la Repubblica - 22.07.2019

(Romina) #1

N


on è facile immaginare cosa succederà nel
prossimo periodo in Italia. Che ne sarà del
governo e, in particolare, di Matteo Salvini.
Vicepremier e ministro dell’Interno. I suoi rapporti
politici e personali con Savoini, protagonista dello
scandalo russo del petrolio, hanno sollevato molte
polemiche. E la vicenda non è conclusa. Anzi, si sta
allargando. Anche nel tempo. Fino a coinvolgere le
relazioni pericolose — sul piano politico e finanziario
— fra Salvini e Putin. Fra Lega e Russia. Tuttavia,
l’impressione è che questi avvenimenti non abbiano
avuto e non possano avere conseguenze sotto il
profilo dei consensi. Politici e personali. Per la Lega e
per Salvini. Il che è lo stesso. Perché la Lega si
identifica in Salvini. Che, a sua volta, la identifica. Le
dà un volto, una voce. Dunque, un’identità. I sondaggi
degli ultimi giorni suggeriscono, anzi, una tendenza
contraria. Vedono, infatti, la Lega salire ancora, nelle
stime di voto. Oltre il 35%. Mentre la fiducia personale
nei confronti di Salvini resiste, su livelli molto elevati.
Come se il vento dell’Est avesse sollevato, in Italia,
una reazione di (auto)difesa, da parte della base
leghista. E non solo. Perché è l’Uomo Forte della
compagine governativa. In un Paese nel quale quasi
due terzi dei cittadini hanno sempre evocato e
invocato l’avvento dell’Uomo Forte. Appunto. E ciò
(mi) induce a suggerire un’ipotesi “personalizzata”.
Più delle trame russe e dei sospetti, anzi, le evidenze,
circa i favori richiesti alla Russia dagli amici di Salvini,
infatti, l’unico soggetto e oggetto in grado di
indebolire il consenso verso Salvini e della Lega è
Salvini stesso. D’altronde, se queste — e altre —
polemiche non hanno avuto effetti sull’opinione
pubblica fino a oggi, non c’è motivo di supporre che,
in futuro, possano influenzare il sentimento popolare.
Fino a rovesciarne il segno. A questa “in-differenza”
contribuisce, in primo luogo, l’assuefazione alla
corruzione politica, che attraversa la società. Di più.
L’abitudine a considerare la corruzione contestuale
alla politica. Un elemento e una componente

“normale” del sistema politico. Tanto più in Italia.
Dopo le vicende di Tangentopoli che nei primi anni
Novanta travolsero i partiti e la classe dirigente della
Prima Repubblica. Anzi, travolsero la Prima
Repubblica. Da allora, molto è cambiato, in Italia. Però
gran parte dei cittadini (oltre 8 su 10) pensa che,
rispetto all’epoca di Tangentopoli, la corruzione
politica sia diffusa nella stessa misura (51%) o perfino
di più (34%). Così, emergeva nel sondaggio condotto
da Demos (per Repubblica) dopo le elezioni del 2018.
Confermando una tendenza osservata da almeno 10
anni. Così, è difficile pensare che lo scandalo dei fondi
russi susciti davvero scandalo. In fondo, così fan
tutti... O meglio, lo han sempre fatto. Salvini e la sua
Lega non fanno eccezione. E allora perché stupirsi?
Lo stesso vale per le relazioni pericolose con la Russia.
Note da tempo. Come la simpatia degli elettori
leghisti per la Russia. E per Putin. Come abbiamo
rilevato anche una settimana fa. I leghisti, infatti, si
confermano gli elettori che apprezzano
maggiormente Putin. Ma anche Trump. E ancora,
Marine Le Pen. Per contro, i più distaccati da Macron e
dalla Merkel. Insomma, i più lontani dall’Unione
europea e dai suoi leader. Non per caso, di recente, i

