12 Venerdì 13 Marzo 2020 Il Sole 24 Ore
Politica
Graffio di Mattarella: solidarietà
dall’Europa, non ostacoli
QUIRINALE
La reazione alla scivolata
della Lagarde: mosse
che ostacolano l’Italia
«Un Paese in condizione
difficile, richiede iniziative
di comune interesse»
Lina Palmerini
Una giornata da dimenticare, con
il tonfo in Borsa e con l’impennata
dello spread. Per Sergio Mattarella,
soprattutto, una giornata da non
replicare. Per questa ragione a fine
serata, dopo aver riflettuto decide
di dettare un comunicato che, sia
pure in un linguaggio mai aggres-
sivo, è una critica molto dura alle
dichiarazioni della presidente Bce
Lagarde che ha spinto l’incendio
verso il nostro Paese. Prova quindi
a mettere una barriera, un freno, a
rafforzare le fondamenta del Paese
dopo la giornata di ieri e guardan-
do ai prossimi, cruciali, negoziati
che si aprono a Bruxelles nelle
prossime ore.
Comincia il suo messaggio con
una premessa, quella delle condi-
zioni in cui ci troviamo per chiarire
meglio il contesto da cui nasce la
sua reazione di ieri sera: «L’Italia
sta attraversando una condizione
difficile e la sua esperienza di con-
trasto alla diffusione del coronavi-
rus sarà probabilmente utile per
tutti i Paesi europei». E qui attacca
chi ha violato la prima regola, il pi-
lastro su cui si poggia il sistema Ue
di cui la Bce è parte: la solidarietà.
«Si attende, a buon diritto, quanto
meno nel comune interesse, inizia-
tive di solidarietà e non mosse che
possono ostacolarne l’azione».
Parole che pesano, dette da un
europeista convinto e da un presi-
dente piuttosto schivo e refrattario
alle esternazioni. Probabilmente
avrà valutato che si era passato il
segno. Che quelle espressioni della
presidente della Bce non potessero
passare sotto silenzio, senza una
reazione al massimo livello dello
Stato. Insomma, ha voluto non solo
censurare quella frase detta dalla
Lagarde ma ha voluto fosse chiara
la portata di quell’errore. «Non ci
attiveremo per ridurre gli spread
sui titoli di Stato, non è la nostra
funzione», questo aveva detto il nu-
mero uno dell’Eurotower. E da lì è
partito l’incendio che ha bruciato
risparmi e soprattutto ha bruciato
fiducia. Fiducia verso l’Italia ma an-
che verso l’Unione nel suo comples-
so e sulla sua capacità di affrontare
la crisi del coronavirus in modo
unitario, guardando a tutti i Paesi
dell’Ue. Senza strabismi.
Ma, come si diceva, il messaggio
ieri è arrivato non solo alla fine di
una giornata nera ma alla vigilia di
incontri decisivi a Bruxelles per sce-
gliere la comune strategia di inter-
vento con politiche fiscali del tutto
diverse dal passato. Già ieri c’è stato
l’annuncio della fine del patto di
stabilità, ma non basta per quel
cambio di paradigma che sembra
invece necessario. Ecco, con quel
comunicato il capo dello Stato sem-
bra spingere verso scelte più corag-
giose, nel comune interesse. Di cer-
to, le sue parole rafforzano la posi-
zione di Conte ai tavoli di trattativa.
E trasmettono l’intenzione dell’Ita-
lia a reagire con determinazione
contro gesti e scelte non adeguate o
addirittura dannosi verso un Paese
che, oggi, è i prima linea sul fronte
della crisi sanitaria e che è diventata
finanziaria. Una situazione in cui,
domani, potranno trovarsi altri Sta-
ti. Ieri per esempio il presidente
francese Macron ha deciso di chiu-
dere scuole e università, ha parlato
dell’emergenza sanitaria più grave
in anni e che la salute andrà
protetta “costi quel che costi”.
Un’espressione che ricorda quella
di Mario Draghi sulla difesa dell’eu-
ro e che diventerà la posizione fran-
cese sul tavolo degli incontri euro-
pei di questo fine settimana. Il mes-
saggio di ieri Mattarella ha lo stesso
senso: rafforzare la posizione del-
l’Italia a ogni costo.
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LE REAZIONI ALLA BCE
Conte-Merkel: pandemia
priorità Ue. Tutti contro Lagarde
Barbara Fiammeri
Manuela Perrone
ROMA
È il giorno più nero, il giorno dei re-
cord negativi. Le vittime da coronavi-
rus superano il migliaio. E la Borsa
italiana registra un -%: mai succes-
so finora. Contemporaneamente lo
spread torna a sfiorare i punti ba-
se, complici le parole con cui la presi-
dente Bce Christine Lagarde ha esclu-
so un «whatever it takes due» e l’in-
tervento dell’Istituto di Francoforte
«per ridurre gli spread». Una doccia
gelata sul Governo italiano, già alle
prese con le proteste scatenate dal
nuovo Dpcm e dagli scioperi nelle
fabbriche del Nord.
