L\'Espresso - 04.08.2019

(Tina Sui) #1
Prima Pagina

per la rottura, consci del logoramento generale e del disa-
stro dell’economia. Tema sul quale il “governo del cambia-
mento” ha fallito da subito, dalla nascita. E ora se ne ha
drammatica conferma.
Con le vele goniate dal vento antieuropeo, Salvini e Di Ma-
io avrebbero potuto spingere e trattare per cambiare dav-
vero le regole del gioco, ma non lo hanno fatto. Nel senso
che l’ansia di violare tetti, vincoli e trattati ha prodotto non
la politica economica alternativa promessa, ma uno stan-
co elenco di mancette elettorali, alcune delle quali solo
annunciate (meno tasse) o drasticamente ridimensionate
dalla realtà delle cose (quota 100, reddito di cittadinanza).
E che comunque, come scritto nella inanziaria del loro


stesso governo, non hanno cambiato e non cambieranno
l’ineluttabile destino italiano della crescita sero.

Ma ora c’è un elemento in più. Dopo aver già tagliato
spese e investimenti nella inanziaria 2019 (tanto per dire,
l’Anas ha visto sparire 1,8 miliardi: risultato, decine di can-
tieri chiusi) per riportare il deicit del balcone a più miti
percentuali, i gialloverdi sono stati ora costretti a prendere
impegni solenni con Bruxelles per evitare la procedura di
infrazione: correzioni ai conti 2019 e rigoroso rispetto dei
numeri concordati per il 2020. Insomma, il contrappas-
so salviniano vuole che il Def 2020 sia già stato scritto. A
Bruxelles. E certo non aiuterà l’elezione a presidente della
Commissione europea della rigida Ursula von del Leyen,
facilitata dall’improvvido no di Salvini al più amichevole
Timmermans.
Traduzione: addio alla lat tax, come peraltro si sgola a ri-
petere il ministro Tria, possibile solo in deicit o a costo
di tagli di spesa pesantissimi, del resto già necessari per
evitare gli aumenti dell’Iva delle cosidette “clausole di sal-
vaguardia”, multe per aver violato i patti. Insomma, condi-
zionato in politica, fallimentare in economia, Salvini è in
un cul de sac. O no? Q

del quotidiano. «Porre un limite alla in-
zione? E allora anche al black humor o alla
satira?», rispose in una delle rare intervi-
ste nel novembre scorso, quando per l’en-
nesima volta scoppiò una polemica per un
suo vecchio intervento pseudo razzista
durante un corso di giornalismo del 2004
(anche quella era, appunto, una recita).
Proprio in quel periodo, il giornalista Me-
diaset che aveva organizzato il pomeriggio
con Casalino, spiegò essere rimasto colpi-
to dalla bravura dell’ex gieino, non anco-
ra approdato al giornalismo, nel «fare un
personaggio» e manipolare la platea:
«Aveva gestito gli interlocutori portandoli
dove voleva lui. Mi colpì la sua capacità di
essere regista delle emozioni altrui».
Capolavoro, come si diceva, all’indoma-
ni dell’intervento di Conte sul Russiagate,


quando ciascun quotidiano pareva avesse
assistito a una scena diversa, come si evin-
ce dai titoli di prima pagina di quel giorno:
«Conte sida Salvini» , «Conte scarica Sal-
vini», «Conte salva Salvini», «Conte sbu-
giarda Salvini», «Conte attacca, Salvini lo
sida», «Salvini sbugiardato», «Salvini
trionfa sulle macerie M5S». E via, decli-
nando, nemmeno si trattasse del Re Sole
della democristianità, invece del solito az-
zimato premier che, appunto, solo grazie
alle manipolazioni casaline è diventato di
volta in volta avvocato del popolo, aspi-
rante successore di Di Maio alla guida dei
Cinque stelle, aspirante successore di se
stesso (cosiddetto Conte bis), aspirante ri-
serva della Repubblica (quando s’è capito
che dal Quirinale iltrava a mo’ di sibilo
una specie di: «Ma quale bis»). Ma non

CONDIZIONATO DAL


RUSSIAGATE. COSTRETTO


A MEDIARE. IL DUBBIO:


NON SA PIÙ CHE FARE?


“QUELL’ALTRO LÀ”. “MI INTERESSI MENO DI ZERO”.


COSÌ GLI ALLEATI DISCUTONO TRA LORO


COME CONCORRENTI DEL GRANDE FRATELLO

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