loro parlamentari non hanno partecipato al voto che
ha eletto Ursula von der Leyen presidente della
Commissione europea.
Dunque, la Lega continua a raccogliere consensi. Anzi
li aumenta. Nonostante tutto. In particolare,
nonostante gli scandali che evocano la corruzione e la
dipendenza dai poteri economici e politici “stranieri”.
Antichi vizi politici nazionali. Perché gli italiani si
dovrebbero distaccare da Salvini e dalla Lega se, in
fondo, la Lega di Salvini riproduce il copione di una
storia nota? Forse proprio per questa ragione.
Almeno, in prospettiva. Perché ne “corrompe”
l’immagine di diversità. Ne contraddice la
“singolarità”. Ne erode il senso di “differenza” che il
leader ha impersonato fino a oggi. Meglio: fino a ieri.
Mentre oggi il Capo è costretto a spiegare che non
c’entra con le trame ordite dai suoi amici. Dai suoi
collaboratori. “A sua insaputa”. Anche se a nome suo.
Il Capo: spinto a giustificare comportamenti
impropri. Da Prima Repubblica. Quasi si trattasse
ancora della “Lega di Bossi”. Riluttante a discuterne
in Parlamento. Perché «isolato dal suo stesso governo,
di cui fino a ieri era il padrone», ha scritto Ezio Mauro.
Comunque vada, rischia di perdere autorevolezza e
credibilità. Quasi non fosse più il Capitano, ma un
Caporale. È questo il vero problema di Salvini.
Apparire meno diverso dagli altri, meno distante e
distinto dalla classe dirigente di quella Prima
Repubblica, che gran parte del Paese considera il
passato. Lontana. Ebbene, quella Repubblica oggi
appare meno lontana. Meno passata. E la Lega di
Salvini ne appare meno estranea. Così, Salvini rischia,
a sua volta, di venirne contaminato. Indebolito. Di
apparire non più un “uomo forte”, ma “uno come gli
altri”. Un “politico”. Costretto a dissimulare
l’evidenza. La realtà. E, quindi, a nascondersi. Ma
Salvini non si può nascondere. Perché se diventa “uno
come gli altri”, “uno dei tanti”, allora rischia di
perdersi. In mezzo agli altri...

I


numeri sono molto chiari: l’anno scorso sono
nati 449.000 italiani e sono morti 636.000
(secondo l’Istat). Quindi ogni anno l’Italia perde
187.000 persone.
Il calcolo aritmetico non è molto difficile: senza
l’immigrazione, la popolazione dell’Italia
scenderebbe da 60 milioni a 50 milioni in poco più
di cinque anni. Senza l’arrivo di nuove persone di
età lavorativa, l’economia italiana andrebbe in
crisi. Non ci sarebbe mano d’opera sufficiente nelle
fabbriche, nei campi, nei negozi, badanti nelle
case, o contribuenti per il sistema pensionistico
per mantenere il numero crescente di anziani.
La politica dell’attuale governo è basata
sull’illusione che, se l’Italia potesse cacciare una
buona parte dei sui sei milioni di immigrati, i
problemi del Paese scomparirebbero: ci sarebbe
lavoro per tutti, i salari aumenterebbero, le città
sarebbero più vivibili e si tornerebbe all’età d’oro
degli Anni Sessanta e Settanta, quando l’economia
italiana era tra le più robuste nel mondo e il Paese
era etnicamente omogeneo. Mentre è vero l’esatto
contrario: senza la presenza e i contributi degli
immigrati il Pil del Paese crollerebbe e il tenore di
vita degli italiani sarebbe insostenibile.
Quando ho posto questi problemi all’attuale
sottosegretario per la Finanza, il senatore Massimo
Garavaglia, in un’intervista l’anno scorso, lui ha
dato la colpa alla stagnazione e alla precarietà
economica della vita dei giovani italiani. E da buon
leghista ha mostrato che il tasso di fertilità è più
alto nel Trentino Alto Adige che gode di maggior
autonomia rispetto a molte regioni. Ma anche lì la
media di figli per ogni donna è di 1,62, ben al di
sotto del tasso di sostituzione di 2,3 bambini che
servirebbe per mantenere la popolazione. Non c’è

