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Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, annuncia le dimissioni nell’aula del Senato. Accanto al premier i suoi due vice: il leader leghista Matteo Salvini e il capo politico del M5S Luigi Di Maio
All’esterno di Palazzo Madama anche un gruppo di sostenitori di Salvini
FRANCESCA SCHIANCHI
ROMA
Il divorzio dei due ex alleati si fis-
sa in una sequenza nell’Aula del
Senato verso la metà del discor-
so del premier Conte. «Far vota-
re i cittadini è l’essenza della de-
mocrazia», sta dicendo l’inquili-
no di Palazzo Chigi, completo
grigio e cravatta rossa, ritto in
piedi tra i suoi vice Salvini e Di
Maio che nemmeno si guarda-
no più in faccia, due mondi or-
mai inconciliabili. Pronuncia
questa frase e gli spalti, pardon i
banchi della Lega si incendiano,
applausi scroscianti, Salvini sor-
ride e fa un gesto come dire «eh
infatti», per qualche secondo il
premier si interrompe. «Ma sol-
lecitarli a votare ogni anno è irre-
sponsabile», prosegue, e stavol-
ta ammutoliscono i leghisti e si
accende il battimani in un altro
settore dell’emiciclo, un’altra ti-
foseria si direbbe, come fa la pre-
sidente Casellati richiamando
questo o quello.
Eccola lì, l’Aula al gran com-
pleto per questa crisi che, dopo
giorni di interviste e post su Fa-
cebook, si consuma dove una
crisi di governo dovrebbe stare,
tra stucchi e velluti e riti del Par-
lamento. L’appuntamento è
per le 15. All’ora di pranzo, a
due passi dal Senato, il leader
del Carroccio ha riunito i suoi
senatori: all’uscita, mentre sfi-
lano inseguiti dalle telecamere
verso l’ingresso di Palazzo Ma-
dama e qualche passante gli ur-
la «traditori», lasciano cadere
appena qualche accenno su «ve-
dremo cosa dirà il premier», an-
cora non si capisce cosa voglia
fare la Lega, voci senza control-
lo parlano di tentativi di ricuci-
tura, altre dicono che non è più
possibile.
È quando entra Matteo Salvi-
ni in Aula che, si capisce, sarà
un gran teatro. La settimana
scorsa, lui e i suoi ministri era-
no andati ostentatamente a se-
dere negli scranni del partito, e
così ora i banchi del governo so-
no gremiti di esponenti grillini,
Di Maio Bonafede Fraccaro To-
ninelli Lezzi Grillo: quando pe-
rò Salvini entra, si avvicina,
chiede a Bonafede che lo guar-
da sorpreso di farsi da parte, di
lasciargli lo scranno da vicepre-
mier accanto a Conte, e tutta
una fila di ministri già seduti
scalano stupiti per fargli po-
sto. Lui, seduto lì, accanto al
premier che parte con la sua
requisitoria, i suoi ministri
tutti in piedi per overboo-
king dei banchi del governo,
Conte che arriva, stringe la
mano uno a uno – Salvini per
ultimo - e si può cominciare.
«Vedremo cosa dirà Conte», è
il refrain della vigilia, il premier
mantiene le attese e snocciola le
sue accuse: «La decisione di in-
nescare una crisi è irresponsabi-
le» - i primi buuu - un gesto di
«imprudenza istituzionale», «il
ministro dell’Interno ha mostra-
to di seguire interessi personali
e di partito», lo accusa di «oppor-
tunismo politico» (Salvini scuo-
te la testa), le sue scelte «rivela-
no scarsa sensibilità istituziona-
le e grave carenza di cultura co-
stituzionale» (buuuu dalla Le-
ga, Salvini fa il pollice alto). E
poi ancora «ti ho sentito chiede-
re pieni poteri e invocare le
piazze a tuo sostegno: questa
tua concezione mi preoccupa»,
e oltre al M5S batte le mani an-
che il Pd, e continua quando gli
ricorda che «la vicenda russa
merita di essere chiarita» e poi
ecco, visto che c’è, gli mette in
conto anche «episodi di inco-
scienza religiosa», perché «chi
ha compiti istituzionali dovreb-
be evitare di accostare a slogan
politici i simboli religiosi». E
qui Salvini estrae dalla tasca il
rosario, lo bacia, il senatore Pil-
lon sbotta «Ma dai» e sventola
un rosario pure lui.
