Corriere della Sera - 02.08.2019

(Ron) #1
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CorrieredellaSeraVenerdì2Agosto2019
CULTURA

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trando da sottol’imbarcazione, gli scioglie-
vail sangue raggrumatonelleferite».
Da allora in poi, per più di trent’anni, Etto-
renon sièmai fermato. L’Africa, il Medio
Oriente,iBalcani, tutta l’Asiael’America
Latina sono statiisuoiterreni dicaccia abi-
tuali. MaèancoraesempreKabul il luogo
della sua anima. Il nordsucuis’impunta
l’ago della sua bussola sentimentale.Kabul,
la Va lle delPanjshir,Jalalabad,Kandahar, il
leggendario KhyberPass, che ha dovuto
evitaredecine divolteper infiltrarsi clande-
stinamentedal Pakistan mimetizzatotra i
mujaidineconipartigiani di Ahmad Shah
Massoud, il leader tagikodellaresistenza ai

sovietici, prima,ealfanatismo dei talebani
poi.
Il suo amicoMassoud, indimenticabile:
«Ho ancora il mio berretto, ugualeaquelli
che usavano luieisuoi uomini—sorride
Mo —, da qualche parte,acasa».
EttorecelebraconPellizzari, storicoinvia-
to de «Il Messaggero»ecompagno di molte
trasferte, il quarantesimo anniversario di
quella sua prima spedizione afghana nel-
l’estate1979, seduti al tavolino di uncaffè
sul lungolago di Arona, dovevivecon la
moglie Christine.Unabirra per lui, un
espresso perVa lerio, tanti ricordicomuni
da spolverare, incasellareassiemeanomi
di politici, generaliecomandanti, indelebi-
li quasi soltantoper loro.
Nei dieci anni dell’occupazione sovietica,
Mo era «dalla partedei mujaidin», anche
conilcuore.Pellizzari «dalla partedei rus-
si», ma per motivi esclusivamenteprofes-
sionali.Ecosìèstatosuddiviso anche il loro
libroaquattromani.
Si sonoconosciuti durantelaguerra civile
in Sri Lanka, nel 1987. In Afghanistan, cu-
riosamente, non si erano mai incontrati:
«EttorescendevadanordeiosalivodaIsla-
mabad, ci giravamo intorno—ricordaPel-
lizzari —. Non ci siamo visti neppurein
Pakistan dovesi andavaper intervistarei
leader dell’opposizioneedellaresistenza in
esilio». Ma non Massoud: «Lui era un soli-
tario—interviene Ettore—,non siconce-
deva. Bisognavaandareacercarlo nel suo
villaggio sulle montagne delPanjshir, fare
un trattodistrada in autoepoi via,apiedi,
arrancarefin lassù. Mi piacevaproprio per-
ché non si facevavederefacilmente. Dovevo
essereioatrovarlo ma, quando mivedeva
spuntare, eracontento. Non si fidavadi
chiunque». Tranne il9settembre2001,
quando accettòdiricevereidueterroristi
tunisini,camuffati da giornalistitelevisivi,
cheloassassinarono, 48 oreprima dell’at-
tentatoalleTorri Gemelle. Da allora il ritrat-
todi Massoudèappeso all’ingresso della
casa di Mo,come quello di una persona di
famiglia.
Ci vuole un aneddotoallegro, pertogliere
l’ombra di tristezza dagli occhi di Mo.Pel-
lizzaricel’ha: «La bottiglia di Amarone!»
esclama. Esatto, non battaglia: bottiglia.
Dovevaesserelaprimavera del 1989el’Ar-
mataRossa si accingevaadabbandonare
l’Afghanistan. «Io eroaKabul ma Ettoreera
bloccatoaBombay perché le autorità filo-
sovietiche afghane rifiutavano diconceder-
gli il visto» rammentaPellizzari. «Mi odia-
vano per quello che scrivevo» lo interrom-
pe Mo. «Ti odiavano perché andaviconla
guerriglia—rideVa lerio, prima di prose-

guire—.Quindi ho scrittouna lettera all’al-
lora presidenteNajibullah, perché interce-
desse. Da anarchicoquale sono, non mi ero
mai rivoltoaqualcuno chiamandolo “eccel-
lenza”, ma per Ettorel’ho fatto».
La situazione parvesul puntodisbloccar-
si. Il ministerodegli Esteri afghano rilasciò
un pezzodicarta che assomigliavavaga-
menteaunlasciapassare. Mas’intromisero
iservizi segreti: Mo non era gradito.Pelliz-
zari speravaancora che Ettorelaspuntasse:
«Avevoconmeuna bottiglia di vino Amaro-
ne, fattocon l’uvadella mia vigna inVe neto.
El’ho affidataapadreAngeloPanigati, par-
rocodellacappella interna all’ambasciata
d’Italia, dicendogli: la diaaEttorequando
arriva...».
Mo scoppia in una risataecompleta la fra-
se: «Sì, la diaaEttore, che avrà setequando
arriva!». Ma alla fine il vistofunegatoela
bottigliarestòsottola protezione del barna-
bita, che avevarifiutatodilasciarelasua
chiesa, anche quando tuttiidiplomatici
erano stati evacuati per ragioni di sicurezza.
PellizzaritornòaKabul all’inizio del 1990,
pochi giorni dopo che l’ambasciata italiana

