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RETROSCENA
Legge sul conflitto d’interes-
si e riforma della Rai
Riforma della giustizia
e dell’elezione del Csm
Autonomia differenziata
e taglio degli enti inutili
Carcere ai grandi evasori, pe-
ne alte per reati finanziari
LAPRESSE
Il segretario del Pd Nicola Zingaretti
UGO MAGRI
ROMA
T
ra mille dubbi, Cin-
que stelle e Pd pro-
veranno a fare un
governo insieme.
Non c’è la minima garanzia
che il loro tentativo andrà in
porto. Ma qualcosa di concre-
to potrebbe davvero matura-
re, perché al termine delle
consultazioni al Quirinale,
dopo avere soppesato i vari
pro e contro, Sergio Mattarel-
la ha ritenuto giusto concede-
re altri quattro giorni prima
di misurare gli eventuali pro-
gressi del negoziato. Lo ha re-
so noto egli stesso alle ore
20, presentandosi davanti ai
cronisti scuro in volto e un
po’ tirato dalla fatica. «Da
parte di alcuni partiti», ha
detto, «mi è stato comunica-
to che sono state avviate ini-
ziative per un'intesa, in Parla-
mento, per un nuovo gover-
no. E mi è stata avanzata la ri-
chiesta di avere il tempo di
sviluppare questo confron-
to». Gliel’hanno domandato
in particolare Nicola Zinga-
retti e Luigi Di Maio nei ri-
spettivi colloqui. Il primo ha
dato la disponibilità a lavora-
re per un governo di svolta
con i grillini, elencando tre
punti per il Pd irrinunciabili
(via i decreti sicurezza, cen-
tralità del Parlamento e una
manovra economica equa);
per parte sua, il capo dei Cin-
que stelle ne ha messi in fila
ben 10 che Zingaretti ieri se-
ra ha definito «una buona ba-
se di partenza». I capigruppo
dei due partiti oggi si incon-
treranno per iniziare a discu-
tere, partendo dal taglio de-
gli «onorevoli» che nell’otti-
ca del Colle dovrà accompa-
gnarsi a una nuova legge elet-
torale.
Senza trasporto
La svolta è maturata quando
Luigi Di Maio ha informato il
presidente: «Proporrò ai
miei parlamentari di aprire
un negoziato con il Pd». Non
l’ha detto con un trasporto
particolare; uscendo dal col-
loquio, nemmeno ha citato il
Pd. Però non era scontato
che pronunciasse quelle pa-
role, e Mattarella non poteva
far finta di non averle udite.
Ora il presidente si aspetta
che venga individuato il futu-
ro premier, e a tale proposito
il capo dello Stato pretende-
rà che si tratti di figura capa-
ce di esercitare con autorevo-
lezza il suo ruolo. Il presiden-
te desidera conoscerne il no-
me entro martedì, quando
terrà nuove consultazioni.
Ma contrariamente a quanto
verrebbe da pensare, il pros-
simo giro di colloqui non sa-
rà limitato a Di Maio e Zinga-
retti. Sul Colle saliranno di
nuovo tutti i leader, compre-
si Silvio Berlusconi e Giorgia
Meloni. E come mai? Perché
ieri mattina pure loro, nello
studio presidenziale, hanno
adombrato ipotesi di nuove
maggioranze imperniate sul
centrodestra. Martedì avran-
no la possibilità di segnalare
eventuali passi avanti. Benin-
teso, Mattarella è il primo a
non crederci, però pure di
questo doveva tenere conto.
Tantomeno poteva ignorare
il colpo di teatro messo in sce-
na da Matteo Salvini, che a
certe condizioni (tutte da
chiarire) non esclude di tor-
nare coi Cinque stelle.
