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Usciva vent’anni fa un brano perfetto per l’estate, “Summer Girls”
Poi gli LFO sparirono: oggi quel disco è il monumento alla band ignota
Lyte Funkie Ones
La boy band di successo
che non fece la storia
MICHELE DALAI
E
sistono scherzi della
memoria, anniversa-
ri fantasma, rimozio-
ni perfette. Uscì
vent’anni fa un disco
di cui nessuno ricor-
da il titolo né la copertina, canta-
to da un gruppo di cui nessuno ri-
corda il nome. Un po’ in effetti è
colpa loro, perché si chiamava-
no LFO, l’acronimo di Lyte Fun-
kie Ones. Lyte è una scorciatoia
gergale per definire qualcosa di
molto bello, di eccezionale, ma
quando lo pronunci suona un
po’ come light, leggero. Siamo
gli LFO, non prendeteci sul se-
rio, dimenticateci alla svelta. Li
abbiamo presi in parola. Di fun-
ky poi gli LFO avevano poco o
nulla, piuttosto il rap spiegato ai
bianchi quando i bianchi non vo-
gliono capire.
Gli LFO nel 1999 scrissero un
singolo perfetto che valse loro
due milioni e mezzo di copie
vendute e un posto speciale nei
sogni delle preppy. Alla perfe-
zione del pop puoi arrivare per
sottrazione se sei un genio come
Quincy Jones o per caso se sei gli
LFO. Il video di quel singolo an-
dò in alta rotazione sui canali
musicali di tutto il mondo. Non
erano una band di belli e impos-
sibili, erano carini, simpatici,
buoni vicini di casa, al limite ras-
sicuranti. Fu una magia. Gli
LFO riuscirono nell’impresa di
far rimpiangere gli anni Ottanta
prima che i Novanta finissero,
un capolavoro involontario.
Summer Girls raccontava di ra-
gazze e di estati passate, ma pas-
sate da poco. Nulla di più. Un te-
sto terribile e terribilmente im-
peccabile, un monumento al fri-
volo, quel genere di leggerezza
che fa bene, che crea felicità e
inocula in chi l’ascolta il virus
della nostalgia, nostalgia di co-
se, persone, amori ed estati mai
vissute. Ci sono passaggi in cui
Shakespeare diventa un compa-
gno di merende: Hip-hop, mar-
malade, spick-and-span, Billy
Shakespeare wrote a whole bun-
ch of sonnets, e altri in cui viene
accostato senza pudore ai New
Kids on the Block.
L’importante è non avere co-
scienza, non spaventarsi, per-
ché se ti venisse mai un attacco
di lucidità mentre sollevi la ma-
glietta per mostrare gli addomi-
nali sarebbe un bel pasticcio.
Gli LFO erano spericolati,
non avevano piano A e nemme-
no piano B, quindi improvvisa-
rono. Andava tutto bene, ogni
cosa sembrava illuminata e non
c’era pericolo che non fosse quel-
lo di invecchiare, la prima mor-
te di tutte le boy band sono le ru-
ghe, la seconda la calvizie. Per-
ché finisce così, invecchi e ti ar-
rendi, invecchi e non ti arrendi
(quello il caso più preoccupan-
te), oppure arriva il giorno in cui
il più talentuoso molla, gli altri
lo salutano a denti stretti, metto-
no fuori un disco nuovo in fretta
e furia e si autodistruggono.
La storia degli LFO è diversa.
Sono spariti, dopo due dischi so-
no diventati nuovi fantasmi tra
vecchi fantasmi, ragazzi che
non lo sono più, artisti in cerca
d’identità dopo la sbornia. Tanti
concerti, sempre quella canzo-
ne, ragazze che poi son donne
che ricordano le ragazze che era-
no. La nostalgia, quella evocata
prima e patita dopo, la nostalgia
del successo e dei vent’anni.
Ho un confessabile debole
per le boy band e il loro alto tas-
so di deperibilità, quell’idea tar-
doromantica di ballare per una
sola estate, così quando ho letto
dell’anniversario ho cercato
traccia di loro, degli LFO. Pensa-
vo che il pericolo, l’unico perico-
lo per gli LFO fosse invecchiare,
perché se ti chiami Lyte Funkie
Ones e non hai fatto male a nes-
suno, se la tua gloria del tempo
che fu è legata a una canzone sul-
le ragazze, su Shakespeare e i
New Kids on The Block, la vita
deve per forza essere stata genti-
le con te.
