la Repubblica - 20.08.2019

(nextflipdebug5) #1
Freiwillige avevano trovato tre trappole, tutte e tre
funzionanti, ma nessuna in condizione di nuocere
quanto quella che per poco non aveva ucciso il mare-
sciallo Fanti. La prima nella zona del Tovo, la secon-
da nei dintorni di Braies, l’ultima a due passi dall’abi-
tato di Moso. Gli esperti della guardia forestale ave-
vano stabilito che erano state collocate circa un mese prima.
False piste. Trucco vecchio come il mondo.
Quelle diavolerie avrebbero dovuto indurre Orlandi a spostare gli
uomini da una zona all’altra, in cerca di tracce che, ne era certo, Gert
non aveva trascurato di lasciare per loro, ma che li avrebbero solo fat-
ti girare in tondo. La fuga del soggetto, insomma, era stata pianifica-
ta con anticipo.
Il primo istinto del capitano era stato di dirottare le forze verso le
zone in cui i gruppi di ricerca non avevano trovato neppure un filo
d’erba smosso, o dove sarebbe stato impensabile arrivare con una
bambina al seguito, perché era lì che avrebbero trovato entrambi. Ma
tali manovre avrebbero messo in allerta Gert, ed era meglio non
scherzare con un paranoico omicida armato di nove millimetri. Or-
landi aveva deciso di scacciare il fuoco con il fuoco. Gert usava vec-
chi stratagemmi per fregarlo?
Lui ne avrebbe usato uno altrettanto antico: il cavallo di Troia.
Al telefono il generale Leoni aveva ascoltato il suo piano e dato il
via libera. Orlandi aveva mandato Terlizzi a sirene spiegate fino a
Pontives, sede dell’Aiut Alpin Dolomites. Terlizzi aveva fatto giusto
in tempo a spiegare agli uomini dell’Aiut l’idea di Orlandi che, da un
furgone senza insegne, erano sbucati cinque uomini col Mephisto
calcato sul viso e l’MP5 a tracolla. Gis. Gruppo Intervento Speciale. Le
teste di cuoio dei carabinieri. I Gis si erano impadroniti dell’elicotte-
ro e avevano iniziato a sorvolare le zone dove Gert e la bambina non
avevano lasciato alcun segno.
Stipati nell’EC-135 rosso dell’Aiut Alpin, gli uomini del Gis erano in-
visibili e in bella mostra allo stesso tempo. Con tutta quella pioggia e
il viavai di elicotteri del soccorso, l’EC-135 non avrebbe destato so-
spetti.
Come l’inganno ordito da Ulisse, anche quello del capitano Orlan-
di funzionò. Dopo ore di attesa, alla radio della stazione di San Candi-
do arrivò il segnale.


  • In custodia.

    Quando gli uomini del Gis scaricarono il soggetto nel piazzale della
    stazione, ci fu un lungo appaluso da parte di tutti i presenti. Gert, te-
    sta china e fascette di plastica ai polsi, fu portato in una stanzetta di-
    sadorna. Un tavolo rivestito di formica imbullonato al pavimento,
    una sedia anch’essa avvitata e una telecamera a circuito chiuso colle-
    gata allo schermo di un ufficio adiacente, in cui Melan dovette farsi
    largo a fatica per poter assistere all’interrogatorio.
    Gert aveva smesso di lamentarsi e se ne stava a occhi chiusi. La sua
    cattura aveva scatenato gli entusiasmi, ma la partita non era conclu-
    sa. Dora era ancora là fuori.
    La prassi richiedeva che il soggetto restasse da solo per un’ora o
    due, a «cuocere», come si diceva. Il tempo però stringeva.



  • Zitti, – disse qualcuno, quando il capitano Orlandi, il Pm Baldini e
    un avvocato di Sesto, convocato d’urgenza, fecero il loro ingresso nel-
    la stanza degli interrogatori.


  • Gert Schafer, – esordì il capitano. – Lei si trova in stato di fermo
    per il sequestro di Dora Maria Holler, l’omicidio di Hannes Baumgart-
    ner e il ferimento del maresciallo Antonio Fanti. Io sono il capitano
    Orlandi, questi è il procuratore Baldini. L’avvocato Valentino Muser
    è qui per controllare che lei abbia inteso la situazione e difendere i
    suoi interessi al meglio delle proprie capacità. Mi ha capito?
    Nessuna risposta.