un Paese europeo — compresi i più ricchi come la
Germania o la Danimarca — che arrivi vicino a 2
bambini per ogni donna. La Francia, che ha una
politica intelligente di sostegno alle coppie, ha il
tasso di natalità più alto: 1,9 bambini per donna.
Comunque molto al di sotto del tasso di
sostituzione. L’Italia è scesa sotto il livello nel 1975
e da allora il tasso di natalità si è ridotto da 2,3
bambini per donna a 1,32 attuale.
Il basso livello di fertilità è una caratteristica di
tutte le società ricche e indietro non si torna. Per
fortuna, c’è già una soluzione al problema ed è
quello che l’Italia e il resto dell’Europa ha già
sperimentato: l’immigrazione. Senza i sei milioni di
immigrati, la popolazione dell’Italia sarebbe già
scesa da 60 a 54 milioni. Una delle ragioni per cui il
Pil americano cresce più rapidamente di quello
europeo è l’immigrazione. Secondo uno studio
recente dell’American Enterprise Institute (una
fondazione conservatrice tra l’altro) il tasso di
crescita diminuirebbe del 15 percento senza
immigrati. Le ragioni sono molto semplici: 75
percento degli immigrati sono di età lavorativa e il

40 percento dei brevetti e circa un terzo dei premi
Nobel americani sono di cittadini nati altrove.
I partiti dell’attuale maggioranza — M5 S e la Lega –
dicono che non sono contro l’immigrazione in sé,
ma solo contro l’immigrazione clandestina. Il loro
comportamento, però, li contraddice. Si sono
opposti, per esempio, alla legge dello Ius soli, che
permetterebbe ai figli di immigrati, che o sono nati
in Italia o hanno fatto le scuole in Italia, di
diventare cittadini. È esattamente l’immigrazione
che serve all’Italia: persone che sono già integrate,
che conoscono la lingua, che hanno assorbito la
cultura attraverso la scuola e che sono pronte a
contribuire alla vita italiana. Invece, niente.
L’Italia ha sofferto per la mancanza di una vera
politica di immigrazione. La Destra si è opposta,
facendo leggi come la Bossi-Fini che doveva
disciplinare l’immigrazione clandestina e
accelerare le espulsioni con pochi risultati. La
Sinistra ha preferito un atteggiamento passivo,
non opporsi all’immigrazione, ma senza un
programma per integrare il flusso migratorio.
Questa non-politica, insieme al collasso del
governo libico e all’abbandono della Ue, ha fatto sì
che gli sbarchi clandestini siano passati da circa
42,000 nel 2013 a 182,000 nel 2016, spianando la
strada a Matteo Salvini e Lega per una campagna
elettorale basata su un attacco feroce
all’immigrazione.
L’Italia avrebbe potuto servirsi di molti dei giovani
che rischiano la vita cercando di arrivare in
Europa. Quando la politica della Destra si rivelerà
una vana illusione, saprà la Sinistra trarne
vantaggio, offrendo l’alternativa di
un’immigrazione positiva e realista?

g
©RIPRODUZIONE RISERVATA

g
©RIPRODUZIONE RISERVATA

di Ilvo Diamanti

Mappe


Solo Salvini è il nemico di Salvini


f


Rischia di apparire non più


un uomo forte ma un uomo


e un politico come gli altri


e quindi di perdersi


di Alexander Stille

Le idee


f


Migranti, la verità che serve al Pd


I numeri parlano chiaro: senza


l’arrivo di nuove persone di età


lavorativa, l’economia


italiana andrebbe in crisi


. Lunedì, 22 luglio 2019 Commenti pagina^25

Free download pdf