La Stampa - 08.08.2019

(Barré) #1

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Oggi nella villa sequestrata a Nicola Assisi

si progetta il reimpiego dell’immobile

“La nostra caccia


ai segreti del boss


parte dalla rete


che l’ha protetto”


IL CASO

MASSIMILIANO PEGGIO


N

on è famoso come
Joaquin Guzman,
El Chapo, il re indi-
scusso del narco-
traffico, condannato di recen-
te a «risarcire» miliardi di dol-
lari agli Stati Uniti per aver
inondato per anni gli States
di cocaina. La sua casa brasi-
liana, per quanto lussuosa,
non era smodata come quella
di Escobar, dominata da un
affresco ispirato al Golfo di
Napoli, per celebrare il primo
milione di dollari guadagna-
to con la polvere bianca traffi-
cata in Italia.
No, Nicola Assisi, 61 anni,
chiamato in modo riduttivo il
«boss del Canavese» era tra i
principali ricercati italiani e
nel mondo. Grande «spedi-
zioniere di cocaina» dal Suda-
merica, dalle povere «Macon-
do» d’Oltreoceano, verso la
vecchia Europa insaziabile di
droga. Sfuggente, accorto,
diffidente anche con gli ami-
ci. Viveva in gran segreto in
Brasile. Latitante dal 2014,
da quando era riuscito a fug-
gire dal Portogallo per evita-
re una condanna definitiva a
14 anni di reclusione. In fuga
da anni dal suo passato, da
quando aveva lasciato San
Giusto Canavese, Nicola Assi-
si ogni sera si affacciava sul
suo attico di Praia Grande,
non lontano da San Paolo, e
respirava avido la brezza
dell’Atlantico, architettando
affari, guadagni impastati ai
legami con la ’ndrangheta.
Un mese fa è tornato in cella,
con il figlio Patrick, poco più
che trentenne, arrestati dal-
la polizia federale brasiliana
in collaborazione con i cara-
binieri del comando provin-
ciale di Torino. «In collabora-
zione con la polizia brasilia-
na - spiega il maggiore An-
drea Caputo, comandate del

nucleo investigativo dell’Ar-
ma - stiamo cercando di pene-
trare i suoi segreti, partendo
dalle rete che lo ha protetto,
che lo ha aiutato a fuggire e i
suoi contatti». Assisi era in
grado di movimentare ton-
nellate di cocaina. Container
via mare. Adesso che si trova
di nuovo dietro le sbarre, e la
sua ombra non fa più paura,
a San Giusto Canavese si fan-
no i conti con la sua eredità.
Con il patrimonio illegale
che si è lasciato alle spalle.
Partendo da quella bella villa
Canavesana confiscata dallo
Stato e incendiata misterio-
samente la scorsa estate. In-
cendio doloso dicono le auto-
rità. Quasi un segnale, un ri-
gurgito di criminalità in quel-
la terra a due passi da Torino
segnata da affari e mafia.
Oggi va in scena la rivinci-
ta. Il direttore dell’Agenzia
Nazionale Beni Sequestrati
e Confiscati, il prefetto Bru-
no Frattasi, d’intesa con il
Prefetto di Torino Claudio
Palomba, partecipa ad una
conferenza di servizi per de-
finire il percorso di destina-
zione della villa confiscata
Nicola Assisi. L’incontro è fis-
sato proprio nei locali della
villa. «La conferenza - ha det-
to il prefetto Palomba - è una
tappa importante per Stato e
della sua determinazione
nella lotta alle mafie, perché
segnerà il reimpiego dell’im-
mobile con finalità di utilità
sociale». Sarà destinato alle
attività di associazioni, a fa-
vore del territorio.
Alla Conferenza, partecipa-
no il presidente della Regio-
ne Piemonte, Alberto Cirio, il
sindaco della Città Metropoli-
tana, Chiara Appendino, il
sindaco di San Giusto Cana-
vese, Giosi Boggio, il diretto-
re regionale dell’Agenzia del
Demanio, Rita Soddu.
E all’incontro ci sarà anche
Don Luigi Ciotti. —
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Corte D’Appello

Il Consiglio di Stato sospende la sentenza

che annullò la nomina di Barelli Innocenti

IL PUNTO

Il Consiglio di Stato ha accol-
to la richiesta di sospensiva
contro la sentenza del Tar
che lo scorso 12 Luglio aveva
«annullato» la nomina di
Edoardo Barelli Innocenti a
presidente della Corte d’Ap-
pello. I giudici amministrati-
vi di secondo grado hanno ac-
colto il ricorso dei legali di
Barelli Innocenti (professor
Vittorio Barosio e avvocato
Fabio Dell’Anna) in attesa di
entrare «nel merito» nella ca-
mera di consiglio fissata per
il 26 settembre prossimo.
Il via libera a Edoardo Barelli
Innocenti, come presidente

della Corte ’Appello di Tori-
no era stato dato dall'assem-
blea plenaria del Csm il 20
giugno 2018. Ma Nunzio Sar-
pietro, presidente della se-
zione gip del tribunale di Ca-
tania, che aveva partecipato
al concorso, si è rivolto al Tar
del Lazio lamentando degli
errori nella valutazione.
I giudici hanno rivelato che il
Csm preferì Barelli Innocenti
perché stava già prestando
servizio nella Corte d'Appello
di Torino, un criterio di territo-
rialità «non previsto dalle spe-
cifiche disposizioni normati-
ve e regolamentari». G. LEG. —


  1. I carabinieri e la policia Federal brasiliana
    dopo l’arresto 2. La villa di San Giusto 3. Nicola
    Assisi in manette


GIUSEPPE LEGATO

La lotta

alla mafia

e l’importanza

dei simboli

Oltre ad essere una
cosa serissima, la lot-
ta alla mafia è anche
una questione di simboli.
Perché da questi passa la
credibilità della lotta che
lo Stato conduce contro il
malaffare.
Se vengono rispettati i
simboli, la gente compren-
de che si fa sul serio fino in
fondo, altrimenti si rischia
di perdere tutto. Perché i
meriti dello Stato, inteso
come forze di polizia e ma-
gistrati, si «fermano» agli
atti investigativi e giudizia-
ri e a ciò che ne consegue:
condanne o meno. Poi toc-
ca ai cittadini, agli ammini-
stratori, ai politici, ri-occu-
pare gli spazi che sono stati
liberati. Altrimenti la ma-
fia se li riprende anche sen-
za rientrarci.
E la villa di Nicola Assisi è
stata per un anno una chan-
ce sprecata. Un monumen-
to dell’Antimafia al contra-
rio: particolarmente diffici-
le spiegare ai cittadini che
non si trovavano 70 mila
euro per restituire alla col-
lettività la villa di un boss al
quale sono stati sequestra-
ti 3,7 milioni in contanti.
Assisi ha venduto carichi
di morte per due decenni.
Con la droga che importa-
va per i suoi amici e part-
ners della famiglie calabre-
si, ha alimentato dipenden-
ze, piaghe generazionali,
emergenze sociali, «mor-
te». E lo ha fatto per arric-
chirsi. Una buona parte di
questi traffici li ha imbasti-
ti da quella casa, confiscata
nel 2011 e sgomberata tar-
divamente nel 2018. Ma da
un anno, al piano terra del-
la «pregiata» villa che lo ha
visto diventare uno dei più
grandi broker di cocaina
del mondo, c’è una bombo-
la annerita. Inesplosa per
caso o forse no: un attenta-
to pochi giorni dopo lo
sgombero. Che non ha an-
cora colpevoli, né sospetta-
ti, ma che suona più o me-
no cosi: «Se non è degli Assi-
si, allora non è di nessuno».
Eccoli i rischi dei simboli
maltrattati. E invece no. Og-
gi i vertici dell’Arma dei ca-
rabinieri, della Prefettura,
di Libera, della Regione,
della Città, dell’Agenzia na-
zionale dei beni confiscati
terranno dentro la ex casa
del narcos una conferenza
dei servizi «per definire la
destinazione» di quella
struttura. È lo Stato che si ri-
prende gli spazi dopo aver-
li tolti al più importante
broker delle ’ndrine. Per-
ché Assisi è in carcere. Lo
hanno arrestato i poliziot-
ti brasiliani e i carabinieri
di Torino con una straordi-
naria operazione di intelli-
gence guidata dal pm Livia
Locci. Hanno dato la cac-
cia al «Bàrao invisible» sen-
za sosta fin quando non lo
hanno preso, sul lungoma-
re di San Paolo, a vendere
morte da un comodo atti-
co blindato. —
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GIOVEDÌ 8 AGOSTO 2019LASTAMPA 45
CRONACA DI TORINO

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