  • Per me è un sì, – fece Orlandi.
    L’avvocato avvampò, poi annuì energicamente. Baldini si aggiustò
    la cravatta.

  • Signor Schafer, la sua situazione è molto grave, spero che lei...

  • Come sta?
    Gert aveva parlato senza sollevare la testa, e per un attimo i presen-
    ti pensarono di aver sentito male.

  • Chi?

  • Il maresciallo.

  • Non è in pericolo di vita.
    Gert annuì.

  • Non potevo calcolare l’altezza delle ganasce. Non in maniera pre-
    cisa.

  • Sta dicendo, – fece l’avvocato, – che non era sua intenzione uccide-
    re il maresciallo o chiunque fosse incappato nella trappola?

  • Affermativo. Ferire sì, – fu la risposta. – Uccidere no.

  • Ha usato gli scarponi di Dora per sviare i cani, – disse Orlandi. –
    Un’ottima mossa.

  • È una domanda?

  • La domanda è: dove si trova Dora?
    Gert alzò gli occhi dal tavolo. – E lei lo sa dove si trova, capitano Or-
    landi?

  • Dalla parte giusta della scrivania, – rispose l’ufficiale, citando un
    detto che Fanti ripeteva sempre.

  • Negativo. Lei è al centro della ragnatela e pensa di essere il ragno.
    Crede di conoscere e vedere. Ma non vede, no. Non sa. Perché non
    vuole vedere e non vuole sapere.

  • Se intende giocarsi la carta dell’infermità mentale...

  • Lei non è il ragno, lei è una mosca finita per sbaglio nella tela.

  • Dov’è Dora?

  • Ci sono luoghi nascosti. Sentieri nascosti. Pensieri, – sussurrò
    Gert, – nascosti.

    Prima che ai network televisivi fu al bar di San Candido che arrivò
    la notizia della cattura di Gert. Ci furono pugni alzati, grida di giubi-
    lo, e il proprietario servì un giro gratis per tutti.
    La persona che aveva dato la notizia, un lavapiatti del ristorante po-
    co distante dalla stazione dei carabinieri, assaporò il suo quarto d’o-
    ra di celebrità. Raccontò di aver visto atterrare l’elicottero dell’Aiut,
    quello rosso, era strano, no? Già, molto strano, dicevano i presenti
    pendendo dalle sue labbra. Così sono andato a dare un’occhiata. C’e-
    rano dei tizi che facevano paura, cappucci, mitra... E in mezzo, il mat-
    to della foto in tv. Qualcuno ne ricordava il nome, qualcuno usò vari
    appellativi per definirlo. E poi? L’hanno trascinato dentro, insieme
    ad altri due. Uno alto e uno basso. Chi erano? Gente di Sesto? Di San
    Candido? Il lavapiatti non li conosceva, ma erano zuppi di pioggia e
    da come gli incappucciati li trattavano aveva capito che...



  • Birra! – esclamò Alto facendo il suo ingresso insieme a Basso. – Bir-
    ra per tutti!
    La voce si sparse, erano arrivati i due eroi che avevano trovato
    Gert. Non erano della zona, ma parlavano dialokt, offrivano da bere e
    raccontavano che se quei figli di buona donna che si credevano Ram-
    bo non li avessero fermati...

  • Alle gambe, potete giurarci! Un colpo pulito, da parte a parte. Mi-
    ca siamo assassini. E poi volevamo che parlasse.

  • Per trovare Dora?

  • Certo. Quei Rambo lì l’hanno portato in caserma, giusto? E cosa
    pensate che gli faranno i carabinieri? Gli diranno che ha dritto a un
    avvocato, poi gli daranno da mangiare e magari anche un caffè. Lo
    vuole con lo zucchero o preferisce senza, signor figlio di puttana? No-
    ialtri... – Alto passò il braccio attorno alla spalla di Basso, taciturno,
    accanto a lui. – Ci hanno sequestrato i ferri del mestiere e nemmeno
    un grazie. E la ragazzina? Chissà dov’è adesso. Se ci avessero lasciati
    fare...
    Ci furono dei commenti indignati, poi tutti ammutolirono. L’uomo
    fendette la folla senza dover spingere. Era Matthias Holler, il padre
    della bambina.

