La Stampa - 25.03.2020

(sharon) #1

LA STAMPA


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LA TIRATURA DI MARTEDÌ 24 MARZO 2020


È STATA DI 152.430 COPIE


LI


LETTERE


& IDEE


A


spettando ansiosamente segna-
li di rallentamento e numeri
che confermino l’arrivo del pic-
co della gigantesca onda di ma-
rea del Covid-19, l’attenzione
di tutti è concentrata sugli sce-
nari prossimi venturi e sui percorsi del ritor-
no alla normalità, in termini di tempi e di nuo-
ve misure, seppure morbide, in risposta a pos-
sibili fiammate. Ma per arrivarci dovremo
aspettare la fine dell’epidemia-tsunami che
ha sconvolto le nostre vite. Quando arriverà
il giorno della liberazione dal nemico corona-
virus? Diciamocelo: nessuno, al momento, è
in grado di azzardare una data, date anche le
tante variabili in campo.
Quel che è certo è che non sarà il giorno in
cui giungerà, finalmente, dalla Protezione civi-
le, la lieta novella di zero casi registrati, che do-
vrebbe ripetersi per quattordici giorni conse-
cutivi per dichiarare la fine dell’emergenza. A
quel punto – se stiamo allo schema cinese - il
lockdown potrà essere gradualmente ammor-
bidito, mantenendo però in piedi le misure di
contenimento per prevenire una possibile re-
plica. Guardando all'esperienza dei primi Pae-
si investiti dalla tempesta del Covid-19, Cina e
Corea del Sud, la diffusione del contagio in Ita-
lia potrebbe cessare alla fine di aprile o nei pri-
mi giorni di maggio, cosa che consentirebbe di
portare ad un allentamento graduale della
quarantena nella seconda metà del mese. Tut-
tavia, stando agli esperti dei Paesi più colpiti,
moderni e ascoltati aruspici al tempo del coro-
navirus, non sarà ancora il tempo del ritorno
alla normalità. Nella divergenza di opinioni
tra epidemiologi e studiosi di vari Paesi, c’è un
punto su cui tutti sono d’accordo, compresi gli
autori del discusso studio dell’Imperial Colle-
ge di Londra: l’eliminazione o allentamento
delle misure restrittive si tradurrà in un inevi-
tabile, circoscritto ritorno del coronavirus, a
cui seguirà l’innalzamento di nuovi argini per
abbattere la curva dei contagi. E’ facile preve-

dere che il distanziamento sociale, teso a ridur-
re al minimo la trasmissione della malattia, re-
sterà in piedi per diversi mesi, finché non sarà
disponibile un vaccino, che dovrebbe entrare
in scena entro 12- 18 mesi. Concorda sulla
tempistica, nel suo articolo “Perché agire
ora”, il vicepresidente della piattaforma di in-
segnamento online “Course Hero” Tomas
Pueyo: una volta azzerata la diffusione dei
contagi dovremo mantenere attive alcune mi-
sure di controllo nel periodo di quella che
chiama “danza”, in contrasto col “martello”
delle misure rigide, lacrime e sangue, capaci
di tramortire il virus per affrontarlo nel modo
migliore. Una volta azzerata la diffusione dei
contagi, dovremo mantenere in vita alcune
misure di controllo, ma la nostra vita potrà
tornare quasi alla sospirata normalità, a pat-
to che non si trascurino tamponi, tracciamen-
to, divieti di viaggi e assembramenti, isola-
mento e quarantena dei casi individuati. Sen-
za escludere nuove ma più leggere misure di
distanziamento sociale. Quanto durerà “la
danza” qui in Italia? Al momento dobbiamo
affidarci a stime. Le esperienze della Cina e
della Corea del Sud ci daranno qualche indi-
cazione. Le pandemie hanno un inizio e una
fine. Guardando al passato possiamo riferirci
alla Spagnola che attraversò l’intero pianeta,
provocando quello che è ricordato come il
più grande olocausto medico della storia, in
20-23 mesi, e in tre ondate, la prima della
quali nella primavera del 1918. Dopo un’ulti-
ma, piccola fiammata epidemica, nell’inver-
no del 1919, sparì, e la domanda sul perché
ha perseguitato i matematici. La Sars, provo-
cata da un coronavirus, stretto parente del
Sars-CoV-2, è scomparsa completamente, do-
po aver ucciso 774 persone, a seguito di rigi-
de misure di contenimento. Anche Covid-19
uscirà di scena. E forse possiamo coltivare la
speranza di tornare a una vita normale alla fi-
ne di questa primavera perduta. —
© RIPRODUZIONE RISERVATA

I RISCHI DELLA “CODA” DEL CORONAVIRUS


EUGENIA TOGNOTTI


COMUNICATO DEL CDR


Il Comitato di redazione de La Stam-
pa condanna fermamente l'aggressio-
ne avvenuta ieri a Torino a un fotogra-
fo dell'agenzia Reporters, da decenni
collaboratore del nostro giornale. Il
collega, dopo essersi accreditato a un
gruppo di mercatali che stava prote-
stando per la sospensione dell'attivi-
tà, è stato aggredito e insultato. Gli è
stata anche rubata la scheda di memo-
ria della telecamera. Un fatto gravissi-
mo, che si affianca ad altri avvenuti
negli scorsi giorni nel nostro Paese,
un grave atto di intolleranza nei con-
fronti di chi sta assicurando l'informa-
zione in questo momento di autenti-
ca emergenza. Redazione e Cdr espri-
mono solidarietà al collega e auspica-
no che i responsabili siano presto chia-
mati a rispondere per questa vile e im-
motivata aggressione.
IL COMITATO DI REDAZIONE


TM


REDAZIONE


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“C


onto di riaprire l’America per
Pasqua, pronti, via!”, dichiara
a sorpresa il presidente ameri-
cano Donald Trump, che solo
pochi giorni fa, pressato dagli
esperti, parlava di nove mesi di
misure restrittive. Ieri invece, davanti ai microfoni
della rete conservatrice Fox, dimentica i consigli del
saggio dottor Fauci, direttore dell’Istituto Nazionale
Malattie Infettive, e rispolvera ottimismo e diffiden-
za per gli scienziati, suoi antichi brand.
È stato un martedì impossibile, 1,4 miliardi di per-
sone in quarantena in India, la più imponente della
storia umana, i poliziotti a fustigare i renitenti, le
Olimpiadi di Tokyo rinviate come quelle del 1940,
l’Organizzazione Mondiale della Sanità teme che
New York diventi epicentro dell’epidemia Co-
vid-19, 25.665 casi e 157 morti, il governatore Cuo-
mo implora 26.000 respiratori per attrezzare
40.000 letti negli ospedali da campo, mentre da Wa-
shington ne arrivano solo 400.
Come il premier inglese Johnson, prima della bru-
sca retromarcia con Londra in quarantena, il presi-
dente Trump rilutta a misure centralizzate, statali-
ste, in cui la sua leadership istintiva deve cedere alla
prudenza degli studiosi. “L’America non è stata fon-
data per rinchiudersi”, afferma, senza invocare il De-
fense Production Act, legge dimenticata della Guer-
ra di Corea (1950-1953), che permette al governo fe-
derale di indirizzare la produzione industriale su ba-
si strategiche. Gigantesche fabbriche potrebbero es-
sere riconvertite e produrre respiratori, mascheri-
ne, beni indispensabili a laboratori di ricerca e ospe-
dali, ma il genero di Trump, Jared Kushner, si oppo-
ne, persuaso sia un caso di “Socialismo”. Ieri il testo
è stato applicato, ma solo per fabbricare 60.000, in-
trovabili, test per il virus.
Durante la Seconda guerra mondiale, i cantieri na-
vali Usa facevano a gara per costruire in fretta le navi
Liberty, dai bulloni al varo nel minor tempo possibile,
il record andò alla Peary, cargo da 134 metri e 14474
tonnellate montato in 4 giorni, 15 ore e 29 minuti. Se
la stessa formidabile sinergia Governo-Indu-
stria-Scienza venisse messa in campo al tempo del di-
gitale, gli Usa dispiegherebbero un arsenale senza pa-
ri. Trump sogna un settore privato che, farmaceutica
in testa, pieghi il male a breve. Ma per funzionare,
questo modello richiede un’unità nazionale, che la na-
zione non conosce dagli attentati del 2001. Oggi la
maggioranza dei conservatori ritiene che il rischio vi-
rus sia “esagerato”, i progressisti lo considerano “sot-
tovalutato”. Il Congresso si appresta ad approvare il
pacchetto monstre da 3000 miliardi per salvare i mer-
cati, Wall Street riprende fiato, ma i democratici esi-
gono che i 500 miliardi di pronto intervento per le
aziende in crisi non vadano in mano al ministro del Te-
soro repubblicano Mnuchin, ma all’autorità indipen-
dente di un Commissario speciale.
Insomma, quel “Deep State”, lo Stato Profondo di
istituzioni e burocrazie che Trump osteggia, si rivela
formidabile nella pandemia e il presidente non lo
sopporta, irridendo prima la presidente della Came-
ra Pelosi, poi il senatore repubblicano Romney, in
quarantena, cui non perdona il Sì all’impeachment.
Metà dei cittadini condivide dunque l’ottimismo di
Trump, contro le fosche cronache di Europa, India,
Cina, ma è giusto la sua base, l’altra metà chiede ai
governatori, Newsom in California, Cuomo a New
York, protezione e sicurezza. Il saggio dottor Fauci
tratta il presidente come un paziente irritabile, non
lo contraddice mai in diretta, ma, di fatto, esclude il
Liberi Tutti immediato. Tra la ferrea clausura italia-
na e il duttile controllo con le app digitali coreano,
Trump smania per un’alternativa, civili in casa, ope-
rai al lavoro, sa che arrivare al voto di novembre per
la Casa Bianca con Borse in ribasso e disoccupazione
alle stelle lo priverebbe dei suoi trofei. Ce la farà? Il
suo approccio resta unilaterale e divisivo, ma stavol-
ta ci si augurerebbe che, di pancia, battesse a sorpre-
sa la scienza severa e a Pasqua, davvero, suonassero
impreviste campane di libertà. —
Instagram @gianniriotta
© RIPRODUZIONE RISERVATA

TRUMP VUOLE


RIAPRIRE A PASQUA


GIANNI RIOTTA


È


diventato molto difficile scrivere di
Mina. Questo compleanno così ro-
tondo e fatidico degli 80 che cade og-
gi, è stato già consumato da fiumi di
parole, orde di filmati, immagini stra-
note. Ogni cosa sembra già detta. Il
prematuro ritiro nel 1978 - una clausura an-
ti-mediatica - l’ha resa per sempre giovane. Ci
siamo persi la sua evoluzione umana ed è rima-
sta quella artistica. Nessuno di coloro che scrivo-
no o parlano oggi in tv e radio e web di musica
popolare l’ha mai vista né conosciuta. Dopo 42
anni, Mina viene obbligatoriamente tramanda-
ta come un’idea platonica che si materializza so-
lo con l’immenso repertorio di 120 album: l’Ita-
lia più agée lo conosce a memoria, le uscite di-
scografiche costituiscono il suo filo rosso teso al
mondo, e proiettano lo spettacolo di una voce
senza macchia e senza paura. Nessuno ne ha
mai parlato male, nessuno lo farà. Non sappia-
mo se abbia difetti come tutti, nessuno ce lo di-
rà. Immobile nei suoi ottant’anni, nell’iperura-
nio destinato ai santini del nostro immaginario.
Adesso un librone pesantissimo, interessante
e lussuoso (in vendita per Rizzoli non appena si
potrà tornare in libreria), intitolato semplice-
mente «Mina», rinnova la storia della figura pub-
blica di un lontano passato, attraverso la curate-
la ammirevole di Mauro Balletti, artista visuale
che di lei si occupa dal 1973. Foto note, curiosità
e fotomontaggi fantasiosi evocano una gran-
deur che non appartiene ai nostri tempi. In una

impostazione assoluta, scrive Balletti: «Mina Pi-
casso Maria Callas e Fellini hanno lo stesso sguar-
do. C’è un filo che li unisce, il filo della grande ar-
te». Altrettanto significativi sono gli scritti. L’in-
troduzione estatica di Rosario Fiorello, in cui
confessa di provare «un sussulto, un brivido, un
godimento vero, ogni volta che ricevo una sua te-
lefonata o un messaggio che come un bambino
gioioso ascolto e riascolto»; un racconto-analisi
del grande Ivano Fossati, ultimo compagno arti-
stico nel recente pregevole album intitolato con i
loro due nomi, che si rifà al concetto di mito: «Si
genera da gesta epiche, quando queste siano se-
guite dall’assenza prolungata di chi le ha compiu-
te». Già. Ma le gesta, qui continuano, malgrado
l’assenza. Un bel calembour.
Seguono colloqui d’annata con la Divina im-
materiale. Un Bocca ‘60 sul «Giorno», che pre-
mette: «Non sono intenditore ma questa voce mi
piace. Calda, violenta, vera»; Luchino Visconti la
incontra nel ‘62, il feeling tra due bei caratterini
lombardi nasce con fatica in interminabili diatri-
be in cui la Diva ventiduenne tiene tenacemente
la propria posizione. La più peperoncina è come
sempre una Fallaci ‘63 sull’Europeo: «Noi ci sia-
mo già incontrate signorina Mazzini... a Sanre-
mo quando lei cantava una canzonetta dal titolo
Io amo tu ami e sembrava perfino ignorare il si-
gnificato di quel verbo che a ogni strillo le riempi-
va la bocca». Sarà stato lì che Mina ha cominciato
a pensare di ritirarsi? —
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UN LIBRO CELEBRA IL TALENTO DI MINA


MARINELLA VENEGONI


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MERCOLEDÌ 25 MARZO 2020 LA STAMPA 21

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