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Progetti di infrastrutture dopo la cessione di Italdesign ai tedeschi
Giugiaro, nuova vita con l’architettura
Cento milioni di ordini in Arabia e Usa
LEONARDO MARTINELLI
PARIGI
Ci risiamo con la guerra fra
Mediaset e Vivendi. O me-
glio tra due dinastie: i Berlu-
sconi da una parte e i Bollo-
ré dall’altra. Mancano me-
no di due settimane dall’as-
semblea straordinaria indet-
ta dal Biscione (il 4 settem-
bre) per fondersi con la con-
trollata spagnola e dare vita
a una nuova holding (Me-
diaForEurope), con sede in
Olanda: la volontà è trasfor-
marla nella base di un polo
tv europeo, aperto a ulterio-
ri alleanze. Ebbene, secon-
do i vertici di Mediaset, Vi-
vendi sta remando contro l’i-
niziativa. E lo starebbe fa-
cendo in maniera scorretta,
tanto che il gruppo italiano
ha depositato ieri in Consob
un esposto: denuncia Viven-
di di deprimere volontaria-
mente il titolo in Borsa.
Indiscrezioni di Bloomberg
«Come già accaduto nel lu-
glio scorso – ha indicato Me-
diaset -, non appena l’azione
ha toccato la soglia dei tre eu-
ro, discostandosi così in mo-
do apprezzabile dal valore di
recesso, Vivendi ha fatto fil-
trare notizie non confermate
con l’evidente intento di scre-
ditare tanto il merito della fu-
sione transfrontaliera delibe-
rata dai Cda di Mediaset e
Mediaset España lo scorso 7
giugno, quanto la possibilità
di realizzarla». La società fa
riferimento a un’indiscrezio-
ne messa in giro nei giorni
scorsi dall’agenzia Bloom-
berg, secondo cui Vivendi
starebbe pianificando di vo-
tare contro l’operazione.
Dalla sede della media
company francese, a Parigi,
arriva al riguardo un sonoro
«no comment». Anzi, con un
pizzico d’ironia, specificano:
«Poiché ci accusano di parla-
re troppo, stiamo proprio zit-
ti». Ma nell’esposto di Media-
set si va oltre. Si auspica che
il gruppo francese «venga in-
vitato ufficialmente a pren-
dere una posizione pubblica
e inequivocabile in merito al-
le sue reali intenzioni sull’o-
perazione». Insomma, inve-
ce di lanciare supposte indi-
screzioni a qualche giornali-
sta, dire chiaramente cosa
ne pensano. La Consob po-
trebbe chiederlo a Vivendi o
passare attraverso il suo equi-
valente francese, l’Amf, an-
che se tutto questo resta nel-
la realtà molto teorico.
I Berlusconi, mediante Fi-
ninvest, controllano il
44,1% di Mediaset mentre
Vivendi il 22,8%, anche se
oltre il 19% è congelato in
un trust. Per tale quota i
francesi non potranno eser-
citare i loro diritti di voto il 4
settembre e, quindi, anche
se volessero, non potranno
osteggiare la nascita di Me-
diaForEurope (Mfe).
I fondi di investimento
Il timore, però, per i vertici
del Biscione è che infuenzi-
no i fondi d’investimento
che detengono quote minori-
tarie. Va detto che ieri il tito-
lo Mediaset ha chiuso in rial-
zo dello 0,51%, a quota 2,
euro: come dire, sopra i
2,77, livello che corrisponde
al valore di recesso (sarà rico-
nosciuto agli azionisti che
nella prossima assemblea
non approveranno l’opera-
zione prevista).
Fonti vicine a Mediaset
sottolineano che «il merca-
to ci sta premiando: confer-
ma che il nostro progetto è
valido», anche se, ogni volta
che emergono indiscrezioni
sulla supposta opposizione
di Vivendi, l’azione del Bi-
scione regolarmente rallen-
ta la sua corsa.