  • Raccontatemi, per favore.
    I due lo fecero e al termine del resoconto Matthias Holler li abbrac-
    ciò. Prima Alto, poi Basso. Poi di nuovo entrambi. Probabilmente sa-
    rebbe andato avanti ancora così, se non fosse stato per il lavapiatti
    del ristorante che si intromise.

  • Stanno arrivando quelli della tv. Vogliono un’intervista.
    I due bracconieri diedero una pacca a Matthias Holler e chiesero
    dell’uscita secondaria.

  • Giornalisti? Al diavolo, i giornalisti, – dissero.

  • Maledetti sciacalli, – fece eco il lavapiatti, già sorridendo a teleca-
    mere invisibili. Dopotutto, in mancanza dei due eroi, era a lui che toc-
    cava dire qualcosa.
    Per Dora, se non altro.


  • Dov’è?
    Matthias Holler spintonò di lato il carabiniere alla porta ed entrò
    sotto lo sguardo di uno degli uomini del Gis, un bestione calvo che
    stava sorseggiando un tè. Il padre di Dora si scagliò anche contro di
    lui. L’uomo del Gis schivò l’attacco senza far cadere una goccia della
    bevanda, gli torse il braccio dietro la schiena e lo costrinse contro la
    parete.

  • Qui c’è un tizio che ha voglia di menare le mani, – disse a voce alta
    l’uomo del Gis.
    Terlizzi arrivò di corsa.

  • Signor Holler, si calmi, la prego.
    L’uomo del Gis fece due più due, lasciò la presa e tornò a sorseggia-
    re il suo tè.

  • È vero che l’hanno preso? – chiese il padre di Dora.

  • Sì, – Terlizzi indicò l’uomo calvo con il bicchiere fra le mani. – E so-
    no stati questi uomini. Sarebbe il caso che lei si scusasse, non crede?
    Matthias Holler proseguì come se non avesse udito nulla.

  • E Dora?

  • Stanno interrogando il soggetto. È questione di tempo e...

  • Lasciatelo a me, – fece il signor Holler, rosso in viso. – Cinque mi-
    nuti. Solo cinque minuti e io...
    Terlizzi gli appoggiò la mano sulla spalla.

  • Quei cinque minuti le costerebbero la vita di sua figlia. Si fidi di
    noi.
    Matthias Holler scoppiò in lacrime.


  • I miei uomini stanno setacciando la montagna, rivoltando ogni
    pietra. Troveranno Dora comunque.

  • Negativo, capitano. Non la troveranno mai.

  • Davvero, – chiese Orlandi, – vuole passare in galera il resto della vi-
    ta?

  • Gabbie, – disse sprezzante Gert. – Voi non sapete cosa sono le gab-
    bie.

  • Se lei, – proseguì Baldini conciliante, – ci darà una mano a trovare
    Dora, la cosa avrà un peso in sede processuale.
    Gert si allungò verso il Pm.

  • Dora è al sicuro. Nessuno può trovarla. Non voi, non loro, nessu-
    no.

  • Loro? Chi sono loro?
    Il viso di Gert si chiuse in una smorfia di scherno.


Dora, 13 anni,


è scappata


di casa.


Con lei, Gert.


Gert che dà segni


di squilibrio


e ha una pistola.


La stessa


con cui potrebbe


aver ucciso


Hannes.


Due squadre


sulle loro tracce.


Quella del


capitano Orlandi,


e quella di Viktor


Martini,


l’inquilino


dell’ufficio s.


Finalmente,


un grido arriva


al comando:


“Preso!”.


kLe illustrazioni
La copertina e le pagine interne
sono illustrate da Agostino Iacurci
Nato a Foggia nel 1986, vive a
Berlino. Il suo lavoro artistico va
dalla pittura ai murales, dalla
scultura al disegno e alla
scenografia. I suoi dipinti
monumentali sono presenti
in molte città tra cui Milano,
New York, Londra, Mosca.
Come illustratore collabora
con Repubblica ,
il New Yorker e Penguin Books

I


(^). L’animale più pericoloso Luca D’Andrea Martedì, 20 agosto 2019

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