Non è andata così. La storia
degli LFO è Spoon River, la sto-
ria degli LFO è un pugno nello
stomaco, niente colori pastello.
Niente spiagge, dischi di cover,
plastiche per cancellare le ru-
ghe e nemmeno talent show per
vecchi mestieranti. Come una
dissolvenza veloce e crudele, co-
me il contrappasso di tutta quel-
la bellissima leggerezza.
Rich Cronin era il biondo del
gruppo, quello con la voce genti-
le e morbida da quindicenne
per sempre. Cronin è morto di
leucemia nel 2010.
Devin Lima era la voce più cal-
da, il timbro soul che fece la for-
tuna del secondo singolo del
gruppo, Girl on TV, una storia
d’amore impossibile.
Lima è morto nel 2018, un tu-
more. Degli LFO è rimasto solo
Brad Fischietti, che ora è un atti-
vista pro life, dirige il coro di una
chiesa ed è stato denunciato per
aver minacciato sui social un
medico e un’infermiera. Di lui al-
tro non si sa. Vent’anni fa usciva
un disco di cui nessuno ricorda il
titolo, cantato da un gruppo di
cui nessuno ricorda il nome.
Invecchiare non è l’unico peri-
colo, invecchiare è un traguar-
do irraggiungibile per le boy
band di un’estate sola, il monu-
mento alla boy band ignota. —
c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI
SUL SET A COMO DELLA PRODUZIONE ITALO-CECA, IL TEATRO SOCIALE TRASFORMATO NEL SAN CARLO
Il Boemo amato da Mozart
Rivive in un film Josef Myslivecek
il compositore “fuoco, spirito e vitalità”
CR7 SU INSTAGRAM MENTRE ASCOLTA IL BRANO “SCICCHERIE”
Se Ronaldo fa un assist a Madame
La nuova frontiera del rap al femminile
1
ALBERTO MATTIOLI
COMO
C
he meraviglia, il Set-
tecento dell’opera.
Castrati che fanno i
capricci, primedon-
ne con più amanti
che piume nei capel-
li, versi sublimi di Metastasio e
arie pirotecniche, impresari del-
le Smirne che scappano notte-
tempo con la cassa, carrozze e
parrucche, sorbetti e duelli, de-
spoti illuminati e illuminazione
a candele. E compositori che
scendono sotto le Alpi da tutta
Europa, italianizzando la scrit-
tura e il nome, perché l’Italia è
ancora il Paese della musica e
qui va in scena un perpetuo festi-
val, un ininterrotto orgasmo mu-
sicale.
Come Josef Myslivecek, nato
a Praga nel 1737 e morto a Ro-
ma nel 1781 devastato dalla sifi-
lide, anche se lui sosteneva che
le piaghe erano le ferite di un in-
cidente di carrozza mal curate
dai medici. In mezzo, una perfet-
ta carriera da operista italiano,
studi a Venezia, debutto a Par-
ma, successi in tutta Europa, in
palcoscenico e con le donne,
compresa una torrida relazione
con la celebre Lucrezia Agujari
detta la Bastardella, che Mozart
udì cantare un do6 e detiene
quindi tuttora il record di sopra-
no più acuto di tutti i tempi. A
proposito di Mozart, che l’ammi-
rava, per lui Myslivecek trasuda-
va «fuoco, spirito e vitalità»,
mentre anche quel noioso di pa-
pà Leopold lo trovava «un one-
st’uomo». Peraltro da noi nessu-
no lo chiamava con il suo barba-
ro nome: per tutti, Myslivecek
era «Venatorini», secondo la tra-
duzione italiana del suo cogno-
me, oppure «il divino boemo».
E appunto Il boemo s’intitola il
film che rievoca vita, opere ed
epoca di Myslivecek. Lo stanno
girando adesso, partendo da Co-
mo dove il delizioso teatro Socia-
le è stato trasformato in un simil
San Carlo, poiché a Napoli il
Boemo fu compositore di corte.
Produzione italo-ceca, anzi ce-
co-italiana perché a Praga inve-
stono molto su quella che è con-
siderata una gloria nazionale,
uscita in tempo per Venezia del
‘20 o, alla peggio, per Berlino o
Cannes nel ‘21.
La visita sul set conferma che
si tratta di un prodotto serio.
