.
C
ome ormai accade da molti anni - alme-
no un quarto di secolo, da quando,
cioè, il Senato s’è trasformato in una Ca-
mera senza maggioranza - anche oggi,
o domani se la seduta andrà per le lun-
ghe e i senatori non vorranno allunga-
re di un altro giorno il mesetto e mezzo di vacanze
che si sono appena concessi, il governo vivrà il suo ap-
puntamento con il brivido nel voto finale sul decreto
«Sicurezza bis». Un brivido inutile, va detto subito,
dato che la legge, in quanto decreto, è già in vigore, e
ha già dimostrato la sua incapacità a impedire gli
sbarchi di immigrati clandestini salvati da navi delle
Ong o della nostra Guardia costiera.
Si tratti dell’esile capitana tedesca della «Sea Wat-
ch» Carola Rackete, che gli insulti sessisti di Salvini
sono riusciti perfino immeritatamente a trasforma-
re in un’icona della solidarietà internazionale, e in
un futuro prossimo, chissà, forse anche nella leader
politica di un nuovo movimento, o di un regolare uf-
ficiale della Marina italiana, le norme che introdu-
cono multe, arresti e sequestri delle imbarcazioni
usate per i salvataggi, si sono rivelate in tutti i casi
recenti di difficile e non duratura applicazione, se è
vero come è vero che negli stessi giorni in cui la co-
mandante della «Sea Watch» veniva arrestata, scar-
cerata e lasciata libera di tornarsene a casa, nonché
di rilasciare interviste molto battagliere, dalla magi-
stratura italiana, un’altra nave incappata nella stes-
sa rete di sicurezza e nella politica dei «porti chiusi»
del ministro dell’Interno, la «Mare Ionio», è stata
dissequestrata. E come ha annunciato la portavoce
della ong «Mediterranea Saving Humans» Alessan-
dra Sciurba, si appresta indisturbata a tornare a pat-
tugliare il Canale di Sicilia per trarre in salvo i dispe-
rati dei gommoni che vi si avventurano a frotte,
complice il bel tempo estivo.
Può piacere o non piacere, secondo i punti di vista,
ma la realtà è questa. E il Senato si accinge a dividersi
e ad approvare non si sa come, visto che sulla carta la
maggioranza necessaria di 163 voti non c’è, a causa
della defezione di una decina di senatori 5 stelle, una
legge inefficace, scritta al solo scopo di poterla pre-
sentare come strumento di propaganda rivolto agli
elettori più preoccupati - e sono ancora tanti - di una
possibile, seppure non ancora avvenuta, malgrado
la forte spinta del continente africano e della Libia de-
stabilizzata, invasione di immigrati. Il decreto Sicu-
rezza 2 passerà, ci si può scommettere, come passò
al Senato nello scorso novembre il Sicurezza 1, gra-
vato delle stesse incertezze di quello che va in discus-
sione oggi, e alla fine approvato a furor di popolo, an-
zi di eletti desiderosi di continuare a sedere sulle con-
fortevoli poltroncine di Palazzo Madama, e non di
mettere a rischio una legislatura appena cominciata.
Se mancheranno i voti dei 5 stelle, basteranno a com-
pensarli le uscite dall’aula dei forzisti di Berlusconi e
dei Fratelli d’Italia della Meloni. Al dunque, a votare
contro, sebbene a malincuore in certi casi per il timo-
re di smentire la politica della durezza anti-immigra-
ti in parte condivisa anche a sinistra, saranno il Pd e
Leu. Magra consolazione.
Il governo andrà avanti. Calerà il sipario, per
sei-sette settimane, sull’esangue confronto parla-
mentare che si trascina da metà dell’anno scorso,
mentre la vita politica del Paese scorre sul ritmo de-
gli insulti e delle litigate quotidiane tra Di Maio e Sal-
vini. Ce n’è una al giorno, o anche più, e ogni volta si
sente dire che il momento della rottura è sopravvenu-
to e si preparano nuove elezioni anticipate, che inve-
ce non arrivano. Nel frattempo, nulla succede, tutto
è rinviato, dalla nomina del nuovo commissario eu-
ropeo a un’approfondita discussione su una rinnova-
ta politica di redistribuzione dei migranti a livello
dell’Unione, che revisioni gli effetti negativi per l’Ita-
lia del trattato di Dublino. Un’offerta molto interes-
sante, fatta in questo senso dalla nuova presidente
della Commissione di Bruxelles Von der Leyen al pre-
sidente del Consiglio Conte è purtroppo caduta nel
vuoto. Non c’è più tempo né voglia, in un Paese come
il nostro, di discutere seriamente di nulla. —
c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI
LI
LETTERE
& IDEE
L
o stretto di Hormuz fra la peniso-
la omanita di Musandam e le co-
ste della Repubblica Islamica
dell’Iran è da sempre uno dei pun-
ti più «caldi» del pianeta: da lì pas-
sano ogni giorno migliaia di ton-
nellate di greggio proveniente dai produtto-
ri del Golfo per essere esportati lungo le rotte
marittime di tutto il pianeta.
