La Stampa - 23.08.2019

(WallPaper) #1

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GIUSEPPE AGLIASTRO
MOSCA

L

a Akademik Lomono-
sov inizia oggi il suo
lungo viaggio da un
estremo all’altro
dell’Artico russo. La prima
centrale atomica galleggiante
al mondo salperà da Murman-
sk e volgerà subito la prua ver-
so est, cioè verso Pevek, la cit-
tà più a nord della Russia e di
tutta l’Asia, dove fornirà ener-
gia ad abitazioni, miniere e
impianti di trivellazione. Le
autorità russe puntano sem-
pre più sull’Artide, ricco di
idrocarburi e di grande impor-
tanza militare, ma gli ambien-
talisti temono che un inciden-
te possa trasformare la Akade-
mik Lomonosov in una «Cher-
nobyl galleggiante»: una pau-
ra che è inevitabilmente cre-
sciuta dopo la misteriosa

esplosione radioattiva di due
settimane fa in un poligono
nel nord della Russia.
La Akademik Lomonosov
navigherà per 5.000 chilome-
tri lungo il Severnij Morskoj

Put: la Rotta Marittima Set-
tentrionale che collega Euro-
pa e Asia attraverso le fredde
acque dell’Artico russo. Una
scorciatoia sempre più acces-
sibile non solo grazie allo svi-

luppo della tecnica ma anche
a causa del pericoloso sciogli-
mento dei ghiacci provocato
dal riscaldamento globale.
La «nave atomica» pesa
21.500 tonnellate, è lunga

144 metri e larga 30. Ma a
renderla unica sono ovvia-
mente i suoi due reattori da
35 megawatt l’uno: tanto
quanto basta a fornire ener-
gia elettrica a una città di
100.000 abitanti.
La Akademik Lomonosov è
stata realizzata nei cantieri
della fabbrica Baltiyskiy di
San Pietroburgo e pare che la
Russia voglia presto lanciare
in mare altre centrali nucleari
simili. L’obiettivo è quello di
garantire elettricità a luoghi
remoti e diversi Paesi dell’Afri-
ca, dell’Asia e dell’America La-
tina si dicono interessati a que-
ste centrali galleggianti. Ma
conviene davvero? Su questo
punto i pareri sono divergen-
ti. Alcuni esperti sospettano
che quella del Cremlino sia al-
meno in parte una mossa di
propaganda. L’Artide è ricco
di gas naturale che potrebbe
essere una valida fonte di
energia. E soprattutto i costi
di una centrale di questo gene-
re sono stimati attorno ai 480
milioni di dollari. Molto me-
no di una centrale nucleare
sulla terraferma, che costa tra
i 5 e i 6 miliardi di dollari, ma
con una spesa per megawatt
significativamente maggiore.
La Cina in ogni caso ha deciso
di non stare a guardare e nel
prossimo decennio dovrebbe

sfornare una ventina di cen-
trali nucleari galleggianti. La
prima è già in costruzione e si
prevede che sarà terminata
nel 2021.
I timori degli ambientalisti
restano però in piedi. L’agen-
zia atomica russa Rosatom so-
stiene che la Akademik Lomo-
nosov sia estremamente sicu-
ra e «virtualmente inaffonda-
bile», in grado di reggere l’im-
patto con un iceberg o con
un’onda anomala. Ma per l’e-
sperto di Greenpeace Jan Ha-

verkamp si tratta di un poten-
ziale «Titanic nucleare». Se-
condo Anna Kireeva, dirigen-
te della fondazione ambienta-
lista Bellona, uno degli aspet-
ti più inquietanti è che Mosca
voglia «vendere questa tecno-
logia a Paesi come il Sudan»,
dove gli standard di sicurezza
non sono adeguati. «Cosa fa-
ranno - si chiede l’attivista -
con il combustibile nucleare
consumato? Come reagiran-
no in caso di emergenza?».
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IL BILATERALE SULLA BREXIT

Salpa oggi la prima struttura mobile. La Cina raccoglie la sfida: 20 impianti nel prossimo decennio


Mosca porta l’energia nell’Artico


con la centrale nucleare galleggiante


La Akademik Lomonosov salperà oggi diretta a Pevek la città più a Nord della Russia

