NEI SECOLI DEI SECOLI - Gianni Zito - Biografia

(Gianni Zito) #1

Risposero alle mie scuse quasi tutti, chiamandomi “o zi”, che vuol dire “zio” in dialetto campano,
termine attribuito a tutti i detenuti più avanti con l’età, i più adulti come me, che tra l’altro avevo
anche una folta barba bianca che mi invecchiava ulteriormente.


Tutti ripetevano garbatamente: “o’ zi, nessun problema, capita spesso che portano nuovi carcerati a
quest’ora, ci siamo abituati! E’ la prima volta che siete carcerato anche voi? Lo sapete fare il
letto?”.


Io risposi con altrettanto garbo ma con determinazione perché sapevo che in quegli ambienti ci si
deve far rispettare e non si deve mai mostrare alcun lato debole del carattere: “E’ la prima volta, e
credo di saperlo fare il letto, almeno ci provo”.


Loro da veterani quali erano mi dissero, con la dovuta autorevolezza: “no, o’ zi, lasciate stare,
adesso vi facciamo vedere noi come si fa, mettetevi comodo e guardate: si mette il lenzuolo sopra il
materasso, poi si gira e si fanno i nodi agli angoli, così, ecco qua!”.


Il tono garbato ed accogliente, anche se in dialetto campano fortemente esasperato, mi fece sentire a
mio agio, e la paura di trovarmi davanti criminali pericolosi scomparve del tutto!
Erano sei detenuti, io ero il settimo, troppi in una cella unica, infatti tutti dormivano su letti a
castello tranne me che occupai l’unico letto singolo.
Non riuscii a capire come mai avevano lasciato libero proprio il letto più ambito, quello più
comodo! “Forse anche questo rientrava tra l’accoglienza che il Buon Dio mi aveva predisposto
finanche in carcere”, pensai sorpreso!


Li osservai in faccia ad uno ad uno e non sembravano affatto criminali incalliti, però sentendoli
parlare si capiva che lo erano nei fatti, non nei modi, perché ognuno di loro aveva commesso reati
pesanti, come scoprii il giorno dopo presentandoci tutti.

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