Il Sole 24 Ore
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dicina. Chi avesse ragione in questo
caso ancora non lo sappiamo, perché
in centi anni l’impatto della genomi-
ca sulla medicina è stato a dir poco
deludente. La medicina è ancora
quella pre-genoma, se si fanno salvi
qualche nuovo biomarcatore e qual-
che nuovo farmaco a preciso bersa-
glio molecolare, soprattutto in onco-
logia. Ci chiediamo il perché. E ci vie-
ne in mente che tutte le nostre misu-
re cosiddette “omiche” (ovvero
onnicomprensive, che vedono tutta
una classe di molecole) scaturite dal
progetto genoma sono misure me-
die, essendo ciascun dato che otte-
niamo derivato dalla miscela di mi-
lioni cellule di un tessuto, quelle cel-
lule che rompiamo per estrarre le
macromolecole biologiche. Pensate
alla sovrapposizione di ritratti foto-
grafici di milioni di individui, in un
Pagina a cura di
Alessandro Quattrone
C
hi di noi è più previ-
dente, o più ipocon-
driaco, lo fa ogni sei
mesi; gli altri, sarebbe
bene almeno una vol-
ta all’anno. Stiamo
parlando del classico, convenziona-
le, esame del sangue. Una collezio-
ne di test realizzati, in modo mini-
mamente invasivo, sul tessuto li-
quido che trasporta ossigeno, nutri-
mento e fattori di difesa a tutti i
nostri tessuti. Che possono dirci
molte cose: per esempio, se nel no-
stro organismo c’è infiammazione,
se siamo carenti di micronutrienti,
se eccede il grasso trasportato met-
tendo a rischio la pervietà delle no-
stre arterie. Ora, potrebbe davvero
essere al di là della porta, per poco
ancora confinata nella testa e nei la-
boratori dei grandi innovatori della
biomedicina, una rivoluzione co-
pernicana che parte dall’esame del
sangue. Quella che alcuni hanno
iniziato a chiamare con un’espres-
sione accattivante, presaga di un
mondo nuovo, disease interception.
Ovvero, la capacità di prevedere le
malattie, e la capacità di curarle,
prima che manifestino. Il Sacro
Graal della medicina: medicina pre-
dittiva, preventiva e curativa men-
tre il “paziente” è ancora in salute.
Come siamo giunti a questo sce-
nario? Per capirlo dobbiamo fare un
doppio passo indietro. Il primo di
anni, quando Camillo Golgi e
Francisco Ramon y Cajal dibatteva-
no aspramente a proposito del cer-
vello sulla “teoria cellulare”, ovvero
sul fatto, non ovvio allora e proposto
trent’anni prima, che tutti i tessuti di
un organismo complesso fossero
fatti da singole unità, le cellule ap-
punto. Aveva ragione Cajal, che dice-
va di sì. Il secondo passo indietro,
più breve, è quando agli inizi di que-
sto secolo Craig Venter competeva
con Francis Collins per sequenziare
il genoma umano, e discuteva con
altri sul fatto che il genoma letto
avrebbe cambiato per sempre la me-
Il Graal della prevenzione. La possibilità di prevedere le malattie prima che insorgano
e di curarle prima che diventino tali: è la chiave della scienza medica del futuro
L’analisi per singola cellula
rivoluzionerà la medicina
pazzesco guazzabuglio che statisti-
camente vogliamo sia il ritratto della
specie umana, e delle malattie che la
affliggono. Eppure abbiamo preteso
di arrivare alla clinica, con questo: a
dare benefici ai pazienti.
A partire dall’inizio dello scorso
decennio - ma in modo tumultuoso
negli ultimi tre anni - laboratori di
tutto il mondo hanno affinato meto-
di che permettono di acquisire dati
“omici”, dati ad alta risoluzione, di-
rettamente in singole cellule, prima
separate dai tessuti che compongo-
no, e poi anche lasciate in essi, letti in
fettine di tessuto. Comunque diretta-
mente interrogate con sonde per lo
stato di tutti, proprio tutti, i geni
umani: circa .. E ne è emerso,
e ne sta emergendo, un quadro stra-
ordinario. Cellule contigue, appa-
rentemente uguali, che esprimono i
geni in modo radicalmente diverso.
Percorsi inattesi, illogici, della for-
mazione di un individuo a partire
dalla prima cellula, l’uovo fecondato.