E i Guardiani della Rivoluzione, noti anche
come Pasdaran, il braccio armato più oltranzi-
sta del regime di Teheran, stanno usando in
queste settimane lo stretto come un’arma di
ricatto nei confronti di Usa e occidente.
Il sequestro di ieri della petroliera con i
suoi 700mila litri di greggio e l’arresto dei
7 membri dell’equipaggio (di cui non è an-
cora nota la nazionalità), ne è l’ennesima
conferma.
Sebbene l’agenzia ufficiale del regime, la
Fars, abbia motivato l’operazione per contra-
stare il «traffico illecito di greg-
gio» verso alcuni paesi arabi, in
realtà si tratta di un atto di «pi-
rateria di Stato», che viola deci-
ne di norme internazionali sul-
la libertà di navigazione.
Il sequestro di ieri è l’ennesi-
mo episodio di una pericolosa
escalation che il regime degli
Ayatollah ha messo in cantiere da quando, lo
scorso 2 maggio, è entrato in vigore il nuovo
regime di sanzioni nei confronti della produ-
zione petrolifera iraniana da parte dell’am-
ministrazione statunitense.
Prima gli attentati e il sabotaggio alle quat-
tro petroliere al largo del porto emiratino di
Fujarah il 12 maggio; poi l’attacco alla petro-
liera norvegese Front Altair ed a quella giap-
ponese Kokuka Courageous il 13 giugno; poi
il sequestro delle petroliera panamense Mt
Riah e della britannica Stena Impero il 13 e il
22 luglio. Infine l’ultimo sequestro che rap-
presenta una minaccia sempre più concreta
per le forniture energetiche globali, per la sta-
bilità dei mercati e per la sicurezza degli ap-
provvigionamenti di molti paesi.
L’azione di ieri risponde anche ad un dise-
gno preciso di Teheran con motivazioni
«esterne» ed «interne»: dimostrare all’occi-
dente la sua capacità di azione militare desta-
bilizzante nello stretto di Hormuz; dimostra-
re la «solidità» del regime oramai sempre più
sotto il controllo delle componenti più oltran-
ziste dei Pasdaran; ricattare l’occidente con la
minaccia di una nuova «guerra del petrolio».
Ma nelle azioni di pirateria di questi gior-
ni c’è anche il bisogno per il regime di Tehe-
ran di richiamare il paese a una «unità na-
zionale» contro la minaccia esterna di Usa
e occidente.
Il paese è sempre più inquieto e il regime
degli Ayatollah teme più di ogni altra cosa
la possibile saldatura fra i ceti popolari,
che diedero vita alla improvvisa «rivolta
del pane» del 2018, e le classi medie di stu-
denti e intellettuali.
Ed un indicatore di questa inquietudine
sono le migliaia di donne che ogni giorno
sfidano la «polizia morale» le-
vandosi il velo in luoghi pub-
blici e postando brevi video
nei social network delle loro
azioni simboliche.
Ora però spetta ad Usa ed Eu-
ropa definire una strategia co-
mune per contenere l’azione di
Teheran.
L’amministrazione Trump ha proposto la
formazione di una coalizione internazionale
per garantire la libertà di circolazione nello
stretto di Hormuz e per scortare le petrolie-
re, sul modello di quanto già realizzato nel
Corno d’Africa e nello Stretto di Bab el Man-
dab contro la pirateria più tradizionale.