Al di là del no comment
della media company france-
se, tra Parigi e Milano rimbal-
zano voci sul fatto che alcuni
studi di avvocati stiano valu-
tando per conto di Vivendi le
possibilità di impedire giuri-
dicamente la nascita di Mfe.
Un fattore rende plausibile il
no di Vincent Bolloré al pro-
getto. Piersilvio Berlusconi
ha già aperto negoziati con
altri gruppi tv europei, fra
cui la privata Tf1, che in Fran-
cia è proprio il rivale numero
uno (soprattutto nella fic-
tion) di Canal+, la pay tv di
Vivendi. Senza contare che il
patron di quel colosso, Mar-
tin Bouygues, già compagno
di liceo di Bolloré e suo ami-
co del cuore, non gli parla
più dalla fine degli anni No-
vanta, da quando Vincent
tentò di scalare a sorpresa il
suo gruppo. —
c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI
LUIGI GRASSIA
TORINO
D
opo aver ceduto l’I-
taldesign alla Volk-
swagen, la famiglia
Giugiaro non si è riti-
rata dall’attività in cui ha con-
quistato fama mondiale: tut-
tora possiede un’azienda
nell’«automotive», più altre
due che si dedicano all’archi-
tettura; fra queste, la Giugia-
ro Architettura & Structures,
con sede a Verona, progetta e
costruisce gli involucri (cioè
le facciate e gli elementi ester-
ni) di edifici e infrastrutture
di prestigio, e proprio in que-
sti giorni sta realizzando a
Riad il distretto finanziario
King Abdullah. Sempre in
Arabia Saudita l’azienda è
coinvolta nel progetto di
Neom, la nuova città iper-tec-
nologica da 500 miliardi di
dollari; in quella zona la Giu-
giaro Architettura & Structu-
res ha completato un mese fa
un nuovo palazzo reale. E
sommando le commesse nel
Golfo, negli Usa e in Europa
questa società dei Giugiaro
fattura 25 milioni di euro e ha
un portafoglio ordini di 100
milioni; il tutto a soli 5 anni
dalla nascita dell’azienda.
L’amministratore delega-
to Alberto Fumagalli (mila-
nese e bocconiano, cinquan-
tacinquenne e attivo nel
gruppo Giugiaro dal 2000)
prevede «una crescita del fat-
turato fra i 70 e gli 80 milioni
di euro nei prossimi anni»; e
non di più, perché «con l’at-
tuale struttura aziendale,
che conta su circa ottanta per-
sone, un lavoro così delicato
e preciso come quello che fac-
ciamo non potrebbe disper-
dersi su un numero troppo
grande di progetti»; si tratta
di tutelare la qualità e la repu-
tazione di questo particolare
settore del Made in Italy, e
per lo stesso motivo, aggiun-
ge Fumagalli, «quando abbia-
mo acquisito un’azienda in
Romania l’abbiamo trasferi-
ta tutta in Italia, perché i no-
stri clienti nel mondo si aspet-
tano un prodotto italiano».
Non è un dettaglio che di
questo si parli proprio ades-
so, al culmine dell’estate, per-
ché il mondo non si ferma:
non solo Giugiaro Architettu-
ra & Structures ha completa-
to il palazzo reale a luglio e
iniziato il distretto finanzia-
rio ad agosto, ma in questi
stessi giorni ha finito un edifi-
cio a Harlem ( New York).
L’azienda di Fumagalli
non ha chiuso nel mese di
agosto la sede di Verona. Di-
ce il top manager: «Devo tira-
re le orecchie a qualche no-
stro fornitore. Chi lavora con
l’estero non può chiudere ad
agosto per 4 settimane». —
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EF
ECONOMIA
& FINANZA
Antonio Patuelli (Abi)
BIANCHERIA IN ROSSO
Scoppia la crisi
dell’intimo sexy
Victoria’s Secret
i ricavi calano
TORINO
La Bce allenta le regole per lo
smaltimento dei nuovi crediti
deteriorati, accogliendo le re-
gole fissate dal Parlamento eu-
ropeo, ma ammonisce le ban-
che ad accelerare ancora nel-
la riduzione degli stock.
