Internazionale - 19.07.2019

(やまだぃちぅ) #1

Romania


a conservare le indennità di licenziamen-
to, ma persero altri benefici: il premio per
la Pasqua, quello per le vacanze e altri bo-
nus. La pausa tra i turni fu ridotta da dieci
a cinque minuti e quella per il pranzo da
trenta a venti minuti, che furono aggiunti
alle otto ore di lavoro quotidiano.
Lo stabilimento di Satu Mare che oggi
è dell’Electrolux ha più di cent’anni. Ini-
zialmente era l’officina meccanica dei fra-
telli Princz, poi per un certo periodo pro-
dusse vasi smaltati. Negli anni cinquanta
fu nazionalizzata dal regime comunista,
che le cambiò nome in 23 agosto (data del
colpo di stato contro il regime fascista di
Ion Antonescu, nel 1944). Nel 1995 la
struttura fu privatizzata, diventò la Samus
e le sue azioni furono distribuite tra i di-
pendenti. Due anni dopo fu acquistata
dalla multinazionale svedese Electrolux.
A quel punto i salariati decisero di vendere
in blocco le loro quote, per un totale di cir-
ca 13,5 milioni di dollari al valore attuale.
Con i soldi guadagnati poterono comprare
o ristrutturarsi la casa.
Oggi tutti ricordano di aver accolto con
gioia la notizia dell’arrivo degli svedesi:
solo dirlo faceva pensare a ricchezza e be-
nessere. E in effetti in quel periodo era co-
sì: lavorare all’Electrolux, la prima multi-
nazionale registrata alla camera di com-
mercio di Satu Mare, era motivo d’orgo-
glio. Gli stipendi erano più alti della media
locale, i lavoratori organizzavano feste,
avevano premi, ferie pagate e cure terma-
li a spese dell’azienda. Il 9 agosto era la
festa della fabbrica, un giorno sacro.
Oggi, anche se le cucine Electrolux,
Zanussi e Aeg (due marchi del gruppo sve-
dese) si vendono in tutta Europa, in Cana-
da e negli Stati Uniti, la maggior parte de-
gli scioperanti afferma di non sentirsi in
nessun modo orgogliosa di far parte
dell’azienda. Se devono pensare a qualche
bel ricordo legato al lavoro, alcuni raccon-
tano del vecchio dirigente che una volta


per la festa della donna regalò a tutte le
dipendenti una cucina a gas, altri di quan-
do furono introdotte le indennità di licen-
ziamento commisurate agli anni passati in
fabbrica, altri ancora parlano di quel ma-
nager che convocò i capisquadra per inti-
margli di usare un linguaggio più rispetto-
so con gli operai semplici.
Le rivendicazioni degli scioperanti
vanno ben oltre l’aspetto puramente sala-
riale. Molti si lamentano dell’attuale diret-
tore, che ha portato profondi cambiamen-
ti nella produzione, con carichi sempre
maggiori per i lavoratori, e nell’atteggia-
mento della dirigenza, restia a parlare con
i dipendenti.
Dietmar Bloemer è diventato direttore
della fabbrica di Satu Mare dieci anni fa,
nel bel mezzo della crisi economica del
2008, che colpì duramente il
tessuto industriale della città. In
quel periodo l’intero mercato
europeo era in difficoltà e il
gruppo svedese, che a Satu Mare
aveva licenziato ottanta dipen-
denti, annunciò un piano per ridurre i co-
sti che prevedeva il taglio di tremila posti
di lavoro in tutto il mondo. La fabbrica ha
cominciato a uscire dalla crisi dopo tre an-
ni chiusi in perdita. Nel 2016 ha fatto pro-
fitti per 2 milioni e 320mila euro, scesi a un
milione e 480mila euro nel 2017.
L’anno scorso, poi, è cambiato il siste-
ma di funzionamento dei nastri traspor-
tatori, novità che ha alimentato le prote-
ste dei lavoratori ed è stata tra le cause
dello sciopero: in passato erano gli operai
a spingere le cucine sul nastro, mentre
oggi il nastro si muove da solo e si ferma,
per 42, 76 o 120 secondi, a seconda del
lavoro che gli operai devono svolgere.
Dieci secondi prima dello scadere del
tempo, il pulsante rosso che è stato mon-
tato accanto a ogni postazione comincia
a lampeggiare. Se l’operaio pensa di non
riuscire a completare il suo compito, può

bloccare il nastro. Ma questo crea proble-
mi, perché la produzione è un flusso con-
tinuo e tutti i processi sono collegati. Se
un lavoratore si ferma, anche il successi-
vo deve interrompersi. “A quel punto ar-
riva il caposquadra e si mette a urlare che
è colpa tua se il lavoro è fermo”, racconta
un dipendente, spiegando lo stress che
questa situazione crea, soprattutto se ci
sono anche problemi tecnici.
Tuttavia a Satu Mare i lavoratori non
hanno paura di essere sostituiti dai robot.
Parlano di altre fabbriche, quasi comple-
tamente automatizzate, come di modelli
da imitare, e credono di poter produrre
con lo stesso ritmo, a costo, però, del loro
sfinimento fisico.
Le aspettative della dirigenza, insom-
ma, sono diventate sempre più alte, ma le
condizioni di lavoro non sono
migliorate di pari passo. D’esta-
te in alcune sale la temperatura
può raggiungere i 42 gradi.
Quando i piani cottura delle cu-
cine escono dai forni a 800 gra-
di sembra di stare in una serra. C’è chi si è
portato il termometro da casa per far pre-
sente la situazione ai caposquadra, ma
non è cambiato nulla. I ventilatori che so-
no stati montati non fanno che rimettere
in circolo l’aria bollente. E quando il caldo
richiede una maggiore idratazione, si
presenta un altro problema: le pause per
andare al bagno, cinque minuti ogni due
ore, non sono sufficienti.

Il giusto equilibrio
Alla fine di aprile la dirigenza di Electrolux
ha comunicato la sua ultima offerta: un
aumento salariale del 5,5 per cento e un
bonus di presenza di 42 euro lordi per il
2019 e il 2020. I sindacalisti hanno consi-
derato insignificante l’aumento dello 0,5
per cento rispetto all’offerta precedente e
hanno rifiutato. A complicare i negoziati si
sono messi anche i giornali locali, scriven-
do – su suggerimento di un sindacalista –
che gli scioperanti erano pronti a dimet-
tersi in blocco se entro il 6 maggio la situa-
zione non si fosse sbloccata.
“Non c’è niente di nuovo nel conflitto
di Satu Mare, è una semplice questione di
rapporti di forza”, dice Marcel Spatari,
direttore di Syndex e coautore dello stu-
dio su cui il sindacato ha basato le sue ri-
vendicazioni. “Oggi i sindacati esprimo-
no un malcontento accumulato negli anni
in una forma che attira l’attenzione del
pubblico”. Spatari è convinto che lo scio-
pero sia legato a quanto è successo in di-
verse multinazionali attive in Romania

Da sapere Quanto costa il lavoro


Il costo medio di un’ora di lavoro nei paesi dell’Unione europea, 2018, in euro. Fonte: Eurostat


40
30

20

10

0

Danimarca Paesi Bassi Finlandia
Unione europea

Cipro
Rep. Ceca Polonia

Belgio
Germania Zona Euro

Spagna Malta
Slovacchia UngheriaRomania
Lussemburgo

Francia Irlanda
Regno Unito

Svezia Austria Italia SloveniaGrecia Estonia Lettonia
Portogallo Croazia LituaniaBulgaria
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