Sono cinquanta minuti di pas-
sione, il prof in piedi che rimbrot-
ta l’alunno, lì, accanto a lui, le ur-
la e gli applausi, la conclusione
sono le dimissioni - «andrò al
Quirinale» - ma prima si dà il via
libera al dibattito, saranno qua-
si quattro ore inaugurate da Sal-
vini e chiuse dalla replica di Con-
te all’ora di cena. «Rifarei tutto
quello ho fatto», esordisce l’ex vi-
cepremier, e lì si capisce che la di-
stanza è siderale, anche se la mo-
zione di sfiducia che il Carroccio
aveva presentato verrà ritirata,
e Salvini fa l’offeso «mi dispiace
mi abbia mal sopportato per un
anno». Di nuovo urla, e sfottò
quando chiede la «protezione
del cuore immacolato di Maria»
- dall’opposizione «Facci vede-
re le stimmate - e accuse «mi vie-
ne il dubbio che qualcuno stesse
lavorando all’inciucio con Ren-
zi da mesi». Ma insiste che, nono-
stante tutto, «se volete comple-
tare il percorso di riforme noi ci
siamo».
Lo dice ma poi continua ad at-
taccare, anche quando spunta
nella sala Garibaldi. Poco più in
là, in un corridoio, Matteo Renzi
circondato dai giornalisti dise-
gna scenari. In Aula ha sfidato
Salvini al voto «in un collegio a
Firenze, a Milano, a Bibbiano» -
e l’altro Matteo là in fondo sibila
e si legge il labiale, «quando
vuoi, anche domani» - a ripetere
la necessità di un governo «per
evitare l’aumento dell’Iva». Un
intervento via l’altro, i big Cin-
que stelle blindati in Aula accan-
to a Conte, Salvini e i suoi che en-
trano e escono dall’Aula. Fino al-
la replica piccata del premier di-
missionario: «La responsabilità
della crisi porta la firma del mini-
stro Salvini, ma se gli manca il
coraggio me la assumo io». Le ul-
time parole della giornata, pri-
ma di lasciare Palazzo Madama
in direzione Quirinale. E aprire
un altro film. —
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I
n video veritas. Secondo i
suoi alfieri del passato, la
fisiognomica era una
scienza esatta. E in effetti,
pur senza voler minimamente
fare del lombrosismo, la dram-
matica giornata politica di ieri
si comprende meglio proprio
attraverso le espressioni dei
volti e il linguaggio non verba-
le dei corpi dei presenti.
Bisognava guardarli in fac-
cia i protagonisti di questa cri-
si di governo durante le comu-
nicazioni del premier dimissio-
nario e gli interventi successi-
vi per leggere, insieme alle
emozioni, anche i riposiziona-
menti di immagine (ovvero
quella postpolitica che ai no-
stri tempi conta parecchio).
Uno psicodramma politico nel
quale le facce hanno restitui-
to, nel tripudio della «crisi più
pazza del mondo», frammenti
e barlumi di verità. Così, dalle
reiterate dichiarazioni di ami-
cizia e di quasi affinità elettive
che hanno accompagnato per
oltre un anno il rapporto tra
Matteo Salvini e Luigi Di Maio
siamo passati tutto d’un colpo
agli insulti personali e agli
stracci che volano. E viene pro-
prio da dare a ragione a Giu-
seppe Conte quando in uno
dei passaggi del suo durissimo
discorso contro la Lega ha evo-
cato il «gran bisogno di politi-
ca con la P maiuscola», visto
che lo spettacolo andato in sce-
na ieri al Senato aveva, inve-
ce, moltissimo di prepolitico.
Come, peraltro, anche logico,
trattandosi di leader populisti
che dell’emozionalizzazione
esasperata della comunicazio-
ne hanno fatto il pilastro del lo-
ro successo.
Sfoderando il consueto tim-
bro e tono di voce pacato, per
tutto il suo intervento Conte
ha voluto riconfermarsi come
un leader assertivo, quello che
gestisce i problemi sterilizzan-
do il conflitto e ricercando l’ar-
monia tra i collaboratori. A di-
re il vero, la sua – quando è riu-
scito a esercitarla effettiva-
mente – è stata più una leader-
ship di tipo situazionale (ossia
di adattamento alle circostan-
ze), ma l’intera mimica del
suo discorso ha puntato a riba-
dire che lui è un uomo delle
istituzioni (e, potenzialmen-
te, una «riserva della Repubbli-
ca»). Il suo antagonista in tut-
to per tutto era, naturalmen-
te, il capo leghista, che ha ripe-
tutamente baciato durante la
seduta un rosario bianco pro-
seguendo nella sua piattafor-
ma politico-visiva ispirata a
un confessionalismo (e con-
venzionalismo) cristiano da
Paesi del Gruppo di Visegrad.