In cinque anni di vigilanza
bancaria europea, il valore
dei crediti deteriorati si è qua-
si dimezzato, dai 1.000 miliar-
di del novembre 2014 ai 587
del marzo scorso. Ma, scrive
la Vigilanza Bce nella sua no-
ta, «malgrado i recenti pro-
gressi, ritiene indispensabile
l'ulteriore riduzione del livel-
lo degli Npl, per risolvere il
problema in tempi rapidi, fin-
ché le condizioni economiche
sono ancora favorevoli». Le
banche italiane, nota uno stu-
dio della Fabi, in tre anni han-
no ceduto crediti deteriorati
per 123 miliardi di euro. Ma
l'eccesso di garanzie richieste
rappresenta un ostacolo per
le imprese alla ricerca di credi-
to, spesso impegnate in una
vera e propria via crucis per ot-
tenere il risultato. Tanto è ve-
ro che in un anno lo stock di
prestiti è diminuito di 45 mi-
liardi, pari a una riduzione
del 6,37%: a giugno 2019 il to-
tale dei crediti si attestava a
658 miliardi contro i 703 mi-
liardi di giugno 2018.
I mercati
La Borsa registra favorevol-
mente la decisione della vigi-
lanza europea, con Banco
Bpm (+2,2%), Fineco
(+1,4%), Ubi e Unicredit
(+1,3%), Intesa (+1%). Giu-
dizio positivo arriva anche
dall'Abi, secondo la quale si
pone fine a dubbi interpretati-
vi. Soddisfatto anche il presi-
dente della commissione pro-
blemi economici del Parla-
mento Europeo, Roberto
Gualtieri. Il documento - spie-
ga l'europarlamentare - riba-
disce inoltre le decisioni dello
scorso luglio sulla «natura
non vincolante e ban-
ca-per-banca delle raccoman-
dazioni sugli stock». In realtà,
il documento tecnico della vi-
gilanza bancaria non cambia
sui vecchi crediti, anche se
per quelli a partire dal primo
aprile del 2018 viene conces-
so qualche anno in più per ade-
guarsi ai criteri fissati: si sale
dai 2-5 anni previsti per i vec-
chi stock a seconda del livello
di esposizione, ai 3-7 anni in-
trodotti per questo periodo di
transizione. Viene anche fatta
trasparenza sul calendario
per i non performing loans
del vecchio stock. Sono suddi-
visi in tre categorie in base al li-
vello di esposizione a questi
crediti: quelli con un indice
sotto il 5%, quelli tra il 5 e il
12,5% e quelli sopra il 12,5%.
La vera novità è per i crediti
deteriorati dallo scorso 26
aprile. Di fatto è un adegua-
mento al regolamento del Par-
lamento Ue fatta con la cosid-
detta disciplina del «primo pi-
lastro» che impone una dedu-
zione dai fondi proprio per le
esposizioni deteriorate non
sufficientemente coperte da
accantonamenti o altre rettifi-
che che, anche se concessi in
precedenza, diventano dete-
riorati. In questo caso la Bce
concentrerà la propria atten-
zione su «rischi connessi». A
questo si aggiunge la ridefini-
zione dei calendari per gli ac-
cantonamenti prudenziali.
Che però - scrive nero su bian-
co la vigilanza della Bce - la-
scia «immutate» le aspettati-
ve «rispetto alle lettere invia-
te alle banche nell'ambito del
processo di revisione e valuta-
zione prudenziale». G. PAO. —
c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI
L’Autorità di controllo
potrebbe chiedere
a Parigi di chiarire
le sue intenzioni
La recessione non risparmia
neanche collant e reggiseni.
