Ovviamente indossavo anch’io l’abbigliamento del 118 che mi fu fornito qualche giorno prima, e le
scarpe antinfortunistiche invece le comprai in un negozio specializzato con gli ultimi soldi rimasti!
Che emozione investire gli ultimi spiccioli in un paio di scarpe professionali! Tornato a case le
indossai insieme alla divisa del 118 e provai una sensazione di soddisfazione esistenziale senza
tempo e senza spazio, che mi sembrò di aver già vissuto chissà dove e chissà quando!
O forse era semplicemente scritta nel mio destino e me ne resi conto in qualche maniera.
Sentivo finalmente di far parte di una equipe adatta a me, accolto con grande considerazione da
parte di tutti, soprattutto dagli infermieri e dagli autisti che nutrivano un notevole rispetto per i
medici e lo manifestavano chiaramente!
In quelle missioni salvifiche i medici rappresentavano il non plus ultra, ed a loro era affidata spesso
la vita o la morte dei pazienti!
Compresi questo ruolo importante anche perché ricevevo continue attenzioni da parte di tutti, e
qualsiasi cosa chiedessi veniva esaudita all’istante!
Non ero abituato a tutte quelle lusinghe che spesso mi sembravano surreali ed esagerate, ma col
tempo ci feci l’abitudine e divennero parte integrante di un lavoro straordinariamente coinvolgente
anche dal punto di vista emotivo e spirituale, oltre che professionale.
Ogni volta che arrivava la richiesta di un intervento, si partiva in ambulanza con grande impeto,
come se andassimo in guerra, e di fatto di una guerra si trattava, tra la vita e la morte, ed il guerriero
principale ero proprio io!
“Ma come è possibile che sia proprio io il guerriero in prima linea, se fino a qualche giorno
orsono ero solo un paziente fragile affetto da una malattia anche impegnativa come la
fibrillazione?”, pensavo spesso tra me e me!
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