Lo spettro del collasso economico
agita Palazzo Chigi. Giuseppe Conte
ieri ha avuto una lunga conversazione
telefonica con Angela Merkel. Il pre-
mier italiano e la cancelliera tedesca
hanno convenuto sulla necessità di
porre la pandemia «al primo posto
dell’agenda europea, tanto sul piano
sanitario che su quello degli effetti
economici». Conte si aspetta già nel
fine settimana un messaggio chiaro e
rassicurante dalla Commissione von
der Leyen sull’adozione di «tutte le
misure necessarie» per far fronte al-
l’emergenza.
Il premier ha evitato di commenta-
re direttamente le parole di Lagarde,
lasciando al capo dello Stato innanzi-
tutto il compito di rappresentare
l’amarezza dell’Italia. È stato invece il
ministro dell’Economia a telefonare
alla presidente Bce: un animato
scambio nel quale Roberto Gualtieri
ha sottolineato le preoccupazioni del-
l’Italia in una fase così drammatica
della sua storia. Lagarde ha così cor-
retto il tiro, assicurando la piena di-
sponibilità da parte di Francoforte:
«Ci saremo per l’Italia, non c’è alcun
dubbio». Un chiarimento che ha per-
messo a Gualtieri in serata di gettare
acqua sul fuoco: «Sono certo che la
Bce utilizzerà tutti gli strumenti a di-
sposizione per evitare che lo shock
derivante dal Covid- possa provo-
care una frammentazione del sistema
finanziario dell’area euro».
Una posizione condivisa dall’inte-
ro Pd che con il responsabile econo-
mico Emanuele Felice aveva definito
quella di Lagarde «una voce stonata».
Più agguerrito Matteo Renzi.«Oggi la
Bce ha sbagliato profondamente, de-
vono capirlo velocemente», ha twitta-
to il leader Iv. Dal MS i toni più ag-
guerriti. «È tempo di un nuovo ap-
proccio», ha esortato il sottosegreta-
rio alla presidenza del Consiglio
Riccardo Fraccaro. E il viceministro
allo Sviluppo economico Stefano Buf-
fagni ha aggiunto: «Basta Europa dei
nani, degli egoismi e dei danni econo-
mici sulla pelle dei cittadini». Mentre
Alessandro Di Battista ha invocato le
dimissioni di Lagarde.
Una richiesta in linea con quella
delle opposizioni. Matteo Salvini e
Giorgia Meloni hanno attaccato a te-
sta bassa. Entrambi hanno chiesto
espressamente le dimissioni di La-
garde, definendola inadeguata. La
leader di Fdi è tornata inoltre a solleci-
tare la chiusura della Borsa o quanto
meno delle vendite allo scoperto per
evitare di mettere in pericolo le azien-
de italiane. Dello stesso avviso Sestino
Giacomoni di Forza Italia, convinto
che senza bloccare almeno le vendite
allo scoperto «corriamo il rischio di
scalate predatorie».
E sulla sospensione di Piazza Affari
è intervenuto anche, dalla maggioran-
za, il capo politico reggente del MS
assieme ai parlamentari. «Se alcuni
giorni fa aveva un senso tenere aperta
la Borsa - ha sostenuto Vito Crimi - alla
luce del precipitare della situazione -
credo sia giunto il momento di so-
spenderla. Mi auguro venga fatta una
attenta riflessione e la scelta giusta».
Mai come in questo momento
maggioranza e opposizione si muo-
vono a sciami, ora convergendo ora
allontanandosi. Salvini ieri è tornato
a invocare il lockdown totale, imprese
non strategiche comprese. «Aperti gli
esercizi essenziali, ma gli altri hanno
il diritto di stare a casa, lo stesso vale
per le fabbriche: non possono esistere
lavoratori di serie B», ha detto il leader
della Lega. «Resta quasi tutto aperto»,
gli ha fatto eco Meloni da Fdi: «Chie-
diamo al Governo più serietà e meno
smania mediatica».
Tocca stamane a Conte e ai mini-
stri Gualtieri, Catalfo e Patuanelli, nel-
l’incontro convocato in videoconfe-
renza a Palazzo Chigi con le associa-
zioni industriali e i sindacati, disinne-
scare la mina della rivolta degli operai.
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Emergenza coronavirus. Il premier Giuseppe Conte con il capo dello Stato Sergio Mattarella
AFP
Francesco Clementi
P
er prevenire il coronavirus
nel nostro Paese, il Governo
ha progressivamente
approvato una serie di
provvedimenti di emergenza,
attraverso l'utilizzo di quattro fonti
di diverso rango: tre decreti-legge;
tre decreti del Presidente del
Consiglio dei Ministri (d.p.c.m.);
una delibera del Consiglio dei
Ministri ed un’ordinanza del
Ministro della salute.