E così anche Victoria’s Se-
cret, uno dei marchi di inti-
mo più sexy al mondo, deve
fare i conti con la crisi. Nel
secondo trimestre le vendi-
te sono calate del 7% a 1,
miliardi di dollari. È il quar-
to trimestre consecutivo di
contrazione. I risultati delu-
denti pesano sulla holding L
Brands che in Borsa ha per-
so fino all’8%. Ma perché
Victoria’s Secret ha meno
clienti? Secondo gli analisti,
i prodotti dei rivali meno se-
xy ma più confortevoli stan-
no avendo la meglio. R.E. —
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FRANCESCO SEMPRINI
NEW YORK
I
n occasione del decenna-
le del fallimento di Leh-
man Brothers, parlando
con David Ambinder ex
capo della «Business sup-
port services» della sfortuna-
ta banca d’affari, gli chie-
demmo se Wall Street aves-
se imparato la lezione. La ri-
sposta fu: «Assolutamente
no. Le crisi e gli scandali che
si sono succeduti negli ulti-
mi venti anni lo dimostrano,
si tratta di fenomeni ciclici
che si ripropongono e si ri-
proporranno. Specie se si
persegue la strada della de-
regolamentazione spinta».
Ecco che le parole del ban-
chiere pentito si sono rivela-
ta profetiche. Da alcuni me-
si sui mercati finanziari han-
no fatto il loro ritorno i «sub-
prime», i mutui ad alto ri-
schio e alto rendimento, con-
siderati il peccato originale
della crisi del decennio scor-
so. Fu proprio il loro uso dila-
gante, o meglio abuso, che
innescò l’esplosiva contra-
zione creditizia. Attenzione
a farsi ingannare però, per-
ché questi prestiti per la casa
non si chiamano più subpri-
me, bensì «non-qualified
loan», per definire i prestiti
destinati a chi non è titolato
ad ottenere un mutuo nor-
male. In gergo vengono an-
che chiamati «skinny loan»
ovvero mutui magri, desti-
nati a chi non ha molto dena-
ro da spendere.
Citigroup e Credit Suisse
sono tornati a gestire questi
mutui seguendo l’esempio
di altre due big di Wall
Street, JpMorgan Chase e
Wells Fargo. Citigroup ha ac-
quisito 362,58 milioni di mu-
tui «magri» erogati da Im-
pac Mortgage Holdings,
mentre Credit Suisse ha per
le mani 355,8 milioni eroga-
ti da Kroll Bond Rating Agen-
cy relativi soprattutto al mer-
cato californiano.
Sebbene abbiano cambia-
to pelle, gli esperti sono con-
cordi nell’affermare che i
«non-qualified loan» posso-
no essere ricondotti a un’am-
pia fattispecie dei subprime.
L’origine dei «mutui magri»
risale al 2015 ma il loro volu-
me sui mercati è andato cre-
scendo rapidamente di re-
cente dopo che le grandi
banche hanno iniziato a inte-
ressarsi a questo genere di
prestiti per la casa. Così l’of-
ferta complessiva ha rag-
giunto i 21 miliardi di dolla-
ri nel 2019. In ogni caso il
mercato è ancora ben al di
sotto dei livelli di circolazio-
ne dei subprime precedenti
alla crisi. L’elemento di ri-
schio rimane tuttavia la car-
tolarizzazione di questi mu-
tui ovvero l’erogazione di
strumenti finanziari legati a
tali prestiti.
Fu proprio di questi tem-
pi, nell’agosto del 2007, che
fallivano due fondi specula-
tivi della banca d’affari Bear
Stearns, entrambi operativi
nel mercato della cartolariz-
zazione dei subprime. Dalla
storiografia finanziaria quel-
lo è visto come l’inizio dello
tsunami finanziario che in-
vestì Wall Street, causando
la crisi peggiore che il mon-
do moderno abbia conosciu-
to dai tempi della Grande de-
pressione degli anni Venti e
Trenta. —
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Uno scorcio del King Abdullah Financial District di Riad
i verbali del board
L’Eurotower apre
alla fine del vincolo
dell’inflazione al 2%
Nel board della Bce c’è un
ampio consenso per sulla ne-
cessità di varare «un pac-
chetto» di misure in grado di
contrastare il rallentamen-
to dell'economia e il raffred-
darsi dell'inflazione. E per la
prima volta da quando ven-
gono pubblicate le minute
delle riunioni, c’è stato un di-
battito sulla necessità di ri-
vedere il vincolo statutario
di mantenere l’inflazione in-
torno al 2%. Tra le misure
possibili, ci sono il taglio dei
tassi, una revisione della gui-
dance, un nuovo program-
ma di acquisto di titoli e
provvedimenti in grado di
contrastare la ricaduta dei
tassi negativi sui bilanci ban-
cari. I componenti del diret-
tivo hanno espresso l'opinio-
ne che «le varie opzioni ven-
gano viste come un pacchet-
to, poiché», si legge nel ver-
bale, «l'esperienza dimostra
che un pacchetto è più effica-
ce di una sequenza di singo-
le misure».
