-
gono i bossoli per non lasciare
traccia del loro gioco.
Così alimentata, l’adrenalina
tracima. E genera altra violenza.
Una catena che al momento non
sembra lasciare una via d’uscita
possibile a questa crisi. Del resto,
il passo indietro del presidente
Sebastián Piñera sul costo della
metropolitana, congelato dome-
nica dopo essere stato annuncia-
to pochi giorni prima, non ha pro-
dotto alcun risultato, a ulteriore
conferma che quello era solo l’in-
nesco di una rivolta che rintrac-
cia il suo senso dentro una rabbia

più vasta, più radicata. Una rab-
bia le cui origini risiedono nella
diseguaglianza economica e so-
ciale di un paese in cui l’uno per
cento della popolazione detiene
il 26 per cento della ricchezza,
mentre un 50 per cento abbon-
dante si divide il 2,1 per cento. Sui
telefonini, circola un’altra imma-
gine, si tratta del grafico di un ice-
berg. La parte emersa (minima) è
la storia dell’aumento del bigliet-

to; l’altra, quella invisibile, spie-
ga le “vere” cause. E l’elenco è
lungo: si va dalla pessima condi-
zione della sanità e della scuola
pubblica, agli scandali per corru-
zione che hanno travolto eserci-
to e politica, dalla povertà alla di-
stanza tra le élite e i cittadini.
Ed è proprio questa distanza
che oggi appare incolmabile. La
conferma l’ha fornita, chissà
quanto volontariamente, lo stes-

so Piñera nel pomeriggio di do-
menica abbandonandosi a una di-
chiarazione quasi irresponsabi-
le: «Siamo in guerra contro un ne-
mico poderoso che è disposto ad
usare la violenza oltre ogni limi-
te». Parole di una durezza inusita-
ta che sono state ridimensionate
persino dal comandante in capo
della difesa nazionale, il genera-
le Javier Iturriaga, «non sono in
guerra con nessuno, sono un uo-
mo felice», ma che hanno parzial-
mente smascherato la strategia
governativa: radicalizzare lo
scontro, schiacciando le ragioni
dei manifestanti pacifici, studen-
ti e lavoratori, sui torti innegabili
dei vandali che hanno distrutto
le stazioni della metropolitana e
incendiato i supermercati.
In fondo, sospettano gli opposi-
tori, questa storia è stata così sin
dall’inizio. La protesta era comin-
ciata lunedì in maniera pacifica

ed è esplosa in rivolta solo giove-
dì notte quando il governo ha de-
ciso di schierare l’esercito nelle
strade. Insomma, l’impressione è
che si sia voluto trasformare in
guerra quella che guerra, in prin-
cipio, non era.
E così, a fine giornata, quando
la sera e il coprifuoco riportano a
forza un po’ di tranquillità nelle
città cilene, non resta da fare al-
tro che aggiornare il bilancio di
questa guerra. Da otto, i morti so-
no saliti a 11, uno dei quali colpito
dai proiettili della polizia. I feriti
sono 2.151 di cui otto in pericolo
di vita. Incalcolabili i danni. La ca-
tena Walmart Chile ha contato al-
meno cento punti saccheggiati e
distrutti, molti bancomat sono
stati devastati e i distributori di
benzina dati alle fiamme. Così co-
me centinaia di negozi e uffici. E
la cosa peggiore è che tra poche
ore si ricomincia.

Settimo giorno di


protesta: almeno uno


degli undici morti


colpito dalla polizia


La scheda


Il paese è in tilt:


bancomat e


supermercati dati


alle fiamme


JAVIER TORRES/AFP

PEDRO UGARTE/AFP

kScontri e incendi a Santiago


Il rincaro dei trasporti
La settimana scorsa sono
iniziate le proteste in tutto
il Cile contro l’annuncio
dell’aumento del prezzo dei
biglietti dei mezzi pubblici: da
800 a 830 pesos (da 1,01 a
1,05 euro)

Il coprifuoco
Nella capitale Santiago, dove
le manifestazioni
si sono fatte più violente,
è stato dichiarato lo stato
di emergenza ed è scattato il
coprifuoco, misura che non si
vedeva dal 1987, durante gli
ultimi anni
della dittatura di Augusto
Pinochet. L’esercito presidia
le strade
e le misure eccezionali
sono state estese a 9
delle 16 regioni del Paese

Le vittime
A causa delle devastazioni
e dei saccheggi
a supermercati, uffici
e stazioni della metro
il bilancio finora è di 11 morti e
1.500 feriti
©RIPRODUZIONE RISERVATA

kContro i soldati
Una signora punta il dito contro
un militare per protestare
contro le violenze dell’esercito
nei confronti dei manifestanti
A Santiago e in altre città è
entrato in vigore il coprifuoco

kI resti del supermercato
Il supermercato “Lider” di Santiago dato alle fiamme dai
manifestanti. Sotto, esercito e dimostranti nella capitale cilena

EDGARD GARRIDO/REUTERS

. Martedì,^22 ottobre^2019 Mondo pagina^13

Free download pdf