In sé, provvedimenti
emergenziali non sono una novità.
Tanto perché, storicamente, lo
«stato di eccezione» è uno dei
concetti più studiati, previsto pure
in alcuni testi costituzionali (come
l’art. della Costituzione francese
della V Repubblica o, prima ancora,
l’art. della Costituzione di
Weimar); quanto perché, proprio
negli ultimi anni, il nostro sistema
delle fonti ha visto – sotto la spinta
di calamità naturali ma anche di
“grandi eventi” - una straordinaria
espansione di quelle fonti di
secondo grado che, come le
ordinanze amministrative fondate
sulla contingibilità e l’urgenza,
sono divenute ormai fonti
normative sempre più rilevanti e
frequenti dello “stato di
emergenza” (basti vedere le prassi
evidenziate da un recente studio di
Edoardo Raffiotta).
Così, dentro un tempo che ha
visto, di fronte al fenomeno del
terrorismo internazionale, molti
Paesi adottare in emergenza atti
fortemente restrittivi pure delle
libertà fondamentali, a tutela della
sicurezza, sempre più anche in
Italia hanno preso campo
provvedimenti amministrativi che,
sotto la pressione della necessità e
dell’urgenza, pur nel rispetto del
principio di legalità, si sostanziano
di contenuti ampi e flessibili
rispetto a quanto stabilito dalla
stessa legge che dà loro
fondamento; arrivando così a
delineare - in ragione appunto di
un potere extra ordinem del
Governo - una normalizzazione
amministrativa dell’emergenza.
Ciò è tollerabile, laddove non sia
possibile adottare, per ragioni
diverse e contingenti, quello
strumento normativo ad hoc che la
Costituzione prevede, all’art. ,
proprio «in casi straordinari di
necessità e di urgenza», ossia il
decreto-legge.
Diviene, invece, problematico,
laddove l’uso di una fonte normativa
di rango secondario limiti le libertà
costituzionali come la libertà di
circolazione – questo è il punto - su
l'intero territorio nazionale. Isole
comprese, come si dice.
Una scelta del genere, infatti,
nonostante l'uso distorto che negli
anni si è fatto del decreto-legge da
parte di tutti i Governi, rappresenta
un serio problema, in quanto
degrada e svilisce le libertà
costituzionali ad un livello che non
meritano; non da ultimo perché,
dentro quella superiorità che il
criterio di gerarchia delle fonti
riconosce al decreto legge, vi è la
garanzia suprema di un atto che,
proprio per la sua delicatezza,
passa nelle mani (e negli occhi)
tanto del Capo dello Stato quanto,
poi, del Parlamento, chiamato alla
sua conversione. È lecito chiedersi:
può il Parlamento, in sede di
conversione dei decreti-legge
all’esame delle Camere, affrontare
questa grave criticità dell'uso del
d.p.c.m.?
E se le Camere fossero
impossibilitate a svolgere appieno,
nei prossimi giorni, la loro
funzione? Intanto, in linea con altri
ordinamenti, si potrebbe votare
ricorrendo a procedure
parlamentari “di emergenza”,
come il già proposto voto a
distanza. E poi, persino in quel
caso, si potrebbe procedere con la
reiterazione dei decreti legge
sanando in quel momento i
problemi posti dai d.p.c.m.
D’altronde, sebbene sia la stessa
emergenza in sé, come
sottolineava Santi Romano, la
fonte del diritto in grado di
derogare alle regole ordinarie,
questo valeva per lo Statuto
albertino. Per la Costituzione
repubblicana esistono – non a caso
- fonti normative ad hoc. Che,
allora, in casi di emergenza che
coinvolgono l’intero territorio
nazionale, sarebbe opportuno
adottare.
á@ClementiF
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L’ANALISI
Quando l’emergenza restringe le libertà
meglio un decreto legge che un Dpcm
Gualtieri chiama la n. Bce
che si corregge. Il ministro:
«Utilizzerà tutti gli strumenti»
Il Quirinale rafforza
la posizione italiana
dopo una giornata
nera e alla vigilia
del negoziato con la Ue
CEETRUS e PoliHub per
il Retail Real Estate
del futuro
Diamo
spazio
alle idee
Innovare il Retail Real Estate è
possibile. Idee e contaminazioni
possono entrare nei luoghi del
commercio. Per questo CEETRUS
investe sui talenti italiani e lancia
due progetti pieni di futuro:
Call 4 Start Up, dedicato allo
sviluppo di progetti innovativi
per i centri commerciali, e,
prima dell’estate, Call 4 Fashion
Designer, rivolto a stilisti e
designer emergenti.
ceetrus.it/news
ceetrus4innovation.it