La parola “Ancora”
Non vi era soltanto il disegno delle tombe a destare preoccupazioni nei miei genitori, ma anche un
altro comportamento strano, durato anch’esso per anni, che sembrava apparentemente distaccato dal
primo ma che poi, nel tempo, ne divenne francamente intrecciato: scrivevo sempre la parola
“Ancora”, in tante modalità grafiche, come se chiedessi a qualcuno di darmi ancora qualcosa.
La parola veniva ripetuta all’infinito, diverse volte su ciascuna riga del foglio di quaderno, per tutta
la pagina, oppure a volte veniva scritta da sola, ad inizio pagina.
Lo stile di scrittura cambiava spesso: a volte tutto minuscolo, a volte caratteri misti compreso il
corsivo, a volte tutto maiuscolo, mentre il colore generalmente restava lo stesso pur avendo a
disposizione diverse opzioni per modificarlo.
Anche la grandezza della parola cambiava, la calligrafia passava da normale ad enorme a
minuscola, spesso nella stessa pagina.
Qualche parola veniva evidenziata come in grassetto, altre sottolineate, altre ancora ottenevano un
alone tipo ombra. In ogni caso la parola era sempre la stessa: Ancora.