PAOLO MASTROLILLI
INVIATO A BIARRITZ
Si scrive lotta alle disuguaglian-
ze, ma si legge timore della re-
cessione globale, capace di ri-
lanciare le tensioni che hanno
fatto emergere il populismo e
minacciano la tenuta del siste-
ma multilaterale globale, che
dopo la Seconda Guerra Mon-
diale ci ha garantito oltre set-
tant’anni di pace e prosperità.
È il tema di fondo scelto da
Macron per il vertice dei G7 in
programma da domani a Biarri-
tz, che si annuncia così compli-
cato da aver spinto il presiden-
te francese a rinunciare in par-

tenza ad un comunicato finale.
Lui ha giustificato questa deci-
sione con la volontà di evitare
che i leader diventino ostaggi
degli sherpa, incaricati di nego-
ziare il testo, ma la verità è che
conosce bene le profonde diffe-
renze esistenti tra i sette alleati,
dalle guerre commerciali del
presidente americano Trump,
all’Iran o al clima, e quindi ha
voluto evitare il rischio di uno
scontro come quello scoppiato
alla fine del vertice canadese
nel 2018.
Le disuguaglianze economi-
che e sociali sono il fattore che
ha più influenzato la politica

globale nell’ultimo decennio,
insieme alle migrazioni, ma ri-
solverle nel mezzo di una nuo-
va recessione mondiale sareb-
be proibitivo. Perciò il vero pun-
to all’ordine del giorno sono le
iniziative da prendere per scon-
giurare o arginare questa crisi,
che in Europa sta colpendo
principalmente la Germania,
ma negli Usa ha spinto lo stesso
Trump ad ammettere che sta
considerando nuovi stimoli.
Dal tradizionale incontro an-
nuale della Fed a Jackson Hole
è emersa la volontà della ban-
che centrali di fare la loro par-
te. Del resto, nonostante la cri-
tiche della Casa Bianca, il capo
della Federal Reserve Powell
ha già iniziato a ridurre il costo
del denaro, mentre il collega
europeo Draghi ha preparato
la sua uscita mettendo le basi
per nuovi interventi di soste-
gno. Proprio il capo della Bce
ha però sottolineato che ormai
le armi monetarie sono piutto-
sto spuntate, e quindi bisogne-
rebbe attivare quelle fiscali.
Trump lo ha fatto negli Usa,
ma nel Vecchio Continente la
Germania ha sempre frenato.
Perciò Macron, nella conferen-
za stampa alla vigilia del G7,
ha sottolineato la necessità di
considerare un rilancio anche
attraverso i bilanci, inviando
un messaggio alla cancelliera
Merkel.
La frenata dell’economia ha
motivazioni cicliche, e la pre-
occupazione è alimentata da
incognite come la Brexit e la
crisi di governo in Italia. Non

c’è dubbio però che i dazi impo-
sti da Trump soprattutto alla
Cina hanno avuto un impatto
negativo per tutti. Durante un
briefing preparatorio del G7, il
Council on Foreign Relations
ha rimproverato al capo della
Casa Bianca di aver sbagliato
strategia, perché se invece di
agire in maniera unilaterale si
fosse rivolto alla Wto, avrebbe
ottenuto l’appoggio di Europa
e Giappone avviando una stra-
tegia congiunta che avrebbe
costretto Pechino a fare i conti
con le rimostranze della comu-
nità internazionale. Invece lui
sta paralizzando l’Organizza-
zione mondiale dei commerci,
impedendo la nomina dei giu-
dici per valutare i ricorsi. Que-
sto è uno dei principali elemen-
ti di disaccordo che hanno con-
vinto l’Eliseo a rinunciare al co-
municato.
Le divergenze restano anche
sul ruolo della Russia, perché
Francia, Germania e Gran Bre-
tagna hanno già frenato sulla
proposta di Trump di riammet-
terla, mentre prima del vertice
Macron incontrerà il ministro
degli Esteri iraniano Zarif, per
discutere come evitare un’esca-
lation militare dopo l’abbando-
no del trattato nucleare da par-
te di Washington. I problemi in
sostanza sono molti, ma per af-
frontare quella che il leader
francese ha definito come una
crisi della democrazia senza
precedenti, servirebbe proprio
l’unità fra gli alleati che finora è
mancata. —
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REUTERS

EQUILIBRI GLOBALI

IL CASO

I timori degli
ambientalisti:
rischiamo una
Chernobyl sul mare

Macron si prepara a un G7 senza accordi

Ricette anti-crisi e Iran spaccano i Grandi

Domani a Biarritz si apre il summit. Non ci sarà il documento finale. I timori per la frenata dell’economia

Trump usa le leve
fiscali per garantire
la crescita, Merkel
resta scettica

Boris Johnson e i piedi sul tavolo all’Eliseo

Il premier britannico Boris Johnson ha portato il suo stile informale e scapigliato all'Eli-
seo: nelle foto ufficiali dei colloqui con il presidente francese, Emamnuel Macron, appare
con i piedi sul tavolo. Troppo informale? Sbruffone? si chiedono i media britannici che evi-
denziano come anche da Macron - così come il giorno prima da Merkel - il premier britanni-
co ha ricevuto un secco no alla riapertura dei negoziati ma un’apertura sulla possibilità di
trovare una soluzione alla questione irlandese per evitare un confine fisico sull’isola.

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