E poi, errori frequenti nella copiatura
del genoma in questo percorso: alla
base del cancro, ma forse anche di
altre patologie. Un quadro che ci fa
capire quanto folli fossimo, quanto
sprovveduti, quando facevamo di
tutte le cellule una, quando giudica-
vamo questa un’approssimazione
non inevitabile ma giusta. Non oc-
correranno molti anni per avere il
chiaro quadro a singola cellula del-
l’evoluzione delle più diffuse, e più
impattanti, patologie umane: cardio-
vascolari, metaboliche, psichiatri-
che, tumorali. Nel frattempo si sta af-
finando, giorno dopo giorno, la no-
stra capacità di estrarre dal torrente
sanguigno, soprattutto da quelle na-
vicelle, parti di se stesse, che le cellule
inviano nel flusso ematico, le vesci-
cole extracellulari, informazioni sul-
le cellule donatrici. Al contempo,
nuovi metodi statistici e l’intelligen-
za artificiale stanno insegnandoci
come gestire e come dar senso a que-
sta massa di informazioni. Non pas-
serà la fine di questa decade, proba-
bilmente, perché the power of one si
manifesterà nella sua pienezza in
biomedicina. E potremo allora rile-
vare, con sufficiente esattezza, quelle
tracce che ogni processo patologico
comincia a lasciare nel sangue al suo
esordio. Da lì, comincerà la caccia. A
quelle cellule, nei trentamila miliardi
che ci compongono, che stanno alte-
randosi ed emettono, nel processo,
segnali. Trovarle sarà il primo passo
per convincerle a cambiare idea.
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Agenzia del farmaco
Nuova organizzazione
per l'Ema che introduce
4 task force, dalla
trasformazione digitale
all’analisi dei dati
ORIZZONTI SCIENTIFICI
La single-cell biology non è soltanto una nuova pro-
spettiva di investigazione sul vivente che legioni di
ricercatori stanno elevando al rango di transizione di
paradigma scientifico in biomedicina. È anche l’ogget-
to di due grandi progetti-piattaforma, due sforzi siste-
matici di ricerca su larga scala: il primo nordamerica-
no e il secondo europeo. Lo Human Cell Atlas, varato
nel e coordinato da Aviv Regev and Sarah Teich-
mann, ha lo scopo di costruire mappe di riferimento
di tutte le cellule umane, come base sia per compren-
dere meglio lo stato di salute nell’uomo che favorire
innovazioni nella diagnosi, monitoraggio e tratta-
mento dello stato di malattia. È un sforzo “muscolare”,
molto ben organizzato, per la gran parte retto da ricer-
catori nordamericani con qualche aggiunta dalla Gran
Bretagna e dall’Europa che condivideran-
no i dati prodotti entro uno standard uni-
co. La sua infrastruttura di partenza si ar-
ticola attualmente in sottoprogetti tutti
finanziati dalla Chan-Zuckerberg Initiati-
ve (per milioni di dollari), relativi a di-
versi tessuti del corpo o ad aspetti meto-
dologici. La Gb ci investe con progetti
(per milioni di sterline). L’Europa coo-
pera solo con la condivisione del formato
dei dati di progetti finanziati in modo
indipendente da Horizon .
La LifeTime Initiative è invece un programma tutto
europeo per dare forza alla rivoluzione single-cell. Ide-
ato e coordinato da Nikolaus Rajewsky e Geneviève
Almouzni, è fondato soprattutto sulla presa d’atto che
per realizzare il passaggio a questa nuova dimensione
investigativa bisogna potenziare le interfacce discipli-
nari: quella fra lettura “omica” delle singole cellule e il
trattamento informatico dell’immagine, quella dei due
domini precedenti con gli algoritmi di intelligenza arti-
ficiale, quella fra manipolazione del genoma con edi-
ting e gli organoidi (riproduzioni in piastre di coltura
dei tessuti umani), quella infine, più sociale, del trian-
golo fra la nascente scienza delle singole cellule, l’indu-
stria del farmaco e il biotech convenzionale. È attual-
mente nella sua fase preparatoria, e dovrebbe essere
finanziato in Horizon Europe, il prossimo programma
quadro della Commissione europea, sperabilmente
con un miliardo di euro a partire dall’anno prossimo.
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RICERCA SU LARGA SCALA
I progetti Ue e Usa
per l’atlante cellulare
Cosa permettono di fare di nuovo le tecnologie della
single-cell biology? L’obiettivo è semplicemente
quello di realizzare una profilazione del contenuto in
macromolecole (Dna, Rna, proteine) e in molecole più
piccole (lipidi, carboidrati, metaboliti) a livello di sin-
gole specie e, ovviamente, di singole cellule. Ovvero,
il massimo della risoluzione ottenibile nei sistemi
viventi. Ci sono ovviamente due modi per farlo: il
primo è separare le cellule una per una e sottoporle
sempre una per una ad analisi, il secondo quello di
sondare le cellule quando ancora sono “incollate” le
une alle altre nei tessuti.
Fin dagli inizi dello scorso decennio si è tentato di
muoversi sulla prima linea, utilizzando prevalente-
mente la dissociazione dei tessuti su base enzimatica,
la separazione con microfluidica e l’inserimento in
gocce di olio, che mantengono isolate le
singole cellule mentre sono soggette alle
manipolazioni per analizzarne le macro-
molecole. Sono queste tecnologie svilup-
pate soprattutto negli Stati Uniti, che han-
no visto una esplosione dal . Su queste
cellule separate si studiano adesso molto
il Dna e l’Rna, che forniscono informazioni
diverse sullo stato funzionale della cellula,
ma stanno arrivando anche le proteine. Nel
a Stoccolma un gruppo di ricercatori
ha inventato un metodo che permette in-
vece di leggere l’Rna mantenendo le cellule allocate nei
loro tessuti di origine (la cosiddetta spatial transcripto-
mics), il che conferisce un vantaggio straordinario in
termini di semplicità di manipolazione e di assenza di
perturbazioni al sistema che potrebbero poi falsare
l’analisi. Questi metodi non distruttivi sono probabil-
mente il futuro della nuova disciplina.