La mossa del “Capitano”
Meglio sarebbe andare di cor-
sa al voto, ha detto Salvini al
capo dello Stato; però «se
qualcuno mi dicesse ragio-
niamo, diamoci un tempo
per trasformare i “no” in “sì”,
io sono un uomo concreto e
non porterei rancore», ha ga-
rantito. Sul taccuino di Mat-
tarella sono finiti due concet-
ti. Il primo: esiste ancora una
possibilità, sia pure teorica,
di incollare i cocci della mag-
gioranza giallo-verde. Pare
che Salvini parli sul serio, e
non avanzi maliziosamente
l’ipotesi solo per mettere in
imbarazzo Di Maio. Seconda
annotazione presidenziale:
nonostante i proclami, pure
il “Capitano” chiede tempo
(lo ha ripetuto davanti alle te-
lecamere). Per farla breve, ie-
ri tutti volevano qualche gior-
no in più. E il presidente, do-
po due lunghe ore di concla-
ve con i collaboratori, ha rite-
nuto che negare un breve ”ti-
me-out” sarebbe stato ecces-
sivo. Martedì sera però sca-
drà l’ultimatum. E se non sa-
rà possibile conferire un inca-
rico di governo, il presidente
scioglierà le Camere, avverto-
no al Quirinale, senza ulterio-
ri rinvii. —
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Dopo le consultazioni di ieri il presidente Sergio Mattarella si è preso due ore di riflessione. Poco dopo le 20, poi, ha riferito sui colloqui di giornata
CARLO BERTINI
ROMA
«F
uori i secondi,
la palla passa
ai capi», è il gri-
do di battaglia
che risuona nelle stanze del
Nazareno quando le ambigui-
tà sembrano sciolte. E comun-
que «il nome del premier si sce-
glie insieme, non lo decidono
loro: noi abbiamo avuto più vo-
ti alle ultime elezioni, loro so-
no in crollo nei sondaggi...».
L’euforia di un Pd tornato in
gioco.
Passo indietro di due ore. Te-
lefonata tra Nicola Zingaretti
e Matteo Renzi. I due fanno il
punto, sentite le parole di Lui-
gi Di Maio nel corridoio della
Vetrata al Quirinale. «I due for-
ni sono inaccettabili, non si
può tollerare che il dialogo re-
sti aperto con la Lega». Zinga-
retti è perentorio. E Renzi è
d’accordo sul fatto che loro de-
vono chiudere il forno con Sal-
vini. «Non possono discutere
con noi e con lui». Fin dalla
mattina se le erano date per in-
terposta persona, dopo che la
delegazione era uscita dal Col-
le: Gentiloni veniva accusato
di voler sabotare tutto, perché
dal Pd erano uscite «tre condi-
zioni inderogabili» per i 5stel-
le, con tono perentorio: subito
accordo sulla manovra, via i
decreti sicurezza e no al taglio
dei parlamentari così come è.
A fatica tornava il sereno. La se-
ra la telefonata di disgelo. ren-
zi e Zingaretti si trovano in sin-
tonia sul nodo cruciale, che ri-
schia di mandare a monte tut-
to. Se non vi fosse la garanzia
che Di Maio non trama con sal-
vini, il leader Pd gli dirà «no
grazie, non siamo disponibi-
li». Alle 20 ancora la situazio-
ne era critica, malgrado input
distensivi da chi garantiva che
Di Maio si fosse sbilanciato
apertamente a favore del Pd
con Mattarella. Che però si
prendeva due ore per riflette-
re. «Due ore di apprensione»,
era il refrain nelle chat dei ren-
ziani del Senato. Timorosi che
Di Maio non fosse riuscito a
convincere il Presidente
dell’impegno da mettere nella
costruzione di un accordo. Zin-
garetti già refrattario di suo, af-
fiancato da un Gentiloni assai
scettico, deve superare la forte
irritazione per il fatto che Di
Maio non citi mai il Pd, destan-
do più di un sospetto. Solo i
renziani sono convinti che la
barca possa salpare. «Io non
ho avuto un’ impressione così
negativa, oggettivamente mi
pare ci sia disponibilità a fare
una cosa insieme», dice Ettore
Rosato per distendere il clima.
Pure Franceschini e Delrio fi-
brillano.
Ma poi arriva il sereno, con
il mandato ai gruppi parlamen-
tari grillini di avviare una inter-
locuzione col Pd. Ed è a quel
punto che nello studio del se-
gretario al Nazareno si sblocca
la situazione.