L’orchestra, in livrea e parrucca,
è disposta nel mondo giusto, co-
me si vede nelle stampe sette-
centesche, due file parallele di
archi che si guardano di fronte
con i leggii in mezzo, e ovvia-
mente niente buca. Illuminazio-
ne a candele, che fa tanto Barry
Lyndon. In effetti se tutti smocco-
lano, non è solo per le candele
ma anche e soprattutto per il cal-
do, perché durante le riprese bi-
sogna spegnere l’aria condizio-
nata per via del rumore. E le par-
rucche sono belle da vedere ma
caldissime da portare. I cechi, in
particolare, sono stravolti e gira-
no tutti a piedi nudi.
«E’ una produzione “media”,
con un budget di tre o quattro
milioni di euro, ma cui voglia-
mo dare un gusto italiano, cura-
to, elegante, all’insegna della no-
stra gloriosa “artigianalità”»,
racconta il produttore italiano,
Marco Alessi. Sul set ci sono cir-
ca 150 persone, fra attori, can-
tanti, l’orchestra Collegium
1704, il direttore Vaclav Luks e
le comparse arruolate a Como,
90 euro al giorno per dieci ore di
ripresa. Le scene d’opera tutte
quinte dipinte di Luca Servino
sono assai belle, idem gli abiti di
Andrea Cavalletto, che raccon-
ta di essere andato a Cesky
Krumlov dov’è conservata una
rarissima collezione di costumi
teatrali dell’epoca.
Attenta ricostruzion d’epoca
Il regista, che lavora su Mysli-
vecek da dieci anni, è Petr Va-
clav; il protagonista, una pop-
star e attore ceco, Vojtech Dyk,
un Justin Bieber della Boemia
che finge di dirigere l’orche-
stra portando una maschera
sotto la parrucca, perché sia-
mo già nella fase sifilitica. Ma
le vere star sono i cantanti, ba-
rocchisti veri e famosi, a comin-
ciare dal controtenore france-
se Philippe Jaroussky. E qui,
chapeau. Si gira una scena
dell’Olimpiade. E Jaroussky,
che fa Licida, canta dal vivo
un’aria per cinque volte di fila,
perché bisogna riprenderlo da
ogni angolazione: bravo e pa-
ziente. Già, ma la musica del
divino Boemo com’è? La si era
già apprezzata in una remota
incisione a 33 giri del Bellero-
fonte della Supraphon, la vec-
chia casa discografica della Ce-
coslovacchia comunista. An-
che L’Olimpiade è piacevole, e
poi ogni volta che si ascoltano i
versi ipnotici di Metastasio ci
si scioglie: «Mentre dormi
amor fomenti / il piacer de’
sonni tuoi / con l’idea del mio
piacer. / Abbia il rio passi più
lenti; / e sospenda i moti suoi /
ogni zeffiro leggier». Poi tocca
alla nostra Raffaella Milanesi
ribattere con la celeberrima
«Se cerca, se dice».
Sul set si parla in ceco e in ita-
liano e, quando bisogna davve-
ro capirsi, in inglese. Come
sempre, la principale occupa-
zione sembra quella di aspetta-
re, e lunghe pause incornicia-
no momenti di frenetica attivi-
tà. Ne approfittiamo per chie-
dere se davvero c’è un pubbli-
co desideroso di sapere tutto
di Myslivecek... «E’ anche un
modo per sentirsi europei. Era
la star di un’Europa già unita
nella cultura e nella musica»,
spiega Alessi. Dove ognuno
pensava nella sua lingua, ma
tutti cantavano in italiano. —
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ROBERTO PAVANELLO
TORINO
I
l talento più interessante
della musica italiana ha 17
anni, è della provincia di
Vicenza e si chiama France-
sca Calearo. Nome d’arte
Madame. Di lei si è accorto
anche Cristiano Ronaldo che
conferma di essere uno che ci
vede lungo non solo sul cam-
po di gioco. Il numero 7 della
Juve ha pubblicato una storia
su Instagram in cui ascolta tut-
to contento Sciccherie, il brano
che le sta dando notorietà tra
passaggi in radio e ascolti
streaming. Inutile dire quale
visibilità possa regalare CR7,
uno che su Instagram ha 178
milioni di follower, ma va an-
che aggiunto che la ragazza si
stava comunque già facendo
notare da sola.
Perché siamo davvero da-
vanti ad un unicum nel panora-
ma musicale italiano. Fa urban
e, con tutte le debite distinzio-
ni, si potrebbe parlare di Mada-
me come della Billie Eilish ita-
liana: tale rischia di essere il
suo impatto dalle nostre parti.