44,1%
La percentuale di
azioni Mediaset che ha
la famiglia Berlusconi
tramite Fininvest
Osram rompe gli indugi e appoggia l’offerta
dell’austriaca Ams (38,5 euro per azione), ma la
parola spetta agli azionisti, che potranno sceglie-
re tra questa e quella dei fondi Carlyle e Bain. A
comunicare la notizia è stato il presidente del
consiglio di gestione e amministratore delegato
Olaf Berlien (foto) presentando agli analisti la de-
cisione dei consigli di gestione e di sorveglianza
di ritirare la moratoria con Ams per appoggiarne
l’offerta. In pratica «Ams pubblicherà l’offerta
entro l’1 settembre – ha spiegato – e al suo av-
vio si prorogherà l’offerta di Carlyle, per dare agli
azionisti la possibilità di scegliere tra due propo-
ste chiare che si concludono tra la fine di settem-
bre e l’inizio di ottobre». In base alla legge tede-
sca, però, i due contendenti potranno alzare la
posta in corso d’opera. Carlyle e Bain hanno mes-
so sul piatto lo scorso 5 luglio 35 euro per azio-
ne. L’offerta da 3,4 miliardi scade il 5 settembre
ma non è escluso che i due fondi potrebbero alza-
re la posta in gioco. Allianz, primo socio con il
10% di Osram, ha comunque preferito dare subi-
to l’ok all’austriaca Ams. R.E —
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2008: un dipendente esce dalla sede di Lehman dopo il crac
768
Il peso dei debiti
(in miliardi di dollari)
che fecero fallire
Lehman Brothers
LA STORIA
il biscione attacca: il mercato ci premia, il nostro progetto è valido. l’ira di bolloré per l’intesa tra berlusconi e tf
“Vivendi fa scendere i nostri titoli in Borsa”
Mediaset presenta un esposto alla Consob
Il gruppo francese replica a Cologno Monzese: “Stiamo proprio zitti, visto che ci accusano di parlare troppo”
ITALIA
FTSE/MIB
20.
-0,14%
Le lampadine Osram
dicono sì all’Opa
dell’austriaca Ams
EURO-DOLLARO
CAMBIO
1,
-0,18%
PETROLIO
WTI/NEW YORK
53,
-0,60%
ALL'ESTERO
DOW JONES
26.
+0,20%
NASDAQ
7.
-0,36%
Il punto della
giornata
economica
+0,51%
È quanto
ha guadagnato
ieri in Borsa
il titolo Mediaset
22,8%
La quota di azioni
Mediaset in mano
a Vivendi anche se
il 19% è congelato
IL CASO
ANSA
Ora si chiamano “prestiti magri”. Li favorisce la deregolamentazione
Ma restano un pericolo per la stabilità del sistema finanziario
Tornano i mutui subprime
Negli Stati Uniti
già 21 miliardi di prestiti
FTSE/ITALIA
22.
-0,15%
accolti i rilievi ue per i nuovi prestiti. in cinque anni dimezzate le sofferenze
Dalla Bce regole meno rigide
per smaltire i crediti deteriorati
Ma i sindacati bancari avvisano: più difficile finanziare le imprese
20 LASTAMPAVENERDÌ 23 AGOSTO 2019
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