Seconda telefonata: Zinga-
retti parla con Di Maio e con-
vengono di vedersi, forse già
oggi. Ma la diffidenza perma-
ne, anche se il segretario si scio-
glie. «Dalle proposte e dai prin-
cipi da noi illustrati al Capo del-
lo Stato e dalle parole e dai
punti programmatici esposti
da Di Maio, emerge un quadro
su cui si può sicuramente ini-
ziare a lavorare».
E a questo punto una gran-
de eccitazione invade la war
room del leader Pd. «Abbiamo
vinto, hanno accettato le no-
stre condizioni», dicono i suoi.
«E ai nomi del premier e dei mi-
nistri ci si arriva dopo che ab-
biamo fatto la bozza della ma-
novra. Comunque bene, i dieci
punti potevano averli scritti
noi». Passata la paura, anche il
sospiro di sollievo. Perché in
fondo anche il punto sul con-
flitto di interesse letto da Di
Maio svelava la volontà di un
dialogo con il Pd e non con la
Lega. E pure sul taglio dei par-
lamentari c’è poco timore: il ta-
glio si deve fare entro la legisla-
tura e va bene. Ora piano pia-
no si comincia. Prima di tutto
dunque, dovranno incontrarsi
i capi e poi ci sarà la prima riu-
nione del gruppo di contatto
Dem con i due capigruppo e i
due vicesegretari. A seguire
quella con la delegazione grilli-
na. La partita è solo all’inizio.
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RETROSCENA
ANSA
Il capo politico dei Cinque Stelle Luigi Di Maio
ILARIO LOMBARDO
ROMA
I
l ministro della Giustizia
Alfonso Bonafede arriva
all’assemblea congiunta
dei parlamentari M5S
zoppicando vistosamente.
«Calcetto» risponde. Sicuro
che non sia stato un calcione
di Matteo Salvini?, gli chiedo-
no scherzando. «Salvini ha fat-
to di più. Ha azzoppato l’Ita-
lia». Un altro macigno tomba-
le su qualsiasi ipotesi di ricuci-
tura con la Lega. Un’altra spin-
ta verso la nuova creatura “de-
mogrillina”, che per nascere
avrà bisogno di ancora un po’
di pazienza, e di varie rifinitu-
re nel quadro di un accordo
che in casa 5 Stelle danno or-
mai blindato grazie a uno
scambio: l’ok al taglio dei par-
lamentari, come richiesto dai
grillini, sarà accompagnato
da una legge proporzionale.
Nel corridoio della Vetrata,
dopo essere uscito dallo stu-
dio di Sergio Mattarella, Luigi
Di Maio ha celebrato il re-
quiem del governo giallover-
de. Una messa in dieci punti.
Un decalogo che teoricamen-
te il leader grillino consegna a
un ignoto interlocutore, che
potrebbe essere benissimo sia
il Pd sia la Lega. Ma i dieci co-
mandamenti sembrano già
nella loro formulazione una ri-
sposta di disponibilità rivolta
a chi, Nicola Zingaretti, aveva
proposto il giorno prima un’a-
genda di cinque punti. Il M5S
rilancia e raddoppia per seder-
si al tavolo del segretario
dem. E conta relativamente
che Di Maio non abbia mai
pronunciato il nome del Pd
nel suo intervento di fronte al-
le telecamere, gettando
nell’ansia i suoi parlamentari
e i colleghi democratici.
Perché poco dopo, l’assem-
blea dei deputati e dei senato-
ri dà mandato, tra gli applau-
si, a Di Maio e ai due capigrup-
po, Stefano Patuanelli e Fran-
cesco D’Uva, di andare a in-
contrare gli uomini di Zinga-
retti. Non sfonda il muro del ri-
sentimento personale, l’ulti-
missima offerta di Salvini che
sembra quasi paventare la pos-
sibilità di consegnare a Di Ma-
io in persona le chiavi di Palaz-
zo Chigi al posto di Giuseppe
Conte. «Non cambia nulla», di-
ce Vincenzo Spadafora, tessi-
tore dell’asse con i dem. Il for-
no con la Lega continua a esse-
re tiepido per ragioni pura-
mente tattiche, come spiega-
no i capigruppo ai parlamenta-
ri riuniti alla Camera. Dopo
tre giorni di silenzio imposto,
mentre il Pd era sballottato da
un diluvio di voci, i 5 Stelle
hanno voglia di far pesare i
propri numeri in Parlamento
e non concedere al probabile
futuro alleato l’impressione di
essere pronti ad accettare
qualsiasi veto. La trattativa de-
colla, perché in realtà era par-
tita da giorni.