Conte lo ha rimproverato di «in-
coscienza religiosa» e, per con-
tro, è parso volersi riappropria-
re dello “stile laico” della con-
suetudine democristiana di go-
verno. Ascoltando le parole del
premier, Salvini ha ostentato
un repertorio completo di
espressioni facciali, dal sornio-
ne al sardonico, dall’indifferen-
za e la sufficienza al fastidio, co-
me da prassi del politico populi-
sta “maschio alfa” (e da tradi-
zione del virilismo leghista).
Per poi, a tratti, innervosirsi e
abbandonarsi a una serie di ge-
sti stizziti, così come nella repli-
ca ha ampiamente gesticolato
ed esibito una prossemica fina-
lizzata a suscitare gli applausi
del suo gruppo parlamentare.
Al contrario, una sorta di sfinge
impassibile (e imperscrutabi-
le) Di Maio, che ha abbandona-
to la compostezza e rigidità abi-
tuali solo per sottolineare con
qualche movimento del volto
l’approvazione nei confronti di
Conte.
Insomma, se per la Terza Re-
pubblica c’è ancora da aspetta-
re, il reality show è già sbarca-
to alle Camere da tempo, e ieri
ne è appunto “andata in onda”
una puntata fondamentale.
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Salvini ha perseguito
interessi personali
non rispetta le regole.
Sulla Russia doveva
chiarire in Parlamento
Accuse, smorfie e rosari
nella corrida del Senato
Giù il sipario sul governo
Conte feroce con Salvini: “Irresponsabile”. Applausi dai banchi del Pd
La Lega ritira la sfiducia ma il premier in serata si dimette al Quirinale
LA CRISI
GIUSEPPE CONTE
PRESIDENTE DEL CONSIGLIO
AFP
ANSA
I senatori del Pd invitano Salvini a «tornare in spiaggia»
Il sit-in dei militanti grillini fuori dal Senato a sostegno di Conte
ANSA
Le notizie del giorno sono
due: il governo non c’è più
e il nuovo leader del Pd
si chiama Renzi.
MATTEO RENZI
SENATORE DEL PD
LE FACCE CHE SVELANO
LO PSICODRAMMA GIALLOVERDE
I senatori leghisti contestano il premier Conte per gli attacchi a Salvini
MATTEO SALVINI
MINISTRO DELL’INTERNO
LA CRISI
IL PUNTO
LORENZO CRESCI
Le parole
dei leader
tra vangelo
e filosofi
Il popolo, l’Italia e gli
italiani per Salvini. Il
Paese per Renzi. Non
sono solo sfumature seman-
tiche quelle che mostrano
le distanze tra i due leader
in Aula. Salvini cita «italia-
ni» per trenta volte, l’«Ita-
lia» per 18, ma mostra an-
che la sua passione per la
«poltrona» (6 volte), contro
l’unica di Renzi, per il quale
«Italia» e «italiani» ricorro-
no poche volte, in due e
quattro situazioni. Salvini
ama la parola «libero», ripe-
tuta sei volte, mentre l’«Eu-
ropa» è solo nelle accezioni
negative. Non come Giusep-
pe Conte, che ne parla per
19 volte, per lo più come isti-
tuzione. «Italia», a proposi-
to, ricorre in 17 occasioni
per il premier, il «popolo»
per 16. Curiosità finali: la
«Costituzione» è ricordata
dal Pd Zanda (4 volte), una
da Renzi e Salvini. Di «popu-
lismo» parla il toscano, di
«sovranità» il lombardo.
Che cita due volte «Dio» e
una il «cuore immacolato di
Maria», scomodando pure
Giovanni Paolo II. Renzi ci-
ta il Vangelo (di Matteo):
tra tanta religione, due filo-
sofi, Habermas e Buber, uti-
lizzati da Conte.
ANSA
ANSA
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La presidente Casellati cerca di riportare la calma
AFP LAPRESSE
Matteo Renzi ha escluso una sua partecipazione a un governo Pd-M5S
DUE
JENA
[email protected]
Serve un governo per
evitare l’aumento
dell’Iva. Aprire la crisi
ora è un colpo di sole
non siamo al Papeete
MASSIMILIANO PANARARI
Se volete fare una
manovra coraggiosa,
tagliare i parlamentari
e completare le
riforme noi ci siamo
Rifarei tutto quello
che ho fatto.
La causa della crisi è
dei signor No che da
mesi bloccavano tutto
L’azione del governo
finisce qui.
Mi assumo io
il coraggio che
manca a Salvini
MERCOLEDÌ 21 AGOSTO 2019 LASTAMPA 3
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