Ho paura che questo involontario disconoscimento possa rappresentare, per Gesù, la delusione più
grande, e per questo dev’essere assolutamente evitato.
La premura di non coinvolgere Dio nelle nostre sofferenze, quindi, per quanto basata su un
principio umano lodevole, non risponde assolutamente al volere del Signore che invece ci chiede di
condividere con Lui ogni Passione, di affidargliela totalmente, perché possa rinnovare la Sua Opera
di Salvezza Eterna.
Comprendendo le stesse parole di Gesù che ci ha chiesto più volte di affidargli anche le nostre
sofferenze, raggiunta così una Fede più matura, riusciamo finalmente a chiedere il Suo prezioso
intervento ed offrirgli anche le nostre tribolazioni.
Citava Santa Teresa del Gesù Bambino: “Si salvano più anime con la sofferenza, offerta a Dio con
amore, che con lunghe prediche!».
Si tratta quindi di donare, offrire, affidare, le nostre tribolazioni proprio a Dio che le accetta con
tutto il Suo Cuore: le Anime sofferenti sono le Sue predilette perché sono quelle che riescono a
condividere con Lui il significato del Getsemani e riescono a comprendere meglio il valore eterno
della Croce, del Suo più grande dono. La nostra sofferenza offerta a Dio diventa dono d’Amore
ricambiato e segno di Fede assoluta da parte nostra.
Per questo la maggior parte dei Santi ha vissuto grandi sofferenze nella vita, per essere affiancati
ancor di più al Buon Dio e condividere con Lui i misteri salvifici della Croce.
La Chiesa continua a chiamarli “misteri”, adottando un criterio di discrezione che, per chi ha
raggiunto una Fede matura, sembra addirittura fuori luogo. Sarebbe meglio, invece, interpretarle
come certezze, perché di fatto lo sono per i credenti.
Un mio sogno personale, infatti, sarebbe far sparire dalle Sante Messe e dal Rosario la parola
“misteri” anche se viene anteposto l’aggettivo “Santi”, perché l’Amore di Dio è assolutamente
lampante, evidente, accecante.