era stata semidistrutta da una bomba du-
rantelarivolta del generale ShahnawazTa-
nai: «L’onda d’urtoavevacatapultatoper
trenta metri il poveropadrePanigatieilsuo
grossocane, un incrocioconuno sciacallo
—continuaPellizzari —. Ma erano rimasti
quasi illesi. E, appena mi ha vistoentrare, il
pretemiècorso incontrogridando: l’Ama-
roneèsalvo!».
Era difficile che Mo non trovasse un mez-
zoper arrivaredovesiera prefissato, so-
prattuttoinAfghanistan: «Unavoltacom-
prai uncavallo inPakistan per passareil
confine lungo sentieri secondari. Eracosta-
topoco» si giustifica. Il poveroanimale,

battezzatoTaraki per scherno di Nur
MohammadTaraki, il più sanguinario dei
presidenti afghani sponsorizzati da Mosca,
feceil suo dovere epurtroppo una brutta fi-
ne: «I mujaidin affamati se lo mangiarono,
disseroche era mortocadendo nel fiume»
ne dubita Mo, che nella saccadella biada
del suo destrieroaveva tenutonascostoper
tuttoilviaggio un grossorotolo di dollari, la
sua intera riservadidenaro. Ma quella mi-
racolosamentesisalvò.
L’angelo custode che, secondoPellizzari,
non perde mai di vista EttoreMoebbe il suo
bel daffareanche alla frontiera fra il Nepal e
il Tibet,controllatodaPechino: «Era l’estate
dell’88» iniziaVa lerio. «Fingevo di essere
uno studioso di musicaclassica, un esperto
di opera» aggiunge Ettore.Igiornalisti oc-
cidentali non erano benvenuti dopo la ri-
volta tibetana dell’anno precedente. MaPel-
lizzarieMo, che si erano dati appuntamen-
toaKatmandu, viaggiavano sottomentite
spoglieverso Lhasa mescolatiaungruppo
di sedicenti turisti. Attraversando la bosca-
glia furono aggrediti dalle sanguisugheeal
valico,a5.000 metri d’altitudine, si sentiro-
no tutti male per
l’aria rarefatta: «Tran-
ne Ettore, che giocava
apalloneconisoldati
cinesi»testimonia
Pellizzari.
Iveri problemi si
poseroalritorno, in
aeroporto, aicontrol-
li di sicurezza: «I mo-
naci tibetani ci aveva-
no affidatocarteedo-
cumenti da portarein
occidenteper denun-
ciarelarepressione
di cui erano vittime.
Io li avevonascosti tra
le pagine dei miei li-
bri, Ettorenei suoi
scarponi, appoggiati
alla suola. Maiganci di metallo delle sue
stringhefecerosuonareilmetal detector —
Va lerio ancora adesso suda freddo —. Gli
agenti cinesi gliordinarono ditogliersi le
scarpe». Ettoreeraconvintodiesserespac-
ciato. «Invecesilimitaronoafarle passare
di nuovocon lavaligia ai raggi X». La pre-
ziosa documentazioneeisuoitemerari
corrieri proseguirono incolumi.
E, oggi, quale angolo del pianeta appas-
siona ancora EttoreMo? «IlTerzoMondo,
sempreilTerzoMondo risponde allegra-
mente—.Iosono delTerzoMondo».Esta-
volta non scherza.
©RIPRODUZIONERISERVATA

U


nristorante«stellato», una
storiaaduevoci: la narra-
zione dell’uomo vivo(lo
chef)equella del mortoammaz-
zato(Toni, nuovoassistenteincu-
cina) che, da un indefinibile cielo
di mezzo, segue passo passoiper-
sonaggi del noir «gastronomi-
co». Dall’aldilàcolmaivuoti, ag-
giunge dettagli, dicelasua lan-
ciando qualche battuta in puro
dialettonapoletano.Toni, infatti,
viene dal Suderiesceaentrare—
giustoiltempo di prendersi un
colpo di pistola alla nucadachis-
sà chi—nellacortefidata deicol-