La Gran Bretagna è il primo paese europeo
ad avere aderito alla «coalizione per la liber-
tà nei mari» e per Boris Johnson sarà il primo
test della sua tenuta in una crisi internaziona-
le. Il vero assente è ancora l’Europa, che ha fi-
nora reagito alla proposta statunitense con si-
lenzi e disinteresse da parte dei singoli paesi
e che non può attendere oltre nel definire
una nuova strategia sull’Iran dopo il fallimen-
to dell’accordo sul nucleare. —
c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI
TANTO RUMORE
PER LA LEGGE
CHE NON SERVE
MARCELLO SORGI
L’EUROPA INTERVENGA
PER ARGINARE
LA PIRATERIA IRANIANA NEL GOLFO
GIANNI VERNETTI
I BLITZ CONTRO
LE PETROLIERE
SONO FIRMATI
DAI BARCHINI
DEI PASDARAN
R
icordo ancora, con un vago sen-
so di colpa, che successe quan-
do mio fratello di 5 anni si per-
se in spiaggia. Colpa mia. Pur
di non dargli una delle mie pa-
tatine, scappai con tutto il sac-
chetto. Io avevo il doppio dei suoi anni e po-
co dopo tornai sotto l’ombrellone, lui invece
continuò a camminare sulla battigia. Si sca-
tenò il panico, fino a che qualcuno non lo av-
vistò aggirarsi sperso e solo, quattro bagni
più in là. Un bagnino lo accompagnò tra le
braccia di mamma, accolto dagli applausi
sollevati di decine di bagnanti mobilitati per
rintracciare il bimbo con il costumino giallo.
Erano gli Anni 90, di cellulare in casa ce n’era
uno solo e soprattutto a nessuno sarebbe ve-
nuto in mente un buon motivo per portarse-
lo appresso al mare. Una trentina d’anni do-
po, si dovrebbero dotare tutti gli ombrelloni
di carica batterie: lo smartphone si candida
ad ausilio indispensabile non solo per foto-
grafare e condividere, prenotare un ristoran-
te e raggiungerlo e tutto il resto, ma pure per
non perdere il pupo.
Il gadget dell’estate sembra un banale
braccialettino di gomma, invece è un braccia-
lettino di gomma intelligente. Ha installato
un microchip, che comunica con qualsiasi di-
spositivo connesso a Internet. Per sapere
dov’è il figliolo non serve perdere vista e pa-
zienza, basta geolocalizzarlo. Sui social c’è
chi lo sfoggia al polso e chi alla caviglia, do-
nando al pargolo un - di certo non voluto - sti-
le da arresti domiciliari. Il pubblico è spacca-
to a metà tra acquirenti entusiasti e irriduci-
bili scettici, accusati dai primi di essere retro-
gradi nemici della tecnologia. Chi è a favore
sostiene che le spiagge sono caotiche, i cen-
tri commerciali labirintici, il parco giochi pie-
no di insidie. I bambini sono in pericolo co-
stante, che male c’è a voler stare un po’ più
tranquilli? Certo non è un sistema a prova di
bomba. Se il bimbo per esempio capisse il
trucco, potrebbe liberarsi in un attimo
dell’aggeggio. Magari scambiandolo con
quello dell’amichetto. Chi invece è contra-
rio, consiglia di staccare gli occhi dallo smart-
phone e puntarli addosso ai figli. Almeno
quando si è in vacanza. A pensar male aver-
ne il controllo remoto potrebbe essere una
buona scusa per non badarci affatto, che tan-
to se si allontana lo ritrovi facile.
La tanto annunciata era dell’Internet delle
cose è arrivata e bisogna farci i conti. Negli
Usa è stato lanciato il primo pannolino digita-
le, dotato di microchip elettronico e connes-
sione bluetooth. Vi avvisa con un messaggi-
no quando il bebè fa pipì e pupù. I tecnofili
entusiasti plaudono, quelli più scafati avver-
tono: è un nuovo trucco – verrebbe da dire,
l’ennesimo - per collezionare i nostri dati.
Non solo non ci fidiamo più del genitore del-
la spiaggia accanto, non contemplando nem-
meno l’ipotesi che visto un bimbo solo in
spiaggia, se ne preoccuperà. Anche se non è
il suo. La lusinga della tecnologia è quella di
non fidarsi né del prossimo, né dei nostri sen-
si. Tutto quel che dobbiamo sapere compari-
rà in tempo reale sul nostro piccolo schermo.
Con una spunta blu, un cuoricino o una facci-
na sorridente. Difficile dire se è un danno
per i bimbi, certo non può far bene agli adulti
che siamo diventati. —
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