Eppure, per qualche ora, ie-
ri, si è temuto il naufragio. È
stato quando nell’appendice
in tre punti, dei cinque di Zin-
garetti, il Pd ha minacciato di
cancellare le riforme bibliche
del M5S: taglio dei parlamen-
tari e referendum propositi-
vo. Un trionfo della democra-
zia diretta sognata da Gianro-
berto Casaleggio che i dem vo-
gliono affossare. Le rassicura-
zioni però arrivano subito, in
un giro di telefonate e poi in
una rassicurazione del capo-
gruppo Graziano Delrio: «Sia-
mo a favore del taglio dei par-
lamentari che pure avevamo
già proposto in passato, ma
chiediamo sia inserito in una
agenda complessiva che ten-
ga conto di una riforma della
legge elettorale che garanti-
sca rappresentanza democra-
tica ai territori».
Parole che potrebbero aver
spaventato Davide Casaleg-
gio se è vero, come scrive il si-
to Dagospia, che il presidente
dell’Associazione Rousseau
ha scritto ad alcuni parlamen-
tari di non fidarsi del Pd e di va-
lutare se ci sono margini di «ri-
composizione con la Lega».
Un’indiscrezione che ha getta-
to nel panico molti parlamen-
tari e fatto infuriare i tanti che
continuano a chiedersi per-
ché Casaleggio, debba avere
un potere nel M5S solo per ra-
gioni dinastiche. —
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Daje, ragazzi daje,
che peggio della Roma
non potete giocare.
GIALLOROSSI
JENA
[email protected]
Chiamata di disgelo
tra i due leader:
oggi potrebbero
già incontrarsi
LA CRISI
I PUNTI DEL PD
Telefonata Zingaretti-Renzi: ora Di Maio chiuda con Salvini
La sfida dei dem
“Il nome del premier
si sceglie insieme”
Il Pd incassa una legge elettorale proporzionale. I dubbi di Casaleggio
Di Maio crede all’intesa
dopo le rassicurazioni
sul Parlamento ridotto
Camera
630
DEPUTATI
216
M5S
111
PD^316
Maggioranza
seggi
richiesta 14
LEU
14
Altri
centrosinistra
355
I PUNTI DEL M5S
ANSA
5
Taglio immediato
dei parlamentari
Una manovra con salario
minimo e taglio del cuneo
Piano sull’ambiente per un
Paese rinnovabile al 100%
Piano di investimenti per
il Sud con una banca ad hoc
Riforma
del sistema bancario
Tutela dei beni comuni,
dall'acqua alla scuola
Se non sarà possibile
conferire un incarico
di governo, verranno
sciolte le Camere
Oggi i capigruppo
dem e grillini
inizieranno a discutere
di programma
La diffidenza resta
il taglio
dei parlamentari
primo banco di prova
No alla riduzione dei parlamen-
tari ma riforma più ampia
Intesa sulla manovra prima
del via del nuovo governo
Abrogazione dei decreti
sicurezza voluti di Salvini
8
9
10
Il Colle dà 5 giorni a Pd e grillini
Salvini prova a tornare in campo
Martedì scade l’ultimatum di Mattarella: senza intese si va a votare. Mossa a sorpresa della Lega
Senato
320
SENATORI
107
M5S
51
PD^8
Autonomie 161
Maggioranza
seggi
richiesta 4
LEU
8
Altri
centrosinistra
178
1 2 3 1 2 3
LA CRISI
2 LASTAMPAVENERDÌ 23 AGOSTO 2019
PRIMO PIANO