In Italia aderiscono alla LifeTime Initiative, il
network europeo della single-cell biology, le università
di Bologna, Napoli, Trento, Roma La Sapienza, Milano,
Milano-Bicocca, Modena e Reggio Emilia, Padova, To-
rino, Trieste, e in più l'Itb del Cnr, l’Istituto Firc e l’Ieo.
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TECNOLOGIE DI FRONTIERA
Il network italiano
che va oltre la genomica
G
uardando alle attese dei
primi anni Duemila, agli
investimenti di venture
capital fatti allora e agli
esiti che ne sono seguiti sul mercato,
una cosa è certa: per gli investitori,
la genomica non è stata mai un affa-
re. Delle decine di startup nate in
quegli anni - a partire dall’ascesa e
rapida caduta della Celera Genomi-
cs di Craig Venter, che completò il
sequenziamento del genoma uma-
no prima del consorzio internazio-
nale - quasi niente oggi rimane. Il
punto storicamente critico del falli-
mento è stata la mancata transizio-
ne fra le applicazioni di ricerca e la
clinica, la quale ultima ha, ovvia-
mente, un mercato in ordine di
grandezza superiore. È ragionevole
pensare che l’incapacità di estrarre
marcatori e importanti nuovi bersa-
gli di terapia nella medicina postge-
nomica sia dipesa in buona misura
dal non disporre di dati onnicom-
prensivi, “omici”, a livello di singole
cellule. Il “rumore” intrinseco sui
profili convenzionali è quindi, quasi
di certo, il problema principale, e
questo vale ancor di più quando si
ha anche fare con malattie per loro
natura molto eterogenee nello spa-
zio e nel tempo, come i tumori.
È sensato pensare di conseguen-
za che la single-cell biology risolverà
l’ostacolo fondamentale per l’appli-
cazione della genomica a una dia-
gnosi e a una terapia personalizzate,
che ci orienti finalmente, inoltre,
verso la disease interception. Una sti-
ma quantifica il mercato attuale, di
sola ricerca, in , miliardi di dolla-
ri e prevede un Cagr a doppia cifra,
che arrivi a , miliardi, entro il
, con la metà dell’importo in
Nordamerica e un quarto in Europa.
Le aziende sono per ora quelle pro-
duttrici di strumenti di separazione
cellulare e di kit di analisi a valle, pri-
ma fra tutte la X Genomics, e poi
CellBio, Fluidigm, MissionBio, Cel-
see, con alcuni big player come Qia-
gen, GE Lifesciences, Illumina,
Takara Bio che hanno fatto signifi-
cativi investimenti nel settore. Il
progetto europeo LifeTime (box a
lato) ha aggregato aziende biote-
ch nella sua articolazione. Ma se
davvero la single-cell biology doves-
se cominciare a generare, combina-
ta alle tecnologie complementari di
biopsia liquida - si pensi all’investi-
mento di , miliardi di dollari su
Grail, la startup di Bill Gates e Jeff
Bezos - delle impronte digitali at-
tendibili per la diagnosi e la progres-
sione di malattia di singoli pazienti,
il mercato diventerebbe esplosivo in
pochi anni e rischierebbe di fagoci-
tare buona parte dell’attuale domi-
nio della diagnostica molecolare e
dei companion diagnostics (test dia-
gnostici associati al farmaco per ca-
pire chi risponde alla terapia). Con-
tinuando con la previsione, un in-
cremento della precisione dei mar-
catori e della diagnosi precoce nel
prossimo decennio grazie ai big data
su cellule singole e agli algoritmi di
intelligenza artificiale per estrarvi
senso, finirebbe con l’erodere anche
il mercato dei farmaci. Con somma
gioia dei pazienti, almeno di coloro
i quali avessero capito il valore fon-
dante della sorveglianza tramite
biopsia liquida. Venti anni dopo la
decodificazione del genoma umano,
siamo ai prodromi della vera rivolu-
zione della biomedicina molecolare.
Quella che ci permetterà di prevede-
re il futuro dei processi in atto nel
nostro organismo, facendo lenta-
mente del medico più una sentinella
intelligente di un soldato in prima
linea contro le malattie.
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Predizione efficiente, gli investimenti sulla diagnosi di massa
Gates e Bezos apripista con 1,5 miliardi
LifeTime. Rete aperta
di centri di ricerca.
Dovrebbe essere
finanziata in Horizon
Europe
Human Cell Atlas.
Comunità di scienziati
che ha l'obiettivo di
creare la mappa di
tutte le cellule
ADOBE STOCK
+Per ulteriori informazioni
http://www.ilsole24ore.com/salute
Organigramma Ema.
Il cambiamento è per stare
al passo con l'evoluzione
della ricerca farmaceutica
e del quadro regolatorio