Nelle foto qui sopra, due fasi
dell’allenamento a secco del quattro
di coppia campione del mondo.
Stretching poco prima di andare in
acqua e palestra. Sono circa 40 le ore
settimanali dedicate alla preparazione.
In alto a destra il C.T. della Nazionale,
Franco Cattaneo, accompagna a
bordo di un piccolo catamarano gli
atleti in allenamento indicando fasi
diverse di intensità da alternare lungo
i 36 chilometri percorsi durante la
mattinata. Sotto: la messa in acqua
della barca a Sabaudia.
A Sabaudia
e Piediluco
le “basi”
degli azzurri
S
ette giorni su sette di allenamento,
per quaranta ore la settimana.
Palestra, acqua, remoergometro (una
sorta di vogatore evoluto), test e analisi
utilizzando anche la telemetria. Gli
azzurri del canottaggio hanno un papà
vigile, attentissimo: Franco Cattaneo,
commissario tecnico della Nazionale,
salernitano, ex atleta azzurro. La persona
più adatta per raccontare una disciplina
difficile e complessa da indagare.
Due remi a testa. A cominciare
dalla barca destinata al quattro di coppia
(due remi per ogni atleta), in carbonio, 52
kg di peso. «Va messa in bolla a terra,
per verificare che tutto sia a posto, visto
che si tratta di regolare gli elementi in
funzione sia dell’attacco in acqua dei
remi, sia della ripresa, il movimento che
si compie con i remi fuori dall’acqua».
Significa sistemare i carrelli sui quali
scorre chi voga, i puntapiedi (uno dei
quali collegato al piccolo timone),
scalmo e forcola (dove viene inserito
ogni remo) in modo da annullare ogni
differenza fisica tra i quattro vogatori,
che hanno leve diverse ma che devono
rapportarsi alla barca e all’acqua allo
stesso modo: «Per buona parte del
tempo», spiega Cattaneo, «i remi sono
fuori dall’acqua e i corpi degli atleti, circa
400 kg in totale, compongono una massa
negativa all’avanzamento, perché si
spostano in avanti e dunque in direzione
opposta al movimento della barca. Si
tratta quindi di una massa frenante che
va trattata per mantenere una fluidità
massima e una resistenza minima.
Per fare in modo che ciò accada, si
lavora su una infinità di microelementi.
Il punto di attacco di una vogata è
importante ma è solo un aspetto della
prestazione: è indispensabile che le pale
restino sotto il pelo dell’acqua e che poi
si muovano in orizzontale fuori acqua,
mantenendo una fluidità che non deve
essere alterata dalla potenza o
dall’intensità dei colpi. Per questo, va
curata la distribuzione delle forze degli
atleti, sul puntapiedi, sulle impugnature
dei remi, considerando che l’unico
elemento mobile è il carrello, sul quale
scorrono quattro corpi in simultanea».
Il tutto considerando che ogni campo di
gara propone una diversa densità
dell’acqua, che una gara sui 2mila metri
si gioca su decimi di secondo, che in una
competizione i quattro vogatori devono
dosare le proprie forze limitando, se
possibile, le ingerenze dell’emotività.
Dettagli minimi. «Ogni allenamento
in acqua si sviluppa su programmi
diversi in relazione all’imminenza o meno
delle gare, alle necessità dell’equipaggio.
Cerchiamo continuità in ogni condizione
e curiamo soprattutto una serie molto
ampia di micromovimenti, che alla fine
determinano la prestazione. Posizione
delle spalle, delle mani, spinta delle
gambe, relazione tra ogni singolo
canottiere e i suoi compagni di barca,
movimenti dei remi in acqua e fuori,
dando per scontato che a questi livelli
abbiamo a che fare con atleti fisicamente
preparati a sostenere uno sforzo intenso
e prolungato. Cerchiamo di fare il
possibile per fornire le indicazioni più utili
e un’alimentazione appropriata, per
verificare il nostro lavoro con strumenti
tecnici. Ma, alla fine, l’esito di una gara è
questione dell’applicazione mentale di
uno schema complesso e della forza
fisica. Nessun allenatore sta in barca con
gli atleti e nessuna indicazione urlata da
terra ha valore. Tocca a loro, e loro, per
fortuna, spesso sanno cosa fare».
Analisi e tecnica
40 ore alla
settimana in
palestra
Training
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