Due ragazzine terribilmente
brave e capaci di conquistare
non solo i loro coetanei. Ad og-
gi sono tre i brani che è possibi-
le ascoltare, un primo assaggio
che ha già fatto accendere i ri-
flettori su di lei.
Il management è di sua si-
gnora del rap Paola Zukar, la
Sugar l’ha scoperta sui social
lo scorso ottobre e subito mes-
sa sotto contratto, perché in
un mondo fortemente maschi-
le (e talvolta machista) qual è
il rap, non è facile trovare figu-
re femminili convincenti. Lei
lo è. Anzi, ci sentiamo di affer-
mare che Madame rischia di
mettersi in tasca molti dei suoi
più noti colleghi. Madame stes-
sa nel suo ultimo singolo 17 ri-
vendica con orgoglio il suo es-
sere donna in quella realtà:
«Perché la musica rap piaccia
agli uomini / Non basta la vo-
ce, la penna, lo stile / Il cuore
in gola alla fine / Forse no, ehi,
ehi, ehi». Non è quindi per ca-
so che La Pina l’ha ospitata su
Radio Deejay, lei che negli An-
ni 90 è stata capace di imporsi
sulla scena rap italiana, unica
donna ad averlo finora fatto
con quella forza. Un ideale pas-
saggio di testimone dopo più
di venticinque anni.
Sono tanti gli aspetti che col-
piscono di questa ragazza, che
è stata rimandata di matemati-
ca, il prossimo anno farà la
quarta liceo ed è al lavoro sul
disco d’esordio: l’abilità nel
rap, ok, ma anche una bella vo-
ce quando la parola cede il pas-
so al canto, e l’intrigante capa-
cità di scrittura. Si muove tra
slang giovanile e neologismi
che compongono testi nei qua-
li si intravvedono la penna
adolescenziale ma anche l’as-
senza di banalità. E poi c’è
quella metrica che gioca sugli
accenti e sulla scomposizione
delle parole, senza ricorrere ai
calembour. Quello che Max
Pezzali aveva fatto alla canzo-
ne pop negli Anni 90, trova
qui un’ulteriore e più estrema
realizzazione. «È tutto un mix
di idee, sono una piccola esplo-
ratrice», ha detto di sé.
CR7 le ha fatto un assist, ora
tocca a lei fare gol. —
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Giovani meteore musicali
Anni Ottanta e Novanta da ballare
2
3
- Un’immagine dal set del
lungometraggio “Il Boe-
mo”; 2. Gli orchestrali du-
rante le prove; 3. Philippe
Jaroussky e VaklavLuks
sul set; 3. Ritratto di Josef
Myslivecek detto” Il Boe-
mo”; 4. Il protagonista Voj-
tech Dyk, popstar e attore
ceco, assieme al regista
Petr Vaclav che lavora sul
personaggio di Myslivecek
da dieci anni. Produzione
ceco-italiana, uscita in
tempo per la Mostra di Ve-
nezia del 2020 o, alla peg-
gio, per il Festival di Berlino
o Cannes nel 2021
MARCO ALESSI
PRODUTTORE ITALIANO
DEL FILM “IL BOEMO”
A sinistra, Francesca Calearo,
17 anni, in arte Madame, il talen-
to attuale più interessante della
musica italiana: se ne è accorto
anche il giocatore Cristiano Ro-
naldo (sopra) che ha pubblicato
una storia su Instagram
1
2
ANNIVERSARIO
Il loro destino è un
pugno nello stomaco:
niente dischi di cover
ma una Spoon River
5ive
Quattro dischi in
quattroanni, poi stop.
È la storia della boy
band inglese del 1997,
stesso management
che aveva selezionato
le Spice Girls
Ragazzi Italiani
Il gruppo, in origine
compostoda sette
ragazzi, si formò nel
- L’apice del
successo arriva con
“Vero amore”. Mai
sciolti ufficialmente
New Kids on the
Block
Cominciano la carriera
comeboy band nel
1984, 80 milioni i
dischi venduti, poi lo
scioglimento nel ’94.
Salvo riunirsi nel 2007
3
4
5
Il musicista nato a Praga nel 1737 e morto a Roma
nel 1781 devastato dalla sifilide; in mezzo, una perfetta
carriera da operista italiano. Il regista è Petr Vaclav;
il protagonista la pop star e attore ceco Vojtech Dyk
Ma i divi sono i cantanti, barocchisti veri e famosi
Questo è un modo per
sentirsi europei. Era
la star di un’Europa
già unita nella cultura
e nella musica
24 LASTAMPALUNEDÌ 5 AGOSTO 2019
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