laboratori di QuintoBotero.Che
regna sovrano al Beckett, locale al
topdella gastronomiacontempo-
ranea.Iclienti gourmet macina-
no chilometriesfidano le nebbie
padane per gustareipiatti del-
l’osannatochef del momento.
Èuna mentecomplessa, Botero,
non brillacertoper simpatia, per-
segue un ideale di perfezione.
Non solo in cucina, palcoscenico
di ambientazione diQ.B..Cheèil
titolo del libro,condoppiavalen-
za: «quantobasta»,formuletta
dei ricettari; in maiuscolo, Quinto
Botero,iniziali di nomeecogno-
me dello chef protagonista.
Il volume, pubblicatodalle Edi-

zioniUnicopli, inaugura lacolla-
na di narrativa«La porta dei de-
moni», curata dal giovane scritto-
reFlavio Santi. Inoltre,Q.B.èil
romanzod’esordio di Matteo Co-
lombo, natoaVoghera nel 1976,
giornalista, docentediscrittura
creativa. Nel 2011,conilracconto
ineditoMagaridisturbiamo,
Conti ha vintoilpremio «Io scri-
vo»del «Corrieredella Sera». Con

questoQ.B.,l’autoresupera bril-
lantementelaprova,reggendo
bene il doppio binario sceltoper
la narrazione.Padroneggia la ma-
teria culinariacome un professio-
nista del ramo, mostra dicono-
scere«dal vivo» l’ambientedella
ristorazioneconannessiecon-
nessi.
Se ilromanzononfosse un av-
vincentenoiratutti gli effetti, po-
trebbe perfinooffrirespunticon-
creti per la preparazione di ma-
gnifici piatti. Ad ogni modo,Q.B.
si mangia, anzi si legge, in un solo
boccone.
Si diceva, all’inizio, dell’omicidio
del malcapitatoToni. Nonètutto.

Nelromanzo, ci sono altremorti
delittuose, circoscrittenell’am-
bientedella ristorazione,compe-
titivoalmassimo, segnatodariva-
lità fracolleghi.
Colpo di scena finale, sapiente-
mentecostruito: QuintoBotero,
implacabile, ingaggiando una
difficile partita finaleconilserial
killer (cheovviamentesisvolge
fra cucinaesala del Beckett),con-
segna l’assassino nelle mani del
ruvidocommissarioStoppani, ti-
tolaredelle indagini.Efinalmente
Toni scoprechi gli ha sparato,to-
gliendogli la vita davanti allacella
frigorifera.
©RIPRODUZIONERISERVATA

diMarisaFumagalli

Ettore Mo (a destra) e Valerio Pellizzari durante il loro incontro ad Arona

L’eccessiva scabrosità ditemi espliciticome
l’er os eilp iacere: per questomotivo,
probabilmente, MarcelProust (1871-
1922) decise di non pubblicarealcuni
racconti edisegni destinati in origine alla
sua raccoltaIpiacerieigiorni(1896). Ma
questitesti inediti sono stati ritrovati, e
saranno pubblicati inFrancia il9ottobre
dallacasa editricepariginaÉditions de

Fallois. La scoperta dei racconti edegli
schizzi ineditièdaattribuire, secondo il
settimanaletedesco«Zeit», allo stesso
editorenonché studioso proustiano
BernarddeFallois, scomparso nel 2018:
proprio deFallois già nel 1952 ritrovòun
altrolavorogiovanile di Proust, ilromanzo
incompiutoefino ad allora ineditoJean
Santeuil.Ilnuovo volume usciràconilt itolo

Le MystérieuxCorrespondant et autres
nouvellesinédites(«Il misterioso
corrispondenteealtrenovelle inedite»),
conlacura dello specialista proustiano Luc
Fraisse. Si tratta, spiegano incasa editrice,
di racconti, meditazioni esteticheetesti che
Proust giudicòforse «delicati»oaudaci per
l’epoca. (ida bozzi)
©RIPRODUZIONERISERVATA

Sarannopubblicateaottobre


Scartateperché«audaci»:


ritrovateinFrancia


pagineineditediProust


Marcel Proust
(1871-1922)

Ettore Mo con
Ahmad Shah
Massoud,
ucciso da
Al Qaeda il 9
settembre
2001 (foto di
Luigi Baldelli).
Massoud fu
il leader tagiko
della resistenza
ai sovietici,
prima, e al
fanatismo dei
talebani poi

EsordiMatteoColomboin«Q.B.»(EdizioniUnicopli)immaginaungialloaduevocichehaoriginenellacucinadiunlocaleallamoda


Delitti emisterialristorantestellato,indagalochef


Illibro

●Matteo
Colombo,Q. B.,
Edizioni
Unicopli,
pp. 219,e 16

Doppiavalenza
Iltitolorimandaallasigla
«quantobasta»usata
nellericettemaanchealle
inizialidelprotagonista
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