L\'Espresso - 04.08.2019

(Tina Sui) #1

Marco Damilano


Il grand


LA CRISI DI GOVERNO È PURA

FICTION, UNA RECITA PER

UN PUBBLICO SEMPRE MENO

ATTENTO. MENTRE NEL PAESE

AVANZA L’IMBARBARIMENTO,

L’IMPOSSIBILITÀ DI RICUCIRE

ell’estate di anno fa il nuovo pote-
re gialloverde predicava vicinan-
za al popolo, silava tra gli applau-
si ai funerali delle vittime del pon-
te Morandi a Genova, minacciava
di strappare le concessioni alla
società Autostrade, teneva bloc-
cata la nave Diciotti della guardia
costiera della Marina italiana nel porto di
Catania con 137 migranti a bordo. Sembra-
no immagini lontane, sarebbero cartoline
ingiallite se a soccorrere i governanti non
ci fossero i selie che fotografano un tempo
sempre presente. Un anno dopo un pezzo di
governo, la Lega di Matteo Salvini, incassa il
dividendo almeno virtuale delle sue azioni,
toccando quota 38 per cento nei sondaggi,
come la Dc degli anni Settanta, quella archi-
trave del sistema e inamovibile dal governo.
L’altro contraente del patto, il Movimento 5
Stelle, vivacchia al 17 per cento e se si votas-
se oggi farebbe fatica a confermare metà dei
seggi: un risultato tutto sommato ancora al-
to per un Movimento che ha mancato ogni
promessa, ha tradito ogni aspettativa del
suo elettorato, se è ancora possibile evoca-
re la categoria del tradimento in politica. E

questo basta a spiegare tutto: M5S è nato co-
me il partito dell’apriscatole per scardinare
il Parlamento e oggi è ridotto a un gruppo di
parlamentari notabilizzati, senza aderenza
nella società. In caso di elezioni anticipate
perderebbe anche l’ultimo punto di forza,
l’occupazione delle sedi istituzionali che va
dai ruoli di governo e di sottogoverno alla
presidenza delle commissioni parlamentari
e della Camera dei deputati.
Se dai sondaggi e dagli equilibri di Palazzo
ci spostiamo alla società, le cose cambiano
radicalmente. Lega e M5S hanno un punto
in comune: da Roma in giù sono partiti vir-
tuali, senza sedi territoriali, sezioni, gruppi
dirigenti degni di questo nome. Ma mentre
M5S va giù, il partito di Salvini cresce. «A
Sapri ha vinto la Lega», mi hanno detto l’al-
tro giorno nella cittadina che fu teatro del-
la sfortunata spedizione guidata da Carlo
Pisacane (1857). Nessuna sorpresa, succede
in tutta Italia, anche al Sud. In efetti, alle
ultime elezioni europee il partito di Salvini
nella città cilentana è arrivato primo, con il
31 per cento. Ma cosa rappresenti nessuno lo
sa bene. Forse il vecchio centrodestra. Forse
l’elettorato che si sente alternativo alla sini-
stra (ma quale?). Forse, uno stato d’animo. In
ogni caso, i contraenti del patto di governo
in poco più di un anno hanno trasformato la
società italiana in un deserto. Il Movimento
5 Stelle era una specie di federazione di rivol-
te e proteste, ovunque ci fosse un no c’erano
loro. Oggi non possono uscire di casa o met-
tere piede in un corteo a Lecce (Tap), Taranto
(Ilva) e ora anche Val di Susa (Tav). Mentre
la nuova identità, quella moderata, ragione-
vole e governativa, non basta per costruire
il consenso, il povero Luigi Di Maio si può
aggirare dalle parti della Costa Smeralda e
basta. La ribellione nelle piazze è sostituita

N

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