insopportabile. I bravi ragazzi si erano
tramutati in «mele marce».
Ma allora il male è dentro di noi o nasce
dalla situazione in cui si vive? A questa
domanda Valter Tucci, direttore del
laboratorio di genetica ed epigenetica
del comportamento dell’Istituto
italiano di tecnologia di Genova (Iit), dà
una risposta nel saggio I geni del male,
appena uscito per Longanesi.
Cattivi si nasce o si diventa?
Si diventa. Per tanti anni con
l’entusiasmo della rivoluzione
genomica abbiamo pensato che i
nostri comportamenti fossero dovuti
a sequenze di Dna ben precisi. Non è
così. Il mio testo parte da dove ha fallito
la genetica. E cerca di spiegare come il
suo ruolo sia stato sopravvalutato.
Qual è la verità, se non esiste un
codice genetico del male?
È un dibattito che va avanti da anni.
In seguito alla rivoluzione genetica
si è cercato di attribuire a ogni gene
una bandierina: quella dell’altezza,
dell’ansia e anche dei cattivi
comportamenti. Ma per questi ultimi
è molto più complicato. Almeno
nel genere umano. Non c’è un solo
gene per un tratto comportamentale.
Esistono invece meccanismi
epigenetici, ossia processi biologici
che regolano l’espressione
dei geni e ne
modificano la regolazione. Oggi
l’interazione tra genetica ed epigenetica
rappresenta la spiegazione biologica
più completa e accurata dei nostri
comportamenti. Le informazioni
genetiche che abbiamo alla nascita non
bastano a renderci cattivi o buoni, né a
determinare le nostre scelte.
Cosa porta un essere umano a
diventare un santo o un assassino?
Diversi fattori: una combinazione di
predisposizioni genetiche, l’ambiente
in cui l’individuo cresce, i cambiamenti
epigenetici. Molto avviene già a
livello prenatale, embrionale. Tutti
questi meccanismi biologici, insieme
all’ambiente esterno, determineranno
come sarà un individuo. Ognuno di noi
può diventare un serial killer oppure
no.
Sono stati fatti degli studi?
Dopo l’11 settembre, quando il
terrorismo è diventato un’emergenza,
molti scienziati si sono chiesti se i
terroristi fossero predisposti a livello
genetico o se soffrissero di disturbi
mentali. Non fu trovato nulla.
Erano cittadini normali cresciuti in
un ambiente o in una cultura tale
da averli trasformati, portandoli
a compiere terribili atti contro
l’umanità. Al contrario, analizzando
altri casi di stragi americane, come
il massacro della Columbine High
School, sono stati riscontrati nel 40
per cento dei casi disturbi mentali
ben precisi.
Dove nascono
le radici del male in un uomo
come Massimo Sebastiani, che
ha strangolato in un pollaio Elisa
Pomarelli?
Una persona normale sottoposta a certe
condizioni in un contesto di malessere
psicologico o che ha trascorso parte
della vita in un insano isolamento
può arrivare a fare cose impensabili.
Così come accadde in Iraq, durante
la seconda Guerra del Golfo, con le
torture all’interno del carcere di Abu
Ghraib da parte di soldati americani.
Il vero responsabile della crudeltà
dei carcerieri fu la situazione in cui si
erano venuti a trovare. Per usare una
metafora, il problema non era la mela
marcia, ma il contenitore.
Questa era la tesi di Zimbardo, che
non ha mai creduto a una presunta
natura diabolica dei suoi carcerieri.
È d’accordo?
È un punto di partenza, da lì
bisogna andare avanti. Lo psicologo
americano ha identificato il ruolo
svolto dall’ambiente. Quello che non
ha definito, perché non ne aveva
gli strumenti, è cosa costituisce
l’ambiente. Il contenitore non è solo
ciò che ci circonda, ma può essere
l’individuo stesso. In determinate
circostanze si può diventare cattivi,
così come ci si può trasformare in
supereroi. Se vogliamo andare verso un
futuro migliore dobbiamo capire come
funziona il cervello e come reagisce in
certe situazioni. E soprattutto vedere i
nostri limiti.
Esiste il libero arbitrio?
La scienza sta andando verso una
direzione ben precisa nel
DI SI DIVENTA
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