Editoriali
Alla fine Ursula von der Leyen ce l’ha fatta. È stata
una vittoria di stretta misura, ma la lotta per ogni
singolo voto ha dato i suoi frutti. La sua nomina
alla guida della Commissione europea è la diretta
conseguenza della debolezza dell’Unione. I co-
siddetti partiti europeisti non possono più conta-
re su una larga maggioranza, anche quando la
posta in gioco è molto alta. Un paio di voti in più o
in meno, e l’Europa sarebbe potuta sprofondare
ulteriormente in questa crisi d’identità, ritrovan-
dosi senza guida.
Quella che ricorderemo come la prima elezio-
ne di una donna alla presidenza della Commis-
sione è stata caratterizzata da una quantità di
malumori, accordi sottobanco e manovre disone-
ste come non si vedeva da decenni. Tutto è co-
minciato quando si è fatto credere agli elettori che
il loro voto alle europee avrebbe potuto influenza-
re indirettamente le nomine ai vertici dell’Unio-
ne europea. Ma dopo le elezioni il sistema degli
Spitzenkandidat è stato malamente accantonato
da alcuni governi. Gli elettori hanno avuto motivo
di sentirsi presi in giro, finché in un turbolento
vertice di tre giorni la ministra della difesa tede-
sca è stata inserita nel pacchetto delle nomine.
Durante tutto il processo i negoziatori e i par-
titi hanno commesso diverse scorrettezze. Ed è
mancata la voglia di far fronte comune davanti
alle grandi sfide del nostro tempo, dal cambia-
mento climatico alle migrazioni fino alla digita-
lizzazione delle nostre esistenze. Nell’Unione
europea degli stati nazione si gioca ancora spor-
co, soprattutto quando bisogna fare i conti con le
divisioni tra est e ovest su questioni fondamenta-
li come l’immigrazione o lo stato di diritto.
Ma Von der Leyen non può farci niente, era
solo una candidata di ripiego. Fino all’ultimo la
sua nomina è rimasta in dubbio: non era sicuro
che in parlamento ci fosse una maggioranza in
suo favore, perché mancava un solido patto tra
partiti, come quello tra popolari e socialdemocra-
tici che nel 2014 aveva garantito l’elezione di
Jean- Claude Juncker. Il risultato del voto è lo
specchio di questa lacerazione. La spaccatura at-
traversa ormai anche i partiti tradizionali, come i
socialdemocratici: un terzo di loro ha votato con-
tro von der Leyen, il resto l’ha sostenuta.
Con 383 voti la tedesca ha superato la soglia
richiesta di appena nove voti. Questo margine
non le basterà quando si tratterà di discutere in
parlamento le grandi riforme e le molte promesse
fatte. Come prima cosa la Commissione dovrà
darsi un obiettivo fondamentale: superare le divi-
sioni e costruire una nuova fiducia. u ct
Von der Leyen parte in salita
Thomas Mayer, Der Standard, Austria
La fame non è ancora sconfitta
The Irish Times, Irlanda
I progressi fatti nella riduzione della fame a livello
globale dall’inizio del secolo dimostrano tutto il
valore degli aiuti per lo sviluppo. Ma questo pro-
gresso è sempre stato irregolare, e secondo gli
ultimi dati potrebbe addirittura essersi fermato.
Un rapporto delle Nazioni Unite afferma che oggi
nel mondo più di 820 milioni di persone soffrono
la fame. Questo numero è aumentato per il terzo
anno consecutivo, soprattutto in Africa e in alcu-
ne aree del Medio Oriente e dell’America Latina.
Secondo il rapporto altri due milioni di perso-
ne, di cui molte negli Stati Uniti e in Europa, non
hanno accesso ad alimenti sani e rischiano obesi-
tà e altri disturbi. I dati confermano che non basta
aumentare la produzione alimentare, bisogna
anche promuoverne la varietà e l’accessibilità e
l’istruzione dei cittadini.
Le cifre che riguardano i paesi poveri sono al-
larmanti. Raggiungere l’obiettivo di cancellare la
fame entro il 2030 sarà molto difficile. Il cambia-
mento climatico sta colpendo duramente l’agri-
coltura. Il numero di aziende agricole è in calo,
con conseguenze nefaste sul modo in cui gli ali-
menti sono prodotti e distribuiti. Il problema è
particolarmente grave nei paesi dove la crescita
economica stenta, la violenza è diffusa o si regi-
stra un’elevata disuguaglianza.
La capacità di mobilitazione è compromessa
dalla grave carenza di aiuti internazionali. L’Or-
ganizzazione per la cooperazione e lo sviluppo
economico ha rivelato che gli aiuti esteri sono ca-
lati del 2,7 per cento rispetto all’anno scorso. Il
Consiglio norvegese per i rifugiati riferisce che le
agenzie umanitarie hanno ricevuto meno di un
terzo dei fondi necessari per assistere le popola-
zioni colpite dalle diverse crisi mondiali.
La riduzione della fame è il risultato di uno
sforzo globale sostenuto da risorse adeguate. Se
questo sforzo non sarà mantenuto, i progressi sa